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TOTAL METAL FESTIVAL 2012

Nuova edizione per uno dei festival metal più importanti del Sud Italia. Dopo lo stop dell'anno scorso, il Total Metal Festival è tornato con una serie di novità per, probabilmente, l'edizione più ambiziosa della sua storia. Cominciamo dalla location: un villaggio medievale nei suggestivi boschi di Toritto (Ba), con tanto di figuranti storici e attività come tiro con l'arco, scherma medievale, soft air etc ma sono i nomi degli headliner a sancire la fine dello status di festival locale: Sadist, Dark Funeral e Testament. E da qui muoviamo subito una critica: dove i big sono di tutto rispetto, non è possibile dire la stessa cosa di molte delle numerose band che si sono esibite nel corso della giornata. Lontani da ogni intento polemico, ci sentiamo di consigliare all'organizzazione di valutare la possibilità, in futuro, di inserire qualche nome più 'robusto' nel mezzo della scaletta. Un sole pomeridiano insolitamente mite saluta la prima performance del Festival, ossia il thrash groovy dei With All The Rage. I ragazzi suonano bene e picchiano forte, chiamando in causa i vari Pantera ed Extrema, e tutta la notevole energia profusa purtroppo si disperde nel vuoto dell'area pubblico. Peccato, ma questo è ciò che tocca di solito a chi apre grossi eventi. Seguono i Your Tomorrow Alone che propongono un sound molto cupo e freddo, con evidenti richiami ai Novembre ed ai Paradise Lost del periodo gothic. Riff melodici, ispirati, brani lunghi e articolati con melodie introspettive e oscurissime alternate a blast beat violenti. Non male. Apprezziamo lo sforzo dei pugliesi Sleeping Shock che propongono un prog metal ispirato ai vari Dream Theater, Symphony X e via dicendo. Buona tecnica, ottime capacità, songwriting plastico e macchinoso, derivativo e poco ispirato. C'è solo da aspettare la naturale maturazione stilistica di una band ancora giovane, sotto tutti gli aspetti. Nome noto per chi segue l'underground italiana, i napoletani Symbolic regalano una buona performance col loro death potente e tecnico, figlio della scuola americana. Ottima performance ed eccellente presenza scenica di fronte a un pubblico che continua, lentamente, a crescere di numero. Promossi. Breve escursione nello swedeath con i pugliesi Subliminal Fear, altra vecchia conoscenza, che con un nuovo vocalist si lancia all'assalto del pubblico del TMF. Riferimenti sempre i soliti, At The Gates e In Flames su tutti, tosto e incisivo il nuovo vocalist, anche se meno dotato del precedente, buona performance per tutta la band. Ne aspettiamo il ritorno. Bel momento quello in compagnia del thrash Bay Area dei Reapter, potente e tradizionale quanto basta, ma ovviamente già sentito e risentito. Certo, un buon passatempo, ma senza troppe pretese. Per lo meno una delle band migliori dal punto di vista della presenza scenica. Arriva il momento dei giovanissimi Fake Mors, una band dotata di un'ottima tecnica che si perde, purtroppo, in un songwriting non ispiratissimo e freddino, diciamo una sorta di thrash/death con melodie ottantiane ma i break degli anni Duemila, con una struttura piuttosto squadrata e noiosetta. Purtroppo ci si mettono di mezzo anche problemi audio e mi spiace tantissimo dire che quella dei Fake Mors, anche per ragioni non imputabili alla band, è una delle performance che ho preferito meno. Tocca alle celebrità locali, i baresi Golem, tornati alle scene con un nuovo album che in parte accantona le sonorità più toste dei primi lavori aprendosi a sonorità più moderne e cadenzate, tutto sintetizzato nell'album One Bullet Left, da cui sono stati estrapolati la maggior parte dei brani in scaletta. Ottima performance, con buona parte del pubblico che segue e canta i pezzi a squarciagola. Ritmiche pesanti e coinvolgenti, attitudine rock ma durezza metal, ottimi assoli di chitarra, belle le parti cantate metà growl metà clean, insomma, la miglior performance fino a questo momento. Per il sottoscritto le aspettative riguardo la performance dei Kenos erano piuttosto alte, avendo avuto l'onore di recensire alcuni lavori della band lombarda su queste pagine. Difatti i ragazzi hanno letteralmente preso d'assalto il palco del TMF sfoderando un massiccio thrash-death moderno, cadenzato da un pesantissimo groove, arricchito da riff melodici efficaci e virtuosismi pregevolissimi. Wow. E se ne è accorto anche il pubblico. In un crescendo di violenza, adesso è la volta dei Subliminal Crusher, altra vecchia conoscenza personale. I thrash-deathster umbri le hanno suonate di sana ragione al pubblico del TMF, che per loro ha anche fatto un wall of death. Attitudine e adrenalina a mille per i ragazzi, che hanno regalato una delle performance più toste e violente della giornata. Altro nome ben noto ai cultori dell'estremo italico è quello dei Methedras, una delle band più rappresentative dell'underground di casa nostra. Fautori di un moderno e violento thrash-death, i ragazzi si sono dimostrati all'altezza della propria fama sfoderando uno show potente e massiccio, che ha fatto scricchiolare le ossa di tutti gli impavidi che si sono gettati nel pogo mostruoso sotto il palco. Calano le tenebre sul bosco di Toritto quando sul palco salgono i milanesi Scream Baby Scream, col loro make-up mostruoso e i microfoni a forma di teschi o flebo. I ragazzi, infatti, sono dediti a un sound horrorifico, figlio dei vari Misfits, Wednesday 13 con echi Mansoniani nelle parti di tastiera e nelle ritmiche. La band tiene bene il palco anche se dal pubblico si leva qualche coro di scherno, che i ragazzi ignorano con molta professionalità. Onestamente niente di trascendentale nè originale, ma possiamo dire che si è trattato di una performance onesta e di polso, chiusa da una versione 'horror metal' di Bad Romance di Lady Gaga, scelta coraggiosa ma, bisogna dirlo, non azzecatissima. Peccato, anche se sentiamo di dire che forse non era la band adatta ad aprire agli headliner. Cambio di palco. Tutti, dal pubblico sempre più numeroso ai roadie si preparano ai Sadist. Trevor campeggia sul palco in forma smagliante, con Tommy Telamanca nel duplice ruolo di chitarrista e tastierista che non sbaglia un colpo. La setlist? Classiconi, ovviamente: "Season In Silence", "Tribe", la mitica "Tearing Away" e via dicendo. I Sadist picchiano giù duro, Trevor assomiglia più a un condottiero tribale e Tommy, beh, fa semplicemente spavento. Conclusione devastante affidata all'immancabile "Sometimes They Come Back". Una vera macchina da guerra, fiore all'occhiello dell'arsenale italico. Mentre fervono i preparativi per allestire il palco per i Dark Funeral accade l'imprevisto: a causa di un generatore in panne salta tutto l'impianto elettrico e cala il buio su tutto il festival, tra la delusione e il malumore generale. Inutile dire che lo staff si prodiga fin dai primi istanti per riparare il guasto, ma si levano molte parole – che presto diventano cori – di protesta, soprattutto da gente che ha macinato centinaia di chilometri per essere lì. Il batterista dei Dark Funeral, senza alcun microfono, si mette dietro le pelli e spara qualche blast beat nella speranza di placare almeno in parte gli animi. La tensione sale man mano che i minuti scorrono e si cominciano a sentire dei fischi di disapprovazione finché, dopo un'ora buona di black out, le luci del palco e degli stand si accendono tra il sollievo generale. In breve i demoni svedesi sono sul palco e l'assalto comincia, dopo aver avvertito che ci saranno due brani in meno del previsto. The show must go on, sia pure con scalette tagliate. La band picchia forte e il nuovo vocalist Nachtagarm, pur non possedendo il carisma teatrale di Emperor Magus Caligula, regge bene il palco e ha un'attitudine sincera sia nella presenza che nell'interpretazione. La setlist, come dicevamo, è stata un po' tagliata e gli svedesi suonano i classici immancabili come "The Arrival Of Satan’s Empire", "Vobiscum Satanas" e la tremenda "My Funeral" che ha chiuso una performance breve quanto positiva. Il pubblico si è decisamente rianimato e le aspettative per i Testament sono altissime. Non appena i californiani sono sul palco il pubblico del TMF esplode in un'ovazione, salutando "Rise Up", singolo tratto dall'ultimo brano. I Testament picchiano feroci e precisissimi, con un Gene Hoglan che assomiglia più a un metronomo che a un essere umano, il solito funambolico Alex Scolnick e il massiccio Chuck Billy alla voce con la sua asticella da microfono fluorescente. Ovviamente non manca lo spazio per i cavalli di battaglia: "The New Order", "Into The Pit", "The Preacher", "Practice What You Preach", ma anche episodi più recenti come "More Than Meets The Eye" e, per la prima volta live, il nuovo singolo "Native Blood", brano che non avrebbe sfigurato nel 'Black album' dei Metallica. Devastazione finale affidata all'immancabile "Over The Wall", che ha ovviamente scatenato un pogo delirante, che è proseguito nell'encore affidato a "D.N.R." e "3 Days In Darkness". Davvero devastanti e sublimi, una band che chiunque dovrebbe aver visto dal vivo almeno una volta nella vita. In conclusione, possiamo dire che gli sforzi profusi dall'organizzazione sono stati notevoli, il risultato è stato positivo, pur se non scevro di numerose pecche, soprattutto logistiche, sulle quali preferiamo sorvolare in questa sede. Avere una buona proposta (diciamo anche molto buona, ma non ancora ottima) non chiude la questione, bisogna badare anche ad altri aspetti, soprattutto se si vuole competere con Festival pluriblasonati e, soprattutto, senza handicap geografici.

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