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SATURNUS

E con questa sera siamo arrivati a ben 6 volte nelle quali abbiamo avuto il piacere di vedere dal vivo gli ombrosi romani (molto probabilmente è l'avversione che ci spinge a tanto), stavolta chiamati a coadiuvare un icona della seconda ondata del Death/Doom mondiale: i Saturnus. A parte qualche inusuale inconveniente tecnico (la voce spariva) la prima cosa che risalta alle orecchie (come abbiamo già avuto modo di ribadire nella precedente live report) è la minor dinamicità di Giuseppe Orlando (dietro le pelli) rispetto a Jonah Padella (non discutiamo assolutamente le doti tecniche del batterista dei Novembre, ma in questa veste è l'equivalente di un elefante in una 500 dato che non può dar sfogo alla sua nota velocità d'esecuzione) e qualche caduta di tono di Marco Benevento (voce) a discolpa del quale non vi era un perfetto settings del volume. "Fallen Reign" il brano più sinfonico e toccante tra quelli sinora presentati. Come in occasione del live 2012 anche stavolta non lesinano estratti dal disco d'esordio 'Days Of Nothing', dal quale tirano fuori "The Departure" un pò più povero a livello di tessiture rispetto ai brani precedenti. Sempre grandiosi gli hook delle chitarre ribassate e distorte nelle tonalità, ammantate da una tastiera in gran spolvero; sempre dal disco d'esordio "The Departure" con la citazione molto toccante: Living like parasites e i suoi sulfurei riff alla My Dying Bride. "Ground Zero" con le chitarre che viaggiano all'unisono e qualche incertezza del singer nel raggiungere i picchi vocali del disco; l'evocativa "Reverie is A Tyrant" e "Havoc" chiudono il set breve, intenso e carico di emozioni. THE FORESHADOWING: Aftermaths The Forsaken Son Fallen Reign Departure Eschaton Ground Zero Reverie is A Tyrant Havoc I Saturnus subentrano ai padroni di casa in maniera trionfale, con lunghi fraseggi di chitarre dilatate, psichedeliche e sofferte, accompagnate da tastiere oceaniche e squarciate dal growling secco di Thomas Jensen come se questi cantasse in una tuba distorta e la sua voce uscisse dal lato opposto. Deprimenti, malinconici, epici; dopo vari problemi tecnici con le spie sul palco e il conseguente rallentamento della scaletta approdano a "A Father's Providence" una sorta di Paradise Lost medio periodo (prima della svolta Depeche Mode) minato da ulteriori problemi al microfono. Uno degli apici del concerto è stato "Wind Torn" dove riff dei Pink Floyd vengono sviscerati in chiave Doom/Death come nei migliori Anathema; menzione d'onore spetta agli olandesi per aver stoppato il live non appena si sono accorti di un accenno di colluttazione tra due ragazzi vicini al palco, il singer ha chiarito che un concerto è motivo di aggregazione e divertimento e non di violenza. Hanno quindi ripetuto interamente il brano interrotto, dopo del quale il cantante ha biascicato qualche parola in spagnolo (spacciandola per italiano) sull'importanza del rilassarsi; avendo palesato qualche difficoltà di pronuncia ha scherzosamente mandato affanculo il tutto. Il set ha vissuto una parte centrale tra il soporifero e l'onirico dove i ritmi lenti favorivano una specie di trance indotta=dormiveglia. La dimensione live si è dimostrata più congeniale alla band, in quanto ha palesato una maggiore vena melodico-psichedelica che non sempre riesce a far affiorare nelle (talvolta) troppo reiterate/ripetitive tracce su disco. Grandioso il bis di "Pretend". Un concerto in slow motion intervallato da qualche timida accellerazione ma sospinto da tanta ispirata sofferenza. SATURNUS: Litany of Rain I Love Thee Softly on the Path You Fade A Father's Providence Wind Torn Empty Handed Inflame Thy Heart Forest of Insomnia Murky Waters I Long Christ Goodbye Encore: Pretend

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