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POISON THE WELL

Un’altra sera di grandi sonorità metalcore, grazie al sempre attento Mattia di Hellfire Booking. I Poison The Well sono infatti un gruppo storico, che meriterebbe più riconoscenza, e la dimostrazione la si è avuta stasera, con un pubblico piuttosto esiguo, che però ha ricambiato con calore la passione della band americana. Ad aprire la serata ci pensano i vicentini DEVOTION, con un disco appena uscito e un look che sembra quello di Ritorno Al Futuro mischiato con la pacchianeria dei Blessed By A Broken Heart. Ma immagine a parte il quartetto si dimostra ottimo, con una proposta che mischia noisecore a nu metal, spesso con ritornelli puliti e con passaggi introspettivi alla Deftones. Da tenere d’occhio. Seguono a ruota i FIGHTCAST, altra band italiana e altra scommessa vinta. Se è infatti palese che i cinque ragazzi ascoltino i Soilwork tutti i giorni, la qualità della proposta e della performance è ineccepibile, grazie a suoni eccellenti e una prestazione davvero all’altezza, soprattutto del singer Filippo. Forse erano il gruppo più fuori target della serata (ma nemmeno troppo, insomma, i breakdown ce li hanno pure loro), ma hanno spaccato alla grande e dimostrato di essere una band di prim’ordine. Tocca poi ai GWEN STACY; siamo onesti, il quartetto propone un metalcore assolutamente da supermercato (il temutissimo mallcore), ma parlando da fan boy, non avrei potuto divertirmi di più. Come si fa a non provare simpatia per un gruppo che riesci a infilare cinque o sei breakdown diversi all’interno dello stesso pezzo? Il debutto The Life I Know è stato depredato dei suoi pezzi migliori, e se si esclude qualche stecca in pulito del corpulento bassista, la performance è stata pulita e sicura. Banalissimi, ma io li amo, e poi diciamolo, avevano il merch più cool di tutti quanti. Finalmente POISON THE WELL. La gente è purtroppo poca, sopratutto per un venerdì sera, ma la band americana non si risparmia e fornisce ai pochi presenti una sana dose di metalcore della prima ora, quello che loro stessi hanno contribuito a forgiare alla grandezza attuale, sempre con l’umiltà che contraddistingue i grandi. Tutti i pezzi più importanti sono stati riproposti con perizia maniacale, soprattutto da Tear From The Red e The Opposite Of December. Non è stato tralasciato neppure Versions, mentre è stata proposta una nuova canzone dall’imminente The Tropic Rot, proprio la title track. Difficile da giudicare dal vivo, ma come al solito, promette bene. La prossima volta (se ci sarà, ma io spero proprio di si) vedete di non perderli. Sarebbe un delitto.

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