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META CONTEMPORANEA

Esposizione itinerante d'arte capitolina dedicata alla pittura gotica, postmoderna, surrealista e alle creazioni futuristiche sulla scia delle realizzazioni partorite dalla geniale mente di H. R. Giger (autore di diverse copertine di artisti metal e affini, tra i quali Celtic Frost, Pankow e del film Alien). Al nostro arrivo è il turno dei Silent Noise, progetto di Libero Volpe; ci introducono in un ambiente dark rock fortemente venato di psichedelia (nelle parti di chitarra), con un basso pulsante in bella mostra che tanto ci ricorda i Joy Division, il tutto è ammantato da un gran lavoro di tastiere kraut rock specie nel gran pezzo di apertura. Dalla seconda traccia in poi si passa a partiture più classiche (del genere dark wave) con continui rimandi all’uso che ha fatto di Robert Smith e dei suoi arpeggi un'icona, sempre supportate da un basso vigoroso; sullo schermo retrostante venivano proiettate immagini oniriche che scandivano i passaggi musicali. Interessanti. Headliner della serata gli Spiritual Front, per l’occasione hanno presentato il loro suicidal pop in un set acustico dove al posto della chitarra elettrica figurava antonio ruggero al violino; dopo il brano d’apertura di sola chitarra acustica e voce, ad opera di Simone Salvatori (cantante), il resto della band subentra sul palco per dar vita allo show vero e proprio. Vengono presentati tutti i cavalli di battaglia iniziando da "Slave" dalla bellezza incommensurabile (per chi scrive colonna sonora del proprio matrimonio), e "Walking The Dead Line" alla quale la versione acustica e la presenza del violino donano un aurea più soft; la privazione della chitarra elettrica ha reso la rendition dei pezzi assimilabili a musica da camera. "Darkroom Friendship" con il suo incedere country western è più incalzante delle tracce precedenti; il cantante (Simone) la introduce auspicando ai presenti di non aver paura di parlare della propria sessualità specie se diversa dalla morale imperante; la forza del singer è catalizzante, il suo eloquio e le sue continue battute non ci mettono molto a catturare il proscenio. La chiusura della performance spetta al brano cui è stata dedicata la mostra: Jesus Died In Las Vegas con il suo ritornello che una volta ascoltato si piazza nella corteccia cerebrale e non c'é format C: in grado di eradircarlo: "Nothing Is More Contagious Than Sin", scandita da una batteria quasi sambata; alla fine del quale restiamo di stucco perché facendo presente che il lunedì è l’unico giorno in cui lavora (il singer), lascia il pubblico mendicante per un bis. Dopo un set breve, intenso ma più soffuso di quanto solitamente la band ci ha abituato, l’attesa è stata vana, niente bis. Un'altra conferma, ove ce ne fosse ancora il dubbio, per una band che pur cambiando pelle, il risultato è sempre rimarchevole.

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