O' CHILDREN
Che serata fantastica quella del concerto degli O' Children al Circolo Degli Artisti di Roma, come quelle serate in cui sei ancora adolescente e vai a vedere dal vivo una delle tue band preferite, delle quali conosci a memoria i ritornelli e le note della maggior parte delle canzoni che verranno suonate in quell’occasione. Ti ritrovi a cantare, ballare ed a farti trasportare dalle emozioni che quei suoni ti sanno trasmettere e la tua allegria diventa contagiosa per quelli che ti stanno attorno, i quali dapprima ti guardano come se fossi un alieno ma ben presto realizzano che il raptus di sana follia è pari a quello di colui che ha subito il morso della tarantola. La formazione di Londra propone un post punk di chiara derivazione Joy Division (et figliastri: Interpol), e qualche ballata alla Sisters Of Mercy, ma non ereditando nulla del look dei progenitori; il cantante Tobi O’ Kandi è un cristone di un metro e 90 centimetri di origine nigeriana, con una voce cupa e le sue movenze dinoccolate calamitano inevitabilmente l’attenzione dell’audience. "Melot" (She’s in my mind when I am not sleeping) e "Ezekiel’s Son" (Bring me a friend, Bring me a friend and I watch over you) con i rispettivi tormentoni ci presentano la band come meglio non si sarebbe potuto chiedere, e ci si ritrova a cantare le canzoni a squarciagola; i restanti membri della band sembrano essere venuti fuori da Woodstock per via di quelle camicie da figli dei fiori che persino a Porta Portese (famoso mercatino dell'usato di roma) si sarebbero rifiutati di vendere. Dopo i due brani d’apertura tratti dal disco omonimo, le seguenti "Pt Cruiser" (molto trascinante grazie al suo incedere alla Red Lorry Yellow Lorry, un gran lavoro di basso ipnotico e rullante suonato percuotendo l’estremità), e "Swim" (meno coinvolgente) sono tratte dal più recente 'Apnea' che è abbastanza diverso dal disco d’esordio in quanto ha ritmiche più easy listening. "Dead Disco Dancer" ci riporta in piena epopea delle ballate gothic rock che facevano (e lo fanno ancora) muovere le chiappe; "Heels" fa aleggiare il fantasma di Andrew Eldritch nel locale, con i vocals di O’ Kandi più cupi del solito; "Oceanside" esula dal resto del live per il suo incedere swingato/chill out tanto che sembra di ascoltare i Cousteau. "Fault Line" con il suo refrain: "Like a chameleon out of the dark night, on the bright light" ci fa sbattere da una parte all’altra per l’impossibilità a contenere il trasporto che profonde, prima del tanto acclamato bis che miglior tributo ai padri putativi (Joy Division) non poteva essere. Grandiosa band, pessimo look. Si ringraziano Massimiliano Abbatelli e Sara Bruscoli per le foto.
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