BLACK MOUNTAIN
Non c’è cosa più bella del brivido dell’imprevisto (Black Mountain), come è altrettanto brutto avere delle aspettative da un concerto che vengono disattese (Soviet Soviet). Ignari di tutto ciò andiamo a vedere per la quinta, forse sesta volta i Soviet Soviet che la loro puntatina in terra papale la fanno ormai con cadenza annuale; cosa aggiungere rispetto a quanto visto in passato? Ciò che li ha sempre caratterizzati sul palco è una carica esplosiva tipicamente giovanile non comune alle band post punk (piuttosto statiche); stavolta sono stati meno irruenti del solito, ed i brani della scaletta non ci hanno convinto in pieno perché hanno privilegiato una maggiore tendenza alle sonorità Placebo rispetto al post punk nervoso e trascinante che hanno sempre avuto nelle loro corde. Show interlocutorio che non ci ha soddisfatto come al solito.
Soviet Soviet
Qui viene il bello: il nome Black Mountain non lo avevamo mai sentito nominare, e per pura curiosità abbiamo ascoltato un paio di pezzi prima del concerto dai quali traspariva un anima psichedelica settantina molto accentuata; nulla di trascendentale, o che ci avesse colpito particolarmente. Dal vivo ci siamo ritrovati di fronte ad una band che ha trangugiato quaranta anni di musica, l’ha metabolizzata, assimilata, fatta propria e riproposta con una classe, padronanza ed eclettismo tali da permettergli di passare dal dark dei Siouxsie and The Banshees - "Florian Saucer Attack" e "Tyrants" (rimarchevole, calamitante, potente e scura l’ugola della cantante), ai vocalizzi da bambina di Bjork in "Line Them All Up"; dalla psichedelia doorsiana di "Stormy High", alle tastiere cosmiche dei Tangerine Dream di "Wucan"; dai riff dei Black Sabbath all’immancabile omaggio ai Pink Floyd, passando per le sonorità pesanti e dolorose dei The Wounded Kings ed un bel po' di stoner con "Wilderness Heart".
Una fantastica sorpresa che nell’ora e mezza di show non ha mai fatto abbassare la curva dell’attenzione, nonostante qualche sensazione di deja vu (abbiamo anche scoperto che erano già passati da Roma per ben altre due volte), e per quanto eravamo soddisfatti non c'è stato bisogno di chiedere nemmeno il bis; assolutamente da non perdere.
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