ALAN PARSON'S PROJECT
Ebbene si, ogni tanto bisogna concedere una tregua ai poveri e vecchi padiglioni auricolari e portare la consorte ad una di quelle serate core a core (stavolta senza l’hard). Nella splendida cornice del laghetto di Villa Ada (scongiurato il rischio sold out dato che nella capitale da giorni prima si sentiva parlare molto spesso di questo evento), tra stand di abbigliamento ed altri di cd et similia, ristorantini e pub con cover band ci appropinquiamo nello spazio concerti, per l'occasione riempito di sedie per permettere al pubblico il massimo godimento e relax. Non c’è bisogno di ulteriori parole per presentare l’ingegnere del suono dei Pink Floyd, un signorotto inglese nei suoi mid sixties, un po’ sovrappeso e con un taglio di capelli tipicamente vintage troneggia nel retropalco, posizionato su un piedistallo più in alto rispetto al resto degli strumentisti; si presenta in giacca e sciarpa sfidando l’afa imperante moltiplicata dal calore emanato dai riflettori e dagli amplificatori posizionati sul palco (forse un modo per dimagrire suonando). L’inizio è subito un colpo al cuore: la strumentale "I Robot" con quel motivetto ripetitivo ci fa pensare al videogioco Space Invaders; da qui in avanti si da il là ai brani stupendi come "Don’t Answer Me", "Time" e "The Turn Of a Friendly Card – Part One", in versione leggermente differente dagli originali, che hanno evidenziato un cantato con un tono più alto e meno caldo, e ciò ci ha fatto storcere un po' il naso. Tra brani di stampo rock progressivo e qualche altra hit minore - "Nothing Left To Lose" - arriva il turno di altri grandi classici: "Days Are Numbers", "Prime Time" e "Eye In The Sky", quest’ultimo anticipato da un brevissimo assaggio di "Mammagamma" (uno dei grandissimi assenti della serata), e anche qui la prova del singer non è stata pari alla magia che quei brani sprigionano nella versione in studio. Fortunatamente (non poteva essere altrimenti) la band ha fornito una prova ineccepibile, ma la voce è strumento troppo importante per relegarla ad un ruolo di secondo piano, specie se in passato ad utilizzarla è stato un certo Kip Winger. I bis non hanno aggiunto nulla a quanto proposto poco prima, ed a dirla tutta sono stati del tutto ininfluenti. La magia non se la sono portata dietro.
(The System of) Dr. Tarr and Professor Fether
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