SLAYER+CARCASS+BEHEMOTH
Lunedì 4 Luglio 2016, giorno da segnalare in rosso sul calendario. Non per le temperature elevate, ma per la portata dell'evento: Slayer, Carcass e Behemoth! Tre band che in momenti diversi ed in circostanze diverse hanno segnato la storia dell'estremo e continuano a farlo, se non tanto con i loro dischi più recenti - abbastanza criticati 'Repentless' e 'The Satanist', decisamente meglio 'Surgical Steel' - quanto con le loro performance live e la conferma è arrivata in questa torrida sera meneghina, quando i tre rappresentanti della musica estrema hanno fatto sentire la loro possente voce sul palco del Market Sound di Milano. La location è relativamente nuova, praticamente è stata recuperata - finalmente senza usare ulteriore cemento! - una parte dei vecchi mercati ortofrutticoli, oramai in disuso e ne è stata ricavata una grande area per concerti con molto spazio per stand di merchandising, bancarelle di vendita di cd e vinili, e naturalmente punti di ristoro con bar attrezzati non solo per l'onnipresente birra, ma anche per altre bibite non alcooliche, pizze e panini di tutti i tipi, tra l'altro facilmente raggiungibili, segno sia di una notevole organizzazione, sia di un'efficienza raramente riscontrabile in Italia, e parlo di qualsiasi evento, non solo di concerti. Comunque alle 19,30 ecco i Behemoth: Nergal, Orion, Seth e Inferno prendono posto con il frontman in testa ed eseguono il loro rituale; immobili, statuari e orgogliosi di ciò che sono, riversano sul pubblico - ancora non molto numeroso - "Blow Your Trumpets Gabriel", seguita da una spessissima colata di death-black maligno e blasfemo. Nell'ora di intensissimo show, Nergal ha il tempo di pregare inginocchiato a Baphomet, di sciogliersi dopo il torpore inziale, come tutto il resto della band - eccezion fatta per il tentacolare Inferno che non ha mai smesso di dimenarsi torturando magnificamente il suo bianco drum kit - di tirare un paio di bestemmioni e di arringare il pubblico con atteggiamenti teatrali; Orion è imponente col suo basso ESP dello stesso modello di Tom Araya e aiuta molto nelle vocals, cosa che fa in parte, anche Seth, oramai membro fisso della band, anche se mai accreditato come ufficiale. Riconosciamo "At The Left Hand Ov God", "Ov Fire And The Void", "Slaves Shall Serve", "O Father O Satan O Sun!" e "Chant For Ezkaton 2000", le ultime due chiudono il concerto con i membri ancora immobili come in apertura, ma con tanto di maschere nere con le corna, scenograficamente grandi, ma anche ottimi ed intensi musicisti.
Terminato lo show dei Behemoth, si scopre il tendone con la copertina di 'Surgical Steel' ed è così che con un cambio di palco veloce, entrano in perfetto orario (20,30) i Carcass, le due anime storiche Jeff Walker e Bill Steer, accompagnate dai più giovani Ben Ash alla chitarra e Daniel Wilding alla batteria - questo ragazzo aveva dieci mesi quando uscì 'Symphonies Of Sickness' - accolgono il pubblico con due differenti modi di proporsi, l'appesantito bassista e vocalist si sbatte ugualmente e ci saluti tutti con "Buongiorno Milano, noi siamo Carcassa!", mentre il magrissimo chitarrista, vestito come se fosse appena uscito da Woodstock, con tanto di pantaloni a zampa, saltella dappertutto e sembra più calato nei panni del frontman dei suoi Firebird, più che impegnato, con successo, a ricamare inni death-grind quali "Incarnated Solvent Abuse", "Corporal Jigsore Quandary" o la conclusiva, da urlo, "Heartwork". Dopo l'intro "1985", parte il primo dei quattro estratti dall'ultimo 'Surgical Steel', inframezzati, oltre che dai pezzi già citati, da "Buried Dreams" - è quasi venuto giù il palco! - e da "Keep On Rotting In The Free World", oltre che dai due minuti iniziali di "Edge Of Darkness" che confluiscono nella devastante "This Mortal Coil", dopo quasi un'ora di show, che definire chirurgico è, in tutti i sensi, appropriato, i quattro di Liverpool ci lasciano e noi siamo consapevoli di aver assistito per l'ennesima volta - le altre due, sempre con gli stessi amici di stasera, erano nel 1992 e nel 1994 - ad uno spettacolo unico di una band unica che, per fortuna e grazie soprattutto all'insistenza di Mike Amott - che è stato il loro chitarrista su 'Necroticism..' e 'Heartwork' - è ritornata a riprendersi ciò che la sfiga le aveva tolto a metà dei '90s.
2. Buried Dreams
3. Incarnated Solvent Abuse
4. Cadaver Pouch Conveyor System
5. The Granulating Dark Satanic Mills
6. Edge Of Darkness/This Mortal Coil
7. Corporal Jigsore Quandary
8. Keep On Rotting In The Free World
9. Heartwork
Con mezz'ora di anticipo (22 circa), ecco gli Slayer e la curiosità per vedere sia la reazione ai pezzi più recenti, sia all'operato di Gary Holt - accusato di stravolgere gli assoli del povero Jeff Hanneman - era tanta, così alla partenza con la devastante title track dell'ultimo album, rimango abbastanza spiazzato dall'ottimo macello creatosi sotto al palco - consuetudine negli anni d'oro - ma ecco che l'intensità cala con due brani del debole 'God Hates Us All', ritorna il furore agonistico con "Mandatory Suicide" - da brividi, sempre - con l'antichissima "Fight Till Death", e dopo il saluto e il discorsino di Tom Araya, impossibilitato oramai a scapocciare come ai bei tempi con la monumentale "War Ensemble". Apriamo una piccola parentesi su Gary Holt, ottimamente coinvolto nella band - si vede che è sempre stato un fan degli Slayer! - in quasi stabile headbanging, ha abusato del tremolo per personalizzare gli assoli che non erano di Kerry King, a sua volta inarrestabile con la barba intrecciata chilometrica, ma non ne ha sconvolto l'essenza come appunto già paventato, quindi, benvenuto! Che dire di Paul Bostaph? Il ragazzo ha esperienza da vendere e le sue capacità non si discutono, sostituire per la seconda - e credo definitiva - volta un mostro come Dave Lombardo, non lo spaventa, anche se alcuni passaggi sembrano un pò forzati, mentre per il drummer di origine cubana erano naturali, ma è una macchina da guerra e questo è il suo posto. Lo show continua tra la quasi indifferenza sui pezzi più recenti e l'orgasmo sulle storiche "Postmortem", "Dead Skin Mask", "The Antichrist", "Seasons In The Abyss", "South Of Heaven" ed il fenomenale terzetto conclusivo che recita: "Raining Blood", "Black Magic" e "Angel Of Death". Siamo esausti, ma pronti per i bis, insomma, mancano "Chemical Warfare", "Hell Awaits", "Necrophobic" ed invece le luci si accendono e dopo poco meno di un'ora e mezza a volumi ridicoli - anche per le altre band e per questo genere è un'errore madornale! - è finito tutto...Amaro in bocca che passa quasi subito, quando ci rendiamo conto di aver assistito a qualcosa di unico, forse il meglio dell'estremo spalmato su tre decadi, quindi, con la consapevolezza che non si ha quando si è più giovani e quindi insaziabili, ma anche poco ragionevoli, ce ne andiamo con un'appagante sorriso sulle labbra, commentando entusiasti come ai bei tempi!
02. Disciple
03. God Send Death
04. Mandatory Suicide
05. Fight Till Death
06. War Ensemble
07. When The Stillness Comes
08. You Against You
09. Postmortem
10. Hate Worldwide
11. Dead Skin Mask
12. The Antichrist
13. Pride In Prejudice
14. Take Control
15. Seasons In The Abyss
16. South Of Heaven
17. Raining Blood
18. Black Magic
19. Angel Of Death
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