JOHN GARCIA
A poco più di due anni dall’ultimo passaggio italiano torna John Garcia, ex frontman dei Kyuss e di varie altre band dopo il loro scioglimento (Slo Burn, Unida, Hermano, Vista Chino...). Questa volta dobbiamo il piacere alla recente uscita del primo album solista, un gioiellino che più che allo stoner fa pensare direttamente al puro rock & roll. Lo raggiungiamo quindi nell’imminenza del concerto per fare il punto della situazione, e parlare un po' del nuovo album, che ha attirato su di sé molta attenzione.
Eravamo due anni fa al concerto dei Kyuss lives, ma soprattutto al concerto (grandioso, ndr) dei Kyuss del 1995. Come ti senti dopo tanti anni, e tante collaborazioni, ad iniziare finalmente una carriera solista? Molto bene! Mi sento come liberato, è qualcosa che ho sempre voluto fare: come aver finalmente eliminato una voce da una lista. Sono molto soddisfatto di dove mi trovo in questo momento.
Come hai scelto il video di "My Mind"? Lo avevi già in mente così quando hai scritto la canzone, o è qualcosa che è venuta dopo? Quando ho scritto la canzone non avevo idea di come sarebbe stato il video. Diversi registi erano disponibili per realizzarlo, alla fine ho scelto Douglas Quill: la canzone parla di un conflitto interno tra pensieri buoni e cattivi, come avere un angelo e un diavolo su ciascuna spalla che ti parlano nell’orecchio (fa il gesto di toccarsi le spalle con le mani, ndr). Per rappresentarla Douglas ha scelto la figura dell’internato che sente le voci nella testa: io ho messo semplicemente la mia energia nelle parti che mi riguardavano, e lui ha fatto tutto il resto. La cosa ha funzionato alla grande, abbiamo editato il video in un’unica volta.
Hai scoperto la tua voce già quando eri piccolo? Quando hai capito che la tua vita ci si sarebbe costruita attorno? No, non quando ero piccolo: sapevo da sempre che mi sarebbe piaciuto cantare, ma concretamente mi ci sono trovato frequentando Josh (Homme, ndr) e Brant (Bjork, ndr) negli anni del liceo: volevo cantare, ma non ero affatto bravo, ci è voluta tanta pratica, un sacco di duro lavoro, e poi ancora pratica.
Ascoltando il nuovo disco si ha l’impressione di qualcosa di diverso dal passato, ma che conserva il tuo marchio di fabbrica, inconfondibile. Le canzoni appaiono meno veloci, tranne un paio di brani nella seconda parte del lavoro. Come è nato il sound, l’atmosfera che troviamo all’interno del disco? La musica è stata molto influenzata dall’energia che si è creata con i musicisti, e dai produttori sotto il profilo tecnico. Sapevo che volevo fare un disco rock, ma non ho tentato di cambiare il volto del rock: c’era soprattutto la volontà di essere scarni e diretti. Quindi non abbiamo voluto sovraincidere nulla, né gli strumenti né la mia voce. Una volta iniziato il processo siamo diventati gli schiavi del disco, ci ha posseduto, e la direzione da prendere è divenuta molto chiara. A livello cosciente abbiamo voluto specificamente impostare le canzoni in Do e in Re, dove la mia voce risalta al meglio. Quando registri un disco riuscendo a svegliarti a un’ora decente al mattino e iniziando a suonare intorno alle 9 riesci a stare fuori per le 6 o le 7, e puoi ancora rientrare a casa e fare un barbecue con la famiglia e i figli. Quindi è stato scritto nel deserto, ed influenzato da tutti gli artisti che vi hanno preso parte (cita tutti i musicisti che hanno partecipato al disco, ndr), e che hanno un merito eccezionale, ma era molto chiaro che l’obiettivo fosse di realizzare un disco rock, e credo di esserci riuscito. Questo soprattutto per me: avevo bisogno di farlo per me stesso. Potrà sembrare egoista, ma era tanto tempo che lo desideravo, e credo che in un modo o nell’altro sarebbe successo comunque, anche senza il gruppo di persone che avevo intorno.
Come hai scelto le persone che fanno parte della line-up attuale? Le ho scelte insieme al produttore del disco, Harper Hug. Ci siamo seduti a Palm Springs in un posto chiamato Melvins, tra un martini e una birra. Lui è anche un ottimo chitarrista, quindi gli ho chiesto se voleva andare un po' in tour a scrivere e suonare canzoni – queste canzoni. Ora siamo diventati davvero buoni amici: mi ha proposto Mike Pigmye (basso, ndr), e tutti e due hanno suggerito di prendere Greg Saenz (batteria; attualmente alla chitarra c’è Ehren Groban, già con i Kyuss lives, ndr)…tutta gente del deserto che già conoscevo, ed è diventato sempre più importante essere tra musicisti del deserto, rende le cose più facili. Ci si riunisce di martedì e si prova, di mercoledì e si prova di nuovo, ancora il giovedì e occasionalmente anche il sabato, poi vai a farti un bloody mary e parli delle canzoni…pian piano le abbiamo fatte nostre, se ne sono appropriati loro per primi. Hanno reinterpretato "Whitewater" in un modo che i Kyuss non avrebbero mai potuto realizzare…sono grandi musicisti.
Cosa puoi dirci di "His Bullets Energy" e "Her Bullets Energy”, da dove nasce l’idea di un testo quasi identico con due musiche molto differenti? Sono molto simili. Per molti anni l’ho suonata lenta, in seguito mi è venuta voglia di suonarla in modo più pesante e cattivo. Sono due modi di essere diversi della stessa canzone, anziché sacrificarne uno ho deciso di lasciare che prendessero vita entrambi allo stesso modo e nello stesso posto.
Se lo interpretiamo correttamente, il testo di "All These Walls" parla di una pistola vista dalla punta della canna…di cosa si parla esattamente? Questo testo è stato scritto da me insieme con Chris Hale, il chitarrista degli Slo Burn. La sua versione e la mia erano completamente differenti, sono state messe insieme. Quando scrivo un testo non pretendo che venga letto secondo il mio punto di vista, quello che ti trasmette è proprio quello che dovrebbe essere il significato. Non sono un poeta, e non provo ad esserlo, scrivo storie di fantasia..
...certo, non c’è bisogno di essere altisonanti, se si va dritti al punto e si trasmette l’emozione che c’è dietro è più che sufficiente… Esatto, contano molto le emozioni, le sensazioni, e la melodia. Soprattutto la melodia, è tutta una questione di melodia. Quando hai per le mani qualcosa che ha un potenziale lirico e lo metti insieme a dei suoni pesanti e cattivi a volte sta bene e a volte no, ma a me piace davvero molto quando si crea la giusta alchimia in questo modo.
Abbiamo un’ultima curiosità. Hai delle canzoni che ti piacciono, ma che non vuoi suonare per varie ragioni? Come siete arrivati a scegliere le canzoni della playlist attuale? Siamo partiti da una rosa di circa trenta canzoni, per scendere alle attuali quindici o sedici…è soprattutto una questione di come si trovano le canzoni tra loro, del momento in cui si suonano, del luogo. C’è anche una strategia per l’uso della voce. È tutto molto ragionato, per questo passiamo tanto tempo a provare, provare e riprovare. A volte proviamo anche per otto ore, usciamo che è notte.
L’opposto del cliché sulla vita delle rockstar. Non ho la minima idea di cosa si tratti! Se vuoi che lo spettacolo riesca bene devi essere concentrato sugli obiettivi giusti, e lavorare sodo per prepararti al meglio.
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