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SKYEYE: New Horizons

data

07/09/2024
91


Genere: Heavy Metal
Etichetta: Reaper Entertainment
Distro:
Anno: 2024

Tre anni fa usciva il secondo album degli Skyeye, poco più di due mesi prima di 'Senjutsu' degli Iron Maiden. Il motivo per cui scrivo ciò è la clamorosa superiorità di 'Soldiers Of Light' degli sloveni rispetto all'ultima fatica dei celeberrimi inglesi. Il paragone è inevitabile per una serie di ragioni: l'impressionante somiglianza della voce di Jan Leščanek a quella di un giovane Bruce Dickinson; il fatto che il singolo di detto album, "Constellation", facesse facilmente pensare a "Losfer Words" della Vergine di Ferro, quasi fosse stato finalmente scritto un testo per detto brano; l'esibizione dal vivo degli Skyeye che ebbi la fortuna di vedere a Tolmin nel 2021, in piena pandemia, era piena di pose, atteggiamenti e quant'altro che ricordavano molto da vicino gli inglesi. Per questo terzo full-lenght i giovani di Lubiana sembrano fare qualche passo ulteriore per distanziarsi da quelli che parrebbero essere il loro modello di riferimento (anche se, come scrissi già recensendo il loro precedente lavoro, considerarli come una band clone sarebbe stato decisamente ingeneroso: 'Soldiers Of Light' viveva di qualità proprie). "The Descenders" è l'esordio perfetto: energica, dinamica con il loro asso nella manica dietro il microfono che non tarda a farsi sentire. "Fight!" è quello che il punto esclamativo sembra suggerire: un inno, ottima per coinvolgere il pubblico in sede live. "Far Beyond" è il primo pezzo dove il dominio del vocalist, che è la proverbiale ciliegina sulla torta anche nei brani meno esaltanti, si fa evidente; Jan Leščanek ha sì una voce fantastica, ma la sua prestazione non è solo muscolare, laddove fa vedere fin dove riesce a spingersi, ma si concede anche qualche lirismo e qui non si possono non chiamare in causa anche le qualità compositive della band: i pezzi sono assolutamente in linea con la tradizione del genere ma mai banali o prevedibili oltre il lecito. Lo stesso discorso, che chiama in causa la versatilità del frontman, si può fare per "The Voice From The Silver Mountain", il cui riferimento a Ronnie James Dio è evidente anche nella emozionante prestazione vocale.   Non manca neanche la capacità di darsi a composizioni più articolate, come la cupa "Saraswati" che sfiora i nove minuti o la conclusiva "1917", un epos da dieci minuti che chiude l'album, così come accadeva sul precedente e come spesso hanno fatto gli Iron Maiden. A mio modo di vedere, da due album a questa parte gli Skyeye sono indiscutibilmente campioni nel loro genere.  

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