THE UGLY KINGS: Darkness Is My Home
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13/05/2018Riappaiono tra le pagine di Hardsounds i The Ugly Kings, stavolta col nuovo album dal 'Darkness is my Home'. La prima traccia la conosciamo già ed è “Promise Land”, che a gamba tesa ci presenta subito le movenze ed il sound polveroso, sludge e heavy rock blues che guida i loro cuori. Tutte queste particolarità di genere si intrecciano in un onesto equilibrio, dando vita a brani come “Killing Time”, che riesce ad entrarti dentro prepotentemente ed al quale riservo una menzione d’onore. L’ottica con cui viene composto questo disco è moderna e contemporanea, ma la band non ha la minima intenzione di voltare le spalle alle proprie origini. Questo è particolarmente vero per brani come “You & Me”, che rappresenta la prova fisica della loro mistura facendo ritorno a delle soluzioni più classiche, con un crunch di chitarra molto scuola CCR, per poi aprirsi in un ritornello che rimarca ulteriormente tutta la loro propensione alla contemporaneità. “Lazarus” ci fa assaggiare un Rusty più sentimentale, che lascia alle mani di Christos l’incombenza di rendere sensuale il brano, mentre lui ci fa esperienza di tutte le sue capacità interpretative, con grande sorpresa dell’ascoltatore. “Little Bird Told Me” riapproda in territori più familiari e si allinea alle precedenti tracce del disco come “Black Widow” e “Raging Bull”, lasciando ad Andy e Nick il compito di definire il mood della canzone. Chiudiamo infine con “Fire”, tripudio di sensualità, di sesso liquido, di cliché visivi poiché è facile immaginare di essere in un bar americano, legnoso e trasandato, al calar del sole, con una spogliarellista in sottofondo ed un jukebox rotto dall’altra parte, che fa solo arredamento. L’assolo un po’ di matrice ledzeppeliana crea sapientemente la giusta atmosfera e infiocchetta alla perfezione questo ending. Lo stile di tutto l’album è essenziale e va dritto al sodo senza troppi giri di parole, spesso le soluzioni più convincenti vengono dalle pelli, dietro alle quali Andy svolge un lavoro di rilievo e di grande tiro dei brani. La chitarra, che spesso predilige temi a sostegno della linea vocale, non si avvale di grandi virtuosismi e resta sempre in una dimensione riempitiva, creando atmosfere significative. La voce rispetto agli altri tre elementi resta un po’ più fuori; la scelta del missaggio è molto commerciale, ma anche funzionale per far sì che si possano cogliere intanto le armonizzazioni e poi la palette di effetti, perfetti per il timbro di Rusty. Senza dubbio abbiamo ascoltato un album con un grande senso, pieno di passione trascinante, che si consiglia di tenere a tutto volume.
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