THE BLACK CROWES: Happiness Bastards
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16/03/2024‘Happiness Bastards’ è un album istintivo, naturale, ispirato ai gusti musicali dei due fratelli Robinson, desiderosi di comporre composizioni dirompenti, frutto della loro fratellanza, al netto di altri innumerevoli componenti, al netto delle collisioni, delle dipendenze, prendendosi il carico dei propri caratteri, arresi dalla riflessione e dal ragionamento, propensi ad incontrare le proprie pulsazioni di vita. La chitarra di Rich non ha nulla da invidiare alla caterva di seconde chitarre che hanno accompagnato la formazione. Ma soprattutto la voce di Chris è notevole (e quanta personalità), in questo album (tra il vecchio ed il nuovo) ricco di intuizioni musicali; non è più stridula, dai toni più sommessi, più vicina a Billy Paliselli (Artful Dodger) che a Steve Marriott (Small Faces, Humble Pie). Schietti, scaltri, autoritari e divertenti sono tornati. “Bedside Manners” ha un ritmo incessante, semplice, che ti shakera per due minuti con cori femminili da tradizione soul. Tre quarti di traccia Stones godereccia, piano rock & roll saltellante, alla Ian Hunter (Mott The Hoople), rallentamenti, pausa e cambi da “High Hed Blues” (‘Amorica’, 1994, album per me malinconico), e poi via per la rincorsa finale: ritorno esaltante! All’ascolto della seconda traccia, mi domando: “ma sono i corvi neri, gli AC/DC o i Mother’s Finest?”. “Rats And Clowns” si fa strada con prepotenza, i cori sottolineano il tiro, la matrice blues esplode nel solo di chitarra, il cantato è un rappato masticato (che si insinuava già in ‘Amorica’ in “P.25 London”), evocativo della musica da strada; è asfalto che risuona: i The Black Crowes ci vogliono portare a fare un giro nel loro mondo, tappezzato di revival! In “Cross Your Fingers” sopraggiunge la loro caratteristica di riproporre il rock, filtrandolo con la sensibilità del momento; echi di “Time Will Tell” (‘The Southern Harmony And Musical Companion’, 1992, album strutturato e molto soul). Si sente che è passato un po’ di tempo (15 anni dall’ultimo album in studio, nel 2022 solo un EP); slide in sottofondo e arpeggio southern, voce roca che magnificamente si appende alle note, ma il basso ci vuole riportare sul black; picco del suono bombastico e un ritornello funky/rap, le slide non ci abbandonano. I loro incastri funzionano sempre; solo qualche fragilità di calibrazione del nuovo sound funky (ricordo il tentativo degli Stones di addentrarsi in questo contesto in “Fingerprint File”, 1974). In “Wanting And Waiting”, il momento più frivolo dell’album (e forse il più criticabile?); però risuonano gli echi di “Jeulous Again” e/o “Stare It Cold” (‘Shake Your Money Maker’, 1990, il loro fantastico esordio). Potresti ritrovarti a battere le mani (immedesimandoti in una corista) o a saltare in una duck walk (anche senza strumento). In “Wilted Rose”, dal suono corposo (Blue Ash), che risuona nella cassa dell’acustica (mi sembra di essere dentro una chitarra, per come si propaga il suono). Ballad jazz/country ammaliata dalla voce femminile: lei è la promettente cantante statunitense Lainey Wilson (ricordo un duetto simile Aerosmith/Carrie Underwood, nel 2012, “Can’t Stop Lovin’ You”, ma questo è su un altro livello). Molto toccante il fraseggio esplosivo dopo i primi tre minuti. E’ il funk rock il territorio che ci vogliono far esplorare i corvi del 2024. “Dirty Cold Sun” è istintiva. Sono ancora imprevedibili (sprizzano di vitamina da ‘The Creeps’). “Flesh Wound” ha lo spirito power-pop da Cheap Trick ed è spassosa, alla Kinks. E’ sfacciatamente demenziale, percussiva, una composizione da musical. Un bellissimo pianoforte sul finale ruba la scena agli attori. “Follow The Moon” è funky nel temperamento e nel cantato, ma dal groove Led Zeppelin, o groove da corvi (‘By Your Side’, 1998). Per finire, “Kindred Friend” è una dedica da corvi neri; il cantato alla Mama’s Pride e quelle armonie (da ‘Before The Frost … Until The Freeze’, 2009, album country-folk) sono un regalo grande per gli appassionati come me. Gran bel ritorno.
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