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SCORPION CHILD: Acid Roulette

data

23/06/2016
86


Genere: Hard Rock, Blues Rock, Stoner Rock
Etichetta: Nuclear Blast Records
Distro: Warner Music
Anno: 2016

Il debutto omonimo del 2013 degli Scorpion Child ha permesso alla band di farsi conoscere nell’universo considerevolmente vasto dello stoner rock e dell’hard’n’blues con una certa autorevolezza. Memori di quell’esordio, la band texana ha pensato bene di continuare a cavalcare quella strada. Il risultato di questo percorso e di questa evoluzione è il qui presente ‘Acid Roulette’ (prodotto da Nuclear Blast), e siamo di fronte ad un’autentica goduria per le nostre orecchie e per il nostro corpo, il quale ad ogni nota scaturita da Aryn Jonathan Black e compagni non fa altro che muoversi e dimenarsi al ritmo del sano rock’n’roll. Da “She Sings I Kill” a “Winter Side Of Deranged” non c’è un attimo di pausa. È tutto un continuum fatto di passione, sudore, musica travolgente, accompagnati tutti dalla superba voce di Black, che ricorda in molti tratti quella di Jay Buchanan dei Rival Sons, o di Cormac Neeson dei The Answer, i quali possono essere considerati il metro di paragone più prossimo agli Scorpion Child, che però se continuano davvero con questo modo di suonare avranno tutte le carte in regola per sovrastarli ed imporsi alla pubblica piazza in tutto il loro vigore. La prima parte dell’album letteralmente non lascia scampo e superstiti per strada, con l’unica differenza che i corpi che incontra rifioriscono a nuova vita, trascinati dal groove della band. E dopo la parentesi breve di “Séance” che sa molto di preghiera solenne, la musica, quella vera, che riprende subito dopo, non cambia di molto la sostanza, con una veracissima e coinvolgente “Twilight Coven” ad aprire una seconda parte imperniata ancora e sempre di più su un rock classico ed inebriante, che cadenza un attimo i toni ed i ritmi rispetto alla prima parte (da “Survives” a “Moon Tension”), ma non perde assolutamente di sostanza e continuando ad essere molto appetibile nel complesso.  Con “Tower Grove” si ritorna a premere sull’acceleratore, grazie alle schitarrate sanguigne di Christopher Jay Cowart e con la voce di Black sempre in prima linea. In “Might Be Your Man” c’è l’alternanza tra le differenti correnti di rock e blues, una più articolata e complessa dove Black si incastra nei meandri costituiti dalle melodie strumentali, ed una più passionale ed atmosferica dove è la chitarra di Cowart la padrona assoluta ed incontestabile, accompagnata da basi parecchio sensuali. La conclusiva “Addictions” risulta, carte alla mano, la traccia più lunga dell’album; in realtà la musica (ottima come sempre) è tale solo per metà, dopodiché ci si siede accovacciati sulla scogliera ad ascoltare inerme il mare che parla in maniera impetuosa, infrangendosi sulle alte rive, quando alla fine un urlo femminile assordante e pieno di terrore mette fine all’album, e lasciando l’ascoltatore con il dubbio che quell’urlo possa essere il preludio di un prossimo capitolo in cui la paura e la sofferenza di quella ragazza diventano le protagoniste. Il responso è sin troppo semplice. Gli Scorpion Child hanno sfoderato la perla, un album che si inserisce senz’altro tra i migliori non solo del panorama stoner-hard rock, ma della musica hard’n’heavy in generale che il 2016 abbia visto. E statene certi che se manterranno queste sensazioni anche dal vivo, ne vedremo davvero delle belle, con piena gioia e soddisfazione da parte loro e da parte nostra.

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