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OPETH

Partenza da Roma direzione Milano per l'unica data italiana degli Opeth. La serata si preannuncia ancor più interessante con la presenza degli Alcest come special guest, per cui giunti all'Alcatraz ci affrettiamo ad entrare visto che la musica è già iniziata. Sono le 20:25, gli Alcest sono gia sul palco e non facciamo in tempo a prendere posizione che Neige e compagni al termine del brano che stanno suonando, salutano tutti i già numerosi presenti e abbandonano il palco tra applausi convinti. Il pubblico deve aver apprezzato molto la performance dell'act francese, alla faccia nostra che abbiamo fatto appena in tempo a vedere il loro logo sul fondo del palco. Possibile che abbiano iniziato a suonare prima delle 20? Si. Pazienza, d'altronde abbiamo fatto tanta strada per Mikael Akerfeldt e la sua meravigliosa, unica creatura. Il nuovo 'Pale Communion' è certamente più convincente del precedente 'Heritage' ed è riuscito ad imprimere una maggiore riconoscibilità al loro nuovo percorso Prog Rock. A questo punto sono tanti gli interrogativi che ci assalgono: quale piega prenderà il concerto? Si concentreranno sugli ultimi due dischi o suoneranno a trecentosessanta gradi il loro repertorio? Ovviamente l'apertura è dedicata all'ultimo lavoro proprio con i primi due brani del disco; ma appena pensiamo se addirittura possano suonarlo per intero, arrivano "Bleak" e "The Moor" a smentirci. Svolta rock o meno, Mikael sa come rapportarsi dal vivo con i suoi fan e lo fa con divertente presunzione, consapevole delle recenti sue dichiarazione sull'allontanamento dai classici canoni metal delle passate produzioni. La realtà dei fatti è che gli Opeth hanno sempre avuto un proprio stile originale e fortemente personale, dove le componenti melodiche, progressive e acustiche convergevano con naturalezza all'interno dei classici standard swedish death, senza imposizioni di mercato o forzature stilistiche. Questa è la chiave del loro successo, unita alla classe infinita del proprio leader. Ma torniamo alla serata e ad un Akerfield che da questo momento in poi parlerà spesso col pubblico. Prima di arpeggiare l'inizio della meravigliosa "Advent" dal capolavoro 'Morningrise', ci ricorda che la prima volta che gli Opeth suonarono in Italia fù nel 96, a Roma insieme ai lanciatissimi Cradle Of Filth di 'Vempire'. Chi scrive era presente quella sera al Frontiera e ancora ricorda le facce spaesate dei presenti, quando la band salì sul palco senza cerone in faccia, borchie e cartucciere, bensì elegantissimi, con camicie bianche e gilèt di velluto nero. Per farla breve, erano già avanti e probabilmente lo saranno anche nell'immediato futuro, non appena il pubblico progressive, orfano dei colossi degli anni 70 si accorgerà di loro. "The Devils Orchard" è l'unico pezzo preso da 'Heritage' e viene suonato dopo "Windowpane" dove purtroppo la seconda chitarra di Fredrik Akesson si sente pochissimo, coperta dal basso di Martin Mendez e dalle tastiere sontuose di Joakim Svalberg, tastiere mai invadenti e ben ri-arrangiate nell'esecuzione dei vecchi brani. Nuova parentesi Akerfeldt-pubblico, col biondo svedese di nuovo in vena di allegria; ci rinnova la sua stima per Eros Ramazzotti, poi seriamente cita con rispetto i Museo Rosenbach, una delle numerose band che hanno fatto la storia del Prog italiano nel mondo, anche se poi ci scherza su paragonandoli ai Bathory. No words needed. Si riparte con "April Ethereal" e successivamente l'ennesimo siparietto. Stavolta da un problema tecnico alla batteria di Martin Axenrot, ne scaturisce un mini medley acustico, con Akerfeldt che invita il pubblico a cantare prima "Harvest" e poi "Face Of Melinda", nell'attesa che Axenrot torni operativo dietro le pelli. A questo punto non c'è più tempo per scherzare; con "The Lotus Eater", "The Grand Conjuration" e "Deliverance", tutte le potenti architetture sonore di questa enorme band prendono il sopravvento su tutto e tutti, conducendoci verso la fine di un concerto assolutamente bello quanto lungo, quasi due ore e mezza di potenza, classe, divertimento e musica grandiosa, tutte qualità che gli Opeth puntualmente ci regalano da ormai venti anni. Setlist: Eternal Rains Will Come Cusp Of Eternity Bleak The Moor Advent Elysian Woes Windowpane The Devil's Orchard April Ethereal The Lotus Eater The Grand Conjuration Encore: Deliverance

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