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House Of Shakira

Certo che aspettarsi un tour degli House Of Shakira in Italia, addirittura trovarseli quasi sotto casa, è la tipica situazione che non ti aspetteresti mai soprattutto se si pensa che gli HOS sono una tra le band più sfortunate e sottovalutate della scena hard melodica, per giunta di una scena che in Italia non gode certo di chissà quale seguito. Quindi, mi preme subito ringraziare chi ha avuto la sensibilità e la temerarietà di organizzare un tale evento: davvero grazie ai ragazzi della Secondo Avvento Produzioni, e quelli della Bologna Rock City: siete dei grandi. Detto questo, la serata in quel di Padova si presenta fredda ed umida. Le porte della sede invernale del Banale sono già aperte, e dal parcheggio arrivano già le scariche elettriche del soundcheck che di lì a poco si sarebbero riproposte durante lo show. Infatti, saliti sul palco i Markonee, band nostrana di supporto, gli amplificatori ricominciano a scintillare a suon di hard'n'heavy di quello classico con formazione a doppia ascia. I suoni non sono dei migliori(ahimè, sembra quasi una penale per qualsiasi band che non sia l'headliner), si fa fatica a sentire le chitarre in fase solista, ma quanta cazzo di potenza hanno sprigionato questi ragazzi. Ottima la prestazione di Emiliano dietro al microfono in grado di raggiungere vette molte alte senza troppa fatica, ed in genere la presenza scenica di tutta la band che sa come stare sul palco, consapevole del proprio ruolo, divertendosi e facendo divertire. Gli House Of Shakira prendono posizione poco dopo dando vita ad uno spettacolo senza pecche, dimostrando professionalità e serietà nonostante il pubblico non fosse nei numeri quello che avrebbero meritato di avere. La band è in forma, i suoni sono apprezzabili, e la partecipazione certo non manca. La scaletta presenta quasi l'intera set-list del recente DVD "Live At FireFest 2005". Spiccano sopre le altre la bellissima "Best Of Times", e la kashimeresque "Wings", come la usuale iniziale "The Song Remains" che fa spesso da apripista a tutte le attività live della band. Andreas Eklund è a dir poco perfetto, ed a ragion veduta, considerate le due cover finali dei Journey, "Stone In Love" e "Anyway You Want It", potrebbe tranquillamente prendere posto dietro al microfono del gruppo californiano(considerazione che mi sento di esprimere vista la recente e poco felice scelta di Schon e soci di affidare temporaneamente a J.S. Soto il posto di Augeri). A chiudere una intensa "Chicago Blues" per solo voce e chitarra che suggella una serata come ce ne vorrebbero di più frequenti, di quelle che ti fanno tornare a casa con ancora le immagini ed i suoni del concerto che ti seguono fino a quando il sonno non ti inghiotte. E ti chiedi: a quando la prossima? Chiudo con un consiglio spassionato: riscoprite gli HOS, meritano seriamente una seconda chance, e ricordatevi dei Markonee: se dovessero capitare dalle vostre parti, non mancate all'appuntamento.

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