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TONY MILLS

Uno dei cantanti di riferimento della la scena hard/metal melodico britannica e non solo, ex singer dei compianti Shy, ugola di svariati altri progetti ed in fomazione con i TNT dal 2007 al 2013, Tony Mills vanta anche una nutrita discografia solista di tutto rispetto. Non ultimo il recentissimo 'Streets Of Chance', un disco che su queste pagine abbiamo incensato e che ancora oggi non smette di girare nel lettore. Un gran lavoro che ci ha ispirato l'intevista che segue. Il momento giusto anche per chiedere di più sul suo passato e sulla la musica che lo reso protagonista fino ad oggi.

Ciao Tony. E' un gran piacere per me parlarti. Ho adorato gli Shy fin dall'uscita di 'Brave The Storm', e tutto quanto concerne la band mi esalta non poco. Sta accadendo ora, mentre è già nei negozi 'Streets Of Chance'. Davvero un gran disco. Non credo che questo incontro potesse avvenire in un momento migliore... Assolutamente! Ed è un piacere parlare con te. L'Italia è sempre stata un paese molto ricettivo dal punto di visto del rock e metal, ed è sempre stimolante lavorare e parlare di musica con le persone che ci vivono.

Partiamo subito con 'Streets Of Chance', un lavoro che suona differente dal precedente 'Over My Dead Body', quest'ultimo un disco più potente e dalla sfumature cupe rispetto al nuovo. E' un disco di Tony Mills perchè la tua voce è inconfondibile, ma cosa ti ha spinto a realizzare un'uscita molto più vicina all'hard classico e al melodic rock? La creatività del momento, semplicemente, oppure stai vivendo un momento particolare nella tua vita privata? Direi che la mia vita personale è diversa ora rispetto a quella in cui scrissi il disco precedente quattro anni fa. 'Over My Dead Body' era a tutti gli effetti la massima espressione in termini concettuali della vita che stavo vivendo al tempo (ricordiamo che Tony fu colptio da un infarto nel 2010. ndr). Oggi, invece, la mia vita è molto più tranquilla, e ho una visione ottimistica del futuro. Motivo per cui penso sia un possibile riflesso che emerge dal nuovo album.

Il disco iniza con "Scars", un brano meraviglioso (per me il migliore) che include il nucleo principale di quelle che poi saranno le emozioni che vivremo in seguito scorrendo la tracklist. Perchè l'hai scelta come opener? Pensavi fosse la migliore introduzione per il disco? Sono stato consigliato. Ho imparato a capire che non sempre la vedo nel modo giusto, e che è importante ascoltare il parere degli altri. Inizialmente, io avevo scelto l'ipotesi opposta, ovvero iniziare il disco con "Seventh Wonder, l'attuale ultimo brano. Alla fine mi sono reso conto che la maggior parte delle persone impegnate nella composizione e nella registrazione del disco non erano d'accordo con me, questo perchè la pomposità di "Seventh Wonder" avrebbe indotto a pensare in maniera errata sulla direzione dello stile, e che avrebbe fatto invece migliore figura come un finale esplosivo. Così ho seguito il consiglio, e quello che vedi è il risultato. Un disco che parte in maniera accattivante, per finire poi con una chiusura heavy ed arrogante.

L'album appassiona nella sua interezza, ma ho amato in particolare sia le tue linee vocali, sia le background vocals. Nello specifico, ho apprezzato molto quando insieme si intrecciano, o si sovrappongono. In quei momenti avete creato pura magia. Dovete aver lavorato davvero duramente in fatto di arrangiamenti vocali... Ho lavorato su moltissimi dischi da questo punto di vista, ma in questa occasione specifica bisognare dare il giusto merito Pete Newdeck il quale ha prodotto e guidato le backing vocals da un punto di vista differente rispetto al mio. Punto di vista che ho accettato ben volentieri. Abbiamo lavorato molto bene insieme ed in perfetta sintonia, e lo faremo di nuovo presto...

"Battleground" è un'altra canzone speciale. Intensa e passionale in tutta la sua semplicità. Il testo di fondo dovrebbe trattare di una relazione se non sbaglio, ma parla anche di muri costruiti per dividere, o per difendersi. In tempi tormentati come gli attuali dove l'idea di (ri)alzare muri sta trovando terreni sempre più fertili, potremmo leggere il brano anche come un invito metaforico a costruire ponti, non barriere. Cosa ne pensi? Hai perfettamente ragione!! Il brano è proprio un invito a costruire ponti, a guardare avanti e non soffermarsi sul passato in modo da lasciarsi dietro alle spalle i tempi bui.

Tommy Denander e Joel Hoekstra sono perfetti nei loro ruoli (anche se avrei apprezzato assoli più completi in alcune occasioni). Ma è pur vero che ci sono molti altri attori che recitano ruoli importanti anche da dietro le quinte, e che a conti fatti risultano essenziali per la riuscita del disco. Quanto è importante per te avere una squadra che lavora in modo così armonico? Naturlmente, ha un valore inestimabile. I musicisti che suonano nel mio disco sono tutti musicisti che fanno squadra. Ad esempio, abbiamo avuto qualche problema con la registrazione di un brano. Un musicista che ha partecipato ad un altro brano è corso in nostro aiuto risolvendo la questione. E' stato un gran disco anche dal punto di vista della collaborazione perchè mai nessuno ha chiesto loro di intervenire, ma hanno sempre dato una mano di loro spontanea volontà. Quando hai una carriera, con fatica, ma con continuità ti accorgi dell'esistenza di persone che davvero lavorano sodo, e credo che tutte le persone che hanno lavorato per me nel corso del tempo io possa definirle come veri e propri fedeli soldati.

A proposito della squadra, "When We Were Young" è scritta dai fratelli Martin (Vega). Un brano che ti calza davvero a pennello. Li conoscevi già prima di questo album? Com'è nata la collaborazione? Uno dei chitarristi, Marcus Thruston, era con me nei Siam nei '90, quindi conoscevo già la band grazie a lui. Pete Newdeck aveva già lavorato con i fratelli Martin, e ha creduto che potessero scrivere qualcosa di interessante adatto all'album. E aveva ragione, direi.

Perchè mai il lasciare andare dovrebbe essere un arte? Il brano "The Art of Letting Go" suggerisce di nuovo di guardare avanti e di lasciarsi alle spalle il passato. Ma è pur vero che quello che siamo oggi, deriva anche da come eravamo ieri. O forse no? Ad ogni modo, la canzone, una semi-ballad, arriva subito al punto e si fa piacere all'istante. Per quanto mi riguarda, il brano è come il punto di equilibrio di ogni cosa, dove i dispiaceri hanno fine perchè con essi non ottieni niente dalla vita, e dove la gratificazione per quello che fai può essere ottenuta scrollandosi di dosso pesi inutili e preoccupazioni stagnanti. Ci sono molte più cose che ci attendono davanti a noi domani, rispetto a quelle che ci trattengono nel passato...se solo troviamo il coraggio di alzarci in piedi ed accoglierle.

In merito alla scrittura, il disco suona classico, ma moderno allo stesso tempo. E' possibile trovarci riferimenti a giganti quali Journey, o Survivor, ma tutti i brani manifestano una propria personalità. Non è affatto facile raggiungere questo risultato quando la maggior parte dei dischi che ascolti in giro sono simili tra loro, e spesso ci ricordano solo da dove provengono, ma non dove stanno andando. Qual è il segreto che vi ha portati all'equilibrio raggiunto con 'Streets Of Chance'? Parti con uno spunto all'inizio, ed arrivi ad una verifica alla fine. E' così che trovi l'equilibrio. Lo spunto è dato dal talento individuale di ognuno, ma alcune volte potrebbe far scaturire un'idea non controllabile. E' come scattare una fotografia: devi catturare quanta più luce naturale attraverso l'obiettivo, ma devi concentrare l'inquadratura nel posto giusto. Se lasci fare solo al talento, allora corri il rischio di non arrivare al punto. Il segreto per arrivarci sta nel credere con fermezza che la cosa più importante in quel momento è la canzone stessa, nient'altro. Non le individualità, ma la rappresentazione artistica. E se abbiamo raggiunto questo equilibrio tramite la giusta la potenza, le emozioni e melodie memorabili, allora la fotografia dovrebbe stamparsi da sola. Non c'è bisogno di altro.

Penso che quando devi valutare un disco, lo si dovrebbe fare sempre considerando il suo insieme. Nella mia valutazione finale di 'Streets Of Chance' ho considerato anche l'artwork di copertina. Mi è piaciuto molto. Al primo impatto mi ha ricordato una possibile scena di Blade Runner. Ispezioni la strada, e cerchi di trovare un indizio: sta piovendo, è notte fonda, ci sono figure incerte a ridosso dei lampioni. Ma a dispetto del titolo del disco, sembra un posto dove non ci sono opportunità... Con nessuna opportunità, ogni opportunità è possibile. Il tuo bicchiere è mezzo pieno, o mezzo vuoto? Il mondo è pieno di possibilità, molte delle quali vengono bruciate, ma ci sono molti angoli dove tu puoi girare e molte linee che possono essere attraversate. Dalla vita e dalla carriera e dall'esperienza che ho vissuto nell'industria musicale per oltre 30 anni, posso affermare che anche una singola nuvola grigia è capace di partorire un risvolto positivo e via dicendo. Ovunque ti guardi intorno, trovi inevitabili ed inaspettate opportunità. Per dire, molte 'Streets Of Chance'...

 

Una domanda in merito all'etichetta. Esistono molte valide case discografiche (in Europa in particolare), che si occupano di uscite di band ed artisti AOR e melodic rock, nonchè di hard rock classico. Insomma, il posto ideale per Tony Mills. Tu, invece, hai un contratto con la Battlegod Production, etichetta australiana che cura in linea di massima metal band, anche metal estremo. Una scelta un po' insolita, non trovi? Guarda, per me contano davvero le persone, quelle che credono nel duro lavoro e nella qualità dei prodotti. Non ha importanza per me se l'etichetta si chiama ABC, o XYZ, ma è solo una questione di lavorare bene e raggiungere il migliore risultato possibile: promozione, attenzione ai dettagli e catturare gli ascoltatori con un gran suono sul piano della registrazione. Chi se ne importa del nome dell'etichetta se questa ha svolto un gran lavoro? A me, niente.

Passiamo agli Shy. La band ha sempre vissuto una vita travagliata, con o senza di te. Qual è stato il momento migliore della tua carriera con la band, e quale il peggiore? Il momento migliore è stato probabilmente quando nel mezzo degli anni '80 i nostri concerti a Londra andanvano tutti sold-out. Il peggiore è stato quando siamo tornati in UK dopo il tour europeo, con concerto finale con Alice Cooper al Reading Festival. Lì abbiamo scoperto che l'etichetta ci aveva scaricati assieme a tutte le altre band all'inizio della recessione finanziaria di allora.

Il prossimo 29 ottobre ricorreranno sei anni dalla morte di Steve Harris (chitarrista degli Shy). Ho sempre considerato Steve un chitarrista molto talentuoso, dotato in particolare di un raro gusto melodico. Per farti un esempio, i suoi assoli in brani come "Storyline", o "I'll Be Home Tonight" mi emozionano tutte le volte che li ascolto. Chi era Steve come uomo, e com'era il vostro rapporto in termini di amicizia?  Steve era un uomo molto tranquillo. Restava in hotel mentre tutti gli altri se ne andavano in giro per i party. Non amava fare baldorie, nè il chiasso. Se ne stava lì seduto ad esercitarsi. Un artista brillante, un chitarrista raffinato. Era un altruista, condivideva qualsiasi suo lavoro. Amava incodizionatamente la moglie, ed ha trascorso la sua vita a suonare la chitarra fino all'ultimo momento della sua vita. Steve ha suonato su vari brani nei miei album solisti. Avevamo in comune un grande senso dell'umorismo. Lui amava molto i film comici, così come era un grande appassionato di musica. Inevitabilmente, andavamo molto d'accordo. E' stato davvero uno shock vederlo ammalarsi così giovane. Questo mentre tutti gli altri abusavano ed andavano oltre i propri limiti, quando lui non lo ha mai fatto. Così è la vita, ma è così ingiusta. Siamo stati ad ogni modo fortunati, Steve ha reso migliori i nostri tempi.

Passiamo ai Siam. Due album molto belli. 'The Language Of Menace' il mio preferito. Credo di avere ascoltato il brano "The Fall" migliaia di volte (a proposito di grandi assoli di chitarra, qui Chris Ward Evans giganteggia sul serio). Molti considerano il disco una sorta di materiale in stile Queensryche, e questo dimostra come tu possa cantare qualsiasi cosa con estrema naturalezza. Perchè la band si sciolse? Hai mai pensato ad una possibile reunion? Credo davvero abbiamo fatto delle grandi cose con la band. Avevamo un certo fascino se ti piace la musica carica di tensione, e si, alcuni sostenevano che ricordavamo i Queensryche. Posso capirlo. Comunque, dopo il primo disco ed un tour, cambiammo i due chitarristi perchè entrambi lasciarono la band. Facemmo molte audizioni nel 1994 per sostituirli (molti anche i chitarristi che si presentarono dall'Italia in quel di Birminghan, sede delle audizioni). Dopo il secondo disco e successivo tour, avvenne quello che tutto sanno. Il grunge cambiò il regime finanziario e l'integrità del melodic rock businnes, perchè alla fine le etichette discografiche rincorrevano band come i Pearl Jam, e per averle con loro firmavano assegni in bianco. La band era destinata alla fine, e così la lasciai morire nel 1996. Ho anche provato con una reunion nel 2013, ma quasi tutti erano super impegnati con tribute band, allora mi arresi definitivamente.

Ritornando al nuovo album, la tua prestazione vocale è come sempre su standard qualitativi molto alti. Devo dire, però, di aver trovato la tua voce maturata. Tonalità sempre alte, ma raggiunte con più misura. Mi sbaglio? Ho avvertito il bisogno di confidarmi e di comportarmi bene. Ho lasciato che la mia mente ed il mio volto si presentassero agli altri in maniera naturale, privi di espressioni alterate e di emozioni forzate. Questo album suona come io mi sento come persona e come cantante adesso. Nessuna influenza, niente di programmato.

'Streets Of Chance' è nei negozi. Larga parte della promozione l'hai ottenuta grazie a recensioni ed ai video che circolano sul web. Come intendi promuoverlo tu, adesso? O forse stai già pensando al prossimo progetto? Sono indeciso. Uhm, dovrei cominciare a promuovere il disco suonandolo dal vivo? No. Mi sono arreso davati a questa prospettiva perchè sono ancora combattuto: è venuto fuori un ottimo disco e dovrebbe automaticamente meritare di essere portato in giro con un tour, oppure è destinato a restare uno studio work...Solo il tempo darà una risposta.

Bene, Tony. L'intervista si chiude qui. Vuoi aggiungere qualcosa? Intanto ti ringrazio per tutte le emozioni che ci hai donato nel corso degli anni. Almeno fino ad oggi. Stammi bene e rock on forever. Grazie a te, Andrea. E grazie anche a tutti i rocker italiani che hanno accolto il disco nei loro cuori...se le vendite sono ancora qualcosa in cui credere.

Non sarà l'ultima volta che ci vediamo.

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