WHITESNAKE: GOOD TO BE BAD
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23/04/2008Quanta attesa per questo nuovo capitolo discografico dei Whitesnake, un'aspettativa cresciuta negli anni a scapito di un'interminabile serie di voci, chiacchiere e rilanci vari relativi alla possibile uscita di un altro album inedito a firma Coverdale e soci, ora finalmente disponibile nelle mani di tutti i fans dello storico combo britannico ansiosi di gustarsi una lista di composizioni nuove di zecca. 'Good To Be Bad', dal punto di vista squisitamente compositivo, offre all'ascoltatore un viaggio sonoro sviluppato su brani stilisticamente devoti a tutti i risvolti musicali dei Whitesnake nei propri vari periodi storici, partendo dalle radici maggiormente blues degli inizi e sino ad arrivare alle chitarre visibilmente solide e cromate appartenenti al lasso temporale di fine anni ottanta, rappresentante il culmine del successo economico della band in sé. La particolarità del disco in questione va invece ricercata nel lavoro di produzione a corredo delle nuove songs, il quale rivela la precisa scelta di rendere quanto mai attuale e al passo coi tempi il sound generale della nuova opera: tale scelta, infatti, si rivela particolarmente vincente per quanto riguarda il ritorno sonoro di chitarre e basso, penalizzando però in maniera piuttosto evidente quello di tastiere e batteria, le prime schiacciate dall'approccio aggressivo degli strumenti a corda, ed eccessivamente compressa con relativa mancanza di incisività la seconda. In ogni caso la classe canora di un sempreverde David Coverdale (la vera e popria dimostrazione di qualità nonostante un'ugola oramai non più paragonabile a quella dei tempi d'oro) e il riuscito feeling contenuto nel songwriting alla base del cd stesso (pregno di soluzioni melodiche di marcato spessore degne solamente dei grandi del genere, siano esse relative ai brani maggiormente vivaci o sontuosamente alla guida delle ballad mai deludenti all'interno del repertorio Whitesnake) dimostrano come il gruppo d'oltremanica sia tutt'ora lontano da quella che molti avevano pronosticato come una possibile pensione, congelata ancora una volta dagli inconfutabili fatti rinchiusi all'interno del qui presentato 'Good To Be Bad'. Il serpente bianco è finalmente tornato, e nonostante le vesti sonore forse meno lucenti di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi, mantiene ancora intatto tutto il proprio noto e proverbiale fascino.
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