REBELLION: SAGAS OF ICELAND (THE HISTORY OF THE VIKINGS VOLUME I)
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23/07/2005Ok, Heavy Power tedesco sui Vikinghi... quanti ce n'è, uno scaffale pieno? Viene subito da preoccuparsi e cominciare a sigillare il portafogli per non fare l'errore di comprare l'ennesima cavolata. E si sbaglia. Perchè se è vero che i nomi non sono affatto una garanzia di un buon prodotto (quanti progetti secondari di membri di gruppi famosi, o progetti di ex membri, si sono rivelati un'emerita puttanata?), sui Rebellion c'è da fare un discorso un pochino diverso. Non diverso da TUTTI gli altri, ovviamente, ma da buona parte sì: i "famosi" qui dentro non sono dei nomi semplicemente noti ma dall'effettivo valore ancora da dimostrare, sono due nomi che qualunque amante del cossiddetto "metal di serie B" (citazione da Mr. Bolthendhal), nel ramo del Power, conosce per avere avuto un ruolo da protagonisti in quel capolavoro che è "Tunes Of War", ai tempi in cui suonavano nei Grave Digger. Non semplicemente esecutori, ma autori di quello che è forse tutt'ora il miglior prodotto di Bolthendhal e soci. Questo per dare la portata, a livello di capacità compositiva, degli elementi di cui stiamo parlando. "Sagas Of Iceland" si presenta stilisticamente come una prosecuzione attualizzata del tipo musicale di "Tunes Of War": suoni grezzi, duri, ritmiche regolari e travolgenti, riff trascinanti, voce tagliente e aggressiva, chorus limitati all'essenziale e senza le 10.000 voci che ormai spuntano ovunque nel Power, specialmente tedesco. Come per "Tunes" (e per "Knights Of The Cross" dopo) la lezione imparata è che non servono per forza i miti: un buon concept si può benissimo basare sui fatti storici documentati, che già da soli possono essere estremamente avvincenti. Ci sarà poi tempo per miti e leggende, "Sagas" è solo la prima parte di una trilogia che passerà dalla storia alla leggenda, dall' Heimskringla all'Edda, dai Vikinghi danesi e norvegesi a quelli svedesi e russi, e che si dovrebbe concludere nei prossimi due anni. Per il momento, il primo capitolo di questa futura trilogia è una delle migliori sorprese che il 2005 mi abbia regalato (almeno finora), un album che presenta pezzi massicci, fatto per far scoppiare lo stereo. Su 12 pezzi più un intro, l'unico punto debole è su "Harald Harfager": brano eccellente, con una breve parte di parlato femminile che fa rabbrividire. L'intonazione della voce sarà anche giustificata dall'argomento della canzone, ma fa veramente scadere il brano, tanto che, pur essendo uno dei pezzi più belli dell'album, mi ci sono voluti almeno 10-15 ascolti prima di riuscire ad ignorare quella voce e poter finalmente apprezzare la canzone. Peccato davvero, ma forse è anche grazie a questo "disdicevole" fatto che si può poi apprezzare assolutamente al meglio la successiva "Eric The Red", e via via tutto il resto del disco ("Treason", unico pezzo semi-lento, "Sword In The Storm", mid-tempo travolgente, il brano-schiacciasassi "Blood Rains" e via discorrendo). Una sola pecca su tutto un cd: direi che, nel complesso, è un bilancio ottimo, soprattutto perchè per tutto il resto dell'album non si ascolta un lavoro "decente", ma un disco di livelli estremamente alti.
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