PRIMAL FEAR: SEVEN SEALS
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25/10/2005E sei. Sesto album per il combo tedesco, che ha ormai da tempo abbandonato le flessioni priestiane degli esordi (e in tutta sincerità ben superiori al vergognoso come back dei Judas con Halford dietro il microfono) dirottando verso una maggiore ricerca di personalità, che già si affacciava di petto nel precedente “Devil’s Ground”. Il principale difetto di tutti i lavori dei Primal Fear, se si esclude l’omonimo esordio, era da ricercarsi principalmente nella mancanza di una qualità costante del songwriting. In parole povere, troppi filler. Ribaltando la situazione inaspettatamente, con “Seven Seals” i nostri tirano fuori i muscoli e confezionano un platter dove la parola filler ha poca ragione di esistere. Il disco si apre con una doppietta di tutto spessore, “Demons And Angels” (il cui magnifico ritornello ricorda alla lontana quello del vecchio classico “Silver & Gold”) e la rocciosa “Rollercoaster”. Se la title-track segna il primo giro a vuoto dell’album, una semi-ballad scialba e banalotta, la band si risolleva subito alla grande e infila uno dietro l’altro brani da antologia. La velocissima e thrashy “Evil Spell”, l’epica “All For One”, la terremotante “Carniwar” o gli altri due episodi più intimi, “Diabolus” e “In Memory”, mettono una volta per tutte la parola fine alla sufficienza risicata che il quintetto tedesco si è sempre visto rifilare. Merito non solo di una tracklist di alto livello ma di una produzione coi fiocchi e una prestazione individuale ancor più raffinata del solito, con Randy Black che fa valere la sua potenza dietro le pelli. Ci sono voluti cinque lavori appena discreti nel mezzo, fatto sta che da ora accostare ‘Primal Fear’ a ‘alta qualità’ non è più un ossimoro.
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