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OPERATION MINDCRIME: The New Reality

data

11/12/2017
50


Genere: Progressive Metal, Rock
Etichetta: Frontiers Records
Distro:
Anno: 2017

Prendiamo il pranzo domenicale di nonna, aggiungiamo una sbornia di vino rosso il pomeriggio di Ferragosto, e mettiamo pure un pizzico de "I dieci comandamenti" di Cecil DeMille. Sonno? Bene, otterremo lo stesso risultato con l'ultimo lavoro del buon Geoff Tate e i suoi Operation Mindcrime. 'The New Reality' completa il trittico iniziato con 'The Key' (2015) e 'Resurrection' (2016). Ecco, diciamo che, se qualcuno sperava che il titolo del precedente album fosse una specie di buon auspicio per l'avvenire, resterà ahimè piuttosto deluso. Già l'opening track, "A Head Long Jump" fa venire voglia a chi l'ascolta di saltare davvero. In una piscina. Vuota. Vuoi per la ripetitività del brano, sia per l'uso decisamente eccessivo degli effetti in fase di missaggio, il pezzo risulta pesante e noioso. Illude per qualche istante la successiva "Wake Me Up": il riff è accattivante, l'arrangiamento ottimo. Incredibile, ma vero, il vero punto debole di questo pezzo (come di quasi tutto l'album) sono proprio le linee melodiche del cantato. Tate, che noi tutti abbiamo amato alla follia ai tempi dei 'Ryche, non sembra più essere in grado di produrre una melodia come si deve. Sotto questo aspetto qualche buono spunto c'è, come in "It Was Always You", ma è paradossale notare come i brani migliori dell'album "A Guitar In Church?" e "Tidal Change", siano entrambi strumentali. Un pochino meglio degli altri brani il singolo "Under Control", ma proprio appena sopra la sufficienza. Bello il solo, bello l'arrangiamento e i cori. E Tate quasi (ma solo quasi) ai suoi livelli di sempre. La title track parte bene, ma si perde per strada. Probabilmente, anche la lunghezza del brano non aiuta, tagliargli un paio di minuti gli avrebbe senz'altro giovato. Stessa storia con l'intro di "All For What": fa ben sperare, ma eccolo arrotolarsi di nuovo in una spirale di irritanti sinth e tonnellate di chorus e riverbero sulle voci. Che Tate abbia sempre usato molti effetti in studio è noto, ma l'abuso che se ne è fatto su questo album è oggettivamente imbarazzante. Il brano cantato migliore dell'album è probabilmente "My Eyes", nonostante sembri uscito da qualche strano sogno di Jean Michel Jarre, dopo il già citato pranzo della nonna annaffiato con Chianti. La produzione cerca di salvare il salvabile (e in effetti i suoni sono eccellenti e il missaggio ottimo), ma siamo davanti a una creatura che non è né carne né pesce, un pastone di prog, elettronico e metal che stanca già al primo ascolto e non migliora con i successivi, candidandosi di diritto per il premio "Bocciato dell'anno". Perchè va bene non essere nostalgici ed essere consapevoli che "Operation Mindcrime" (l'album) e "Empire" non torneranno mai più, ma se questa è la Nuova Realtà di Geoff Tate, allora rimpiangere i tempi in cui si accompagnava a Chris De Garmo è totalmente legittimo.

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