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OPERA IX: The Gospel

data

07/12/2018
73


Genere: Black Metal
Etichetta: Dusktone
Distro:
Anno: 2018

Dopo ben sei anni dal precendete full-lenght ('Back to Sepulcro' del 2015, come sembra implicare il titolo stesso, conteneva un paio di tracce inedite ma per il resto era materiale riarrangiato), ritornano gli Opera IX con ben due cambi avvenuti dietro il microfono da allora: ad M. (al secolo Marco De Rosa) era succeduta l'enigmatica Abigail Dianaria, oggi rimpiazzata da Dipsas Dianaria, cioè l'ottima Serena Mastracco, più nota come Moerke da piu una decade nell'underground metal romano e non, attraverso numerose band e collaborazioni. L'impatto della cantante si direbbe positivo: la voce, un poco meno femminile di quella di Cadaveria, presente sui primi tre album, non ha nulla da invidiare, per potenza e varietà, fra clean vocals e growl, nè a lei nè agli altri che si sono succeduti nella fila della band. Il sound che ha portato ai nostri fama nazionale e riconoscimento internazionale come uno dei prodotti, nel genere, piu originali del nostro paese è ampiamente presente nel corso di questo lavoro, che ripropone, per la maggior parte, il caratteristico black metal cerimoniale a cui ci hanno abituati, fatto di parti piu meditate e improvvise accelerazioni in cui è la chitarra a condurre e le tastiere a creare la tipica atmosfera rituale dei loro lavori. C'è però, soprattutto nei primi tre brani che parrebbero costituire una sorta di trilogia, una qualche concessione ad un black metal piu canonico: in particolare gli Opera IX sembrano a momenti abbandonare il terreno a loro piu abituale e congeniale (idea legittima e potenzialmente foriera di novità interessanti) per un melodic black metal troppo affine a tanti altri lavori,  in cui fin troppo spazio è lasciato alle keyboards che, da importante complemento atmosferico per il resto della strumentazione, si fanno protagoniste. Siamo pur sempre in presenza di un tratto che pare embrionale piu che altro e non cambia il fatto che questo è un lavoro assolutamente valido, che non sfigura neanche nel contesto di una discografia come quella dei blacksters piemontesi. Sta solo a significare che non siamo in presenza del loro lavoro piu ispirato. 

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