LOADSTAR: CALLS FROM THE OUTER SPACE
data
27/08/2009Ci sono voluti venticinque anni, tra scioglimenti e rifondazioni, per arrivare alla pubblicazione del primo full lenght dei partenopei Loadstar. Oggi, dopo tanti anni di esperienza, fa piacere constatare come la proposta sia cresciuta ma non radicalmente mutata: siamo nel campo del Classic, con forti punte di Thrash e di Power, oggi come negli anni '80. La formazione attuale risulta convincente (un paio di “reclute” dagli Hell's, con relative cover in tracklist), ben amalgamata sia in fase compositiva che esecutiva. E va senz'altro sottolineata la produzione, che è riuscita nell'ardua impresa di portare dei suoni puramente (e strutturalmente) ottantiani ad avere un “sound” nettamente più moderno. Il risultato è molto apprezzabile, fresco, privo di qualunque tipo di patina che crei un effetto obsoleto. Nel complesso si tratta anzi di un disco che suona decisamente “nuovo”. Lo stesso discorso vale per le strutture melodiche stesse, che se anche mandano vaghi richiami stilistici ai Padri (Judas Priest su tutti), da un punto di vista contenutistico sono assolutamente originali. Le carenze di 'Calls From The Outer Space' si assestano prevalentemente sul piano del coinvolgimento: soprattutto la prima metà del disco, infatti, fatica a scuotere quel qualcosa che fa alzare il volume e cantare scapocciando. Da 'Gothic' in poi questo elemento è molto più presente, e la differenza si nota: l'ascolto diventa più fluente, più leggero, e ne guadagna in gusto. Due bonus tracks completano il lotto di un full lenght già di per sé piuttosto corposo: una è la versione acustica di 'Screen Addiction' (gradevole, ma nulla più), mentre l'altra è una scatenata riproposizione in chiave Heavy/Speed di 'Canzone Appassiunata', noto pezzo della tradizione napoletana. Riguardo quest'ultima mi permetto di osservare che l'idea di “stravolgere” tale pezzo, e le modalità in cui viene riproposto, sono meglio del risultato effettivo, che tende ad apparire quasi asincrono, probabilmente per un'eccesso nella “carica” della riproposizione o per un bizzarro effetto del mixaggio. Comunque un'interessante finitura per un'album già architettonicamente intrigante.
Commenti