HAGATHORN: Hartworld
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23/12/2020Un suono cupo corre lungo le linee tracciate da una natura mossa da un tiepido vento. Sole tramonta, suoni caldi, a metà tra il concetto di pagan e di folk medievale per la one man band Hagathorn. Emozioni allo stato puro, che fluiscono grazie a strumenti inusuali, senza virtuosismi, intrisi di un pathos che accostiamo, senza paura, ai maestri Ulver di Kveldssanger. La profondità dei suoni e di una produzione che esalta il lato passionale e sensibile dei pezzi, ci lascia senza fiato. Veniamo letteralmente trasportati in un fiume che solca una storia antica, che nutre l'anima e svela lati segreti di noi stessi. Commossi veniamo sospinti in un moto in cui il tempo ci viene concesso, in cui non vi è frenesia, in cui si può contemplare profondamente sensazioni. Brivido sublima in serenità,vastità di sfumature che si susseguono di fronte ai nostri occhi. Vibrazioni si muovono da e verso di noi, romantica danza medievale in cui gesti vetusti, ma carichi di amore, hanno un significato che va al di là della meccanica superficialità. In una società in cui tutto sembra ormai vuoto di concetti, in cui la follia di vuoti intenti sconcerta, è raro potersi estraniare. Nella dimensione di Hagathorn, una carezza, gesto apparentemente semplice, diventa puro affetto, valore di una parola data, importanza a ciò che si dice e si compie. Un dipinto dalle tonalità ocra si immerge in un sole dalle tinte tramonto, noi spettatori ne respiriamo l'essenza, con naturalezza. 'Hartworld' è il primo capitolo di una realtà che ci ha trafitto il cuore, pagan folk che va al di là di classificazioni, per ascoltatori sensibili e per chi ama la musica, senza confini o luoghi comuni da dover rispettare per forza.
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