FEN: THE MALEDICTION FIELDS
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14/01/2009Da una base prettamente black si parte per arrivare fino al post rock - passando per il folk, fughe progressive ed atmosfere evocative dettate da tappeti ambient - attraversando nel bel mezzo di questi estremi gli umori più disparati di matrice esclusivamente malinconica. E' questo il tracciato stilistico del primo full lenght di questa band inglese che mostra fin da subito una personalità prorompente, come se sulla scena da una vita, ma nata solo nel 2006. Personalità che unita al talento fa di "The Malediction Fields" un disco notevole, una perla di disperazione assoluta che si affaccia ai primordi di questo nuovo anno tutt'altro che luminoso. Un'ora di sfuriate black che si quietano per diventare passaggi acustici, digressioni sonore decadenti, fino ad invadere squisitamente il campo prediletto da band come Mogwai e Godspeed You! Black Emperor. A far da Virgilio lungo le "terre maledette" la voce di The Watcher, ora urlata, ora pulita, in entrambi i casi in grado di esaltare tutte le sfumature rese dalla parte strumentale. Quest'ultima di un equilibrio sorprendente. Unico appunto da muovere è che a tratti, soltanto a tratti, affiora qualche lungaggine di troppo, ma la qualità delle composizioni è tale da non renderla un peso. Così anche brani di sette minuti e passa arrivano alla conclusione insinuandoti la voglia di riascoltarli di nuovo. Subito. Come la dolorosissima "Colossal Voids", un titolo un programma. Come il lamento in crescendo di "The Warren". Inni alla desolazione ispirati, come l'intero album, alle emozioni suscitate dalla campagna inglese e dai suoi paesaggi mistici. Questo e molto altro è "The Malediction Fields", lavoro inizialmente d'impatto, ma che va scoperto ascolto dopo ascolto per calarsi pienamente nell'universo fosco e solitario di una nuova, esaltante grandissima band.
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