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DARK TRANQUILLITY: DAMAGE DONE

data

22/06/2005
81


Genere: Death Melodico
Etichetta: Century Media
Anno: 2002

Bum! Lo speravano tutti dopo il camaleontico “Haven”, soprattutto i fan più intransigenti delusi dalla troppa sperimentazione di “Projector” e dall’anonimato del seguente lavoro; “Damage Done”, e già il titolo è un programma, arriva esattamente due anni dopo “Haven” e segna, evitiamo chilometrici giri di parole, il ritorno alla cattiveria di Stanne, Sundin e compagni di merende. Lungi dal continuare su una strada che poco sembrava appartenergli o da ripetere in fotocopia “The Mind’s I” o “The Gallery” (dischi capolavoro anche e soprattutto per la loro unicità; sarà anche scontatoe banale, ma tanta gente sembra ancora non capirlo), i nostri si appropriano saggiamente delle idee più valide partorite negli ultimi due lavori, specialmente “Projector”, e le applicano al loro thrash/death scandinavo d’assalto con uno stile unico. Apre le danze la sparatissima “Final Resistance” che mette subito le cose in chiaro: siamo tornati a pestare, anche se adesso abbiamo le tastiere. Da qui in poi è tutta una corsa tra brani cadenzati e malinconici mutuati dalla recente esperienza (“Hours Passed In Exile”, “Single Part Of Two”) e altri che fondono magistralmente melodia, aggressività e ripartenze thrasheggianti, come la title-track, l’anthemica “The Treason Wall” (riff da cantare sotto la doccia, altro che!), “Format C: For Cortex”, “Cathode Ray Sunshine” o il classico “Monochromatic Stains”, vero punto di unione e ricongiungimento tra i vecchi Dark Traquillity, quelli nuovi e quelli di mezzo. La conclusiva “Ex Nihilo” è a tutti gli effetti il primo brano strumentale della band e se la cava bene nonostante arrivi dopo qualche filler di troppo che inficia, seppure di pochissimo, qualità dell’album. Detto questo, sarebbe anche da ipocriti lamentarsi o gridare al ‘back to the roots’ inutile, senza motivo o ‘per fare soldi’. “Damage Done” è un signor disco, uno dei migliori platter di death melodico degli anni recenti e opera che brilla nella discografia della band svedese, meritatamente.

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