CEREKLOTH: IN THE MIDST OF LIFE WE AE IN DEATH
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20/05/2013Interessante questo disco di esordio dei Cerekloth, una band bella tosta e marcia, dedita a un sound pesantissimo e oscuro, come già si evince dalla prima traccia “Praeludium e Born Of The Void”: superata l'intro lunghetta ci ritroviamo tra capo e collo un macigno pesantissimo carico di negatività, arricchito da ritmiche pesanti e complesse in stile Immolation, melodie malefiche che fanno pensare ai primi Paradise Lost e una sincera grezzagine degna degli Autopsy ritrovati. Si va avanzti con mazzate dal sapore blackish (“Within The Hollow Crown”) con assoli old school. Anche se brani come “Halo Of Syringes”, col suo bridge da brivido, e “Mesmerizig Holy Death” sono monumenti alla malvagità più nera, anche se cominciano a vedersi dei segni di cedimento nella dispersività di questo lungo brano. Degna chiusura affidata alla marcia funebre “The Reapers Istant Is Our Eternity”. Ok, non vi cambierà la vita, ma è un buon lavoro di death/doom che nessun appassionato dovrebbe ignorare. Francesco La Tegola Voto: 70 ----------------------------------------------------------------------------- I Cerekloth, attivi sin dal 2008 e con due soli altri Ep all'attivo, confermano ulteriormente la natura disomogenea della scena danese che negli anni si è districata in forme di death metal molto variegate. A cominciare dai Konkhra, fino agli Illdisposed, per poi portare nuovi nomi come Nuclear Death Terror, o gente come Panzerchrist, Undergang e Iniquity. Conoscendo come si muove l'etichetta americana, sicuramente i Cerekloth gioverà questo contratto tenendo conto soprattutto della loro proposta che si radica senza mezze misure nel death metal '80-'90, con grande spazio, quindi, sia per stacchi veloci, sia per tempi più lenti. C'è un buon equilibrio tra le varie parti, tanto che v'è la presenza di brani lunghi come l'openerm, o la traccia conclusiva, o di "Halo Of Syringes". Quest'ultima è stata finalmente ben riarrangiata e proposta nella sua forma definitiva, e che risulta, in conclusione, una lenta marcia dal sapore primitivo che non bada a tecnicismi e sferzate in soluzioni più interessanti. Il fatto è che il disco non ci prende certo al 100%, l'album soffre l'assenza di riff accattivanti, che risveglino l'ascoltatore dal letargo causato dai primi brani. Non basta certo "l'esperimento" della penultima traccia). E tra l'altro "Mesmerizing Holy Death" pare rappresentare lo schiaffo finale, quasi non finisce mai, e diventa insopportabile. Per quanto ci riguarda è un buon album, con spunti decenti, a cui potrete dedicare un ascolto, ma nulla più. Davide Montoro Voto: 60
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