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THE UNHOLY ALLIANCE CHAPTER III

Quando ho iniziato ad organizzarmi con alcuni amici per andare a vedere la terza edizione dell'Unholy Alliance, avevamo determinate aspettative: birra, musica, pogo. Il tutto in abbondanza e, per così dire, "pesantezza". All'arrivo pare che qualcosa non funzioni per il verso giusto. Passi per la birra, per quella ci arrangiamo comunque. Ma la gente che vediamo è un po' pochina, ed in effetti, una volta entrati, ci accorgiamo subito che la folla non è poi così nutrita come ci si potrebbe aspettare, soprattutto considerato che per questa volta non c'è la giustificazione "concerto in mezzo alla settimana". Comunque tant'è, noi si va a vedere com'è sotto il palco, dove i nostrani Death Army hanno appena finito di esibirsi. Non siamo in mezzo alla settimana, è vero, ma comunque non è facile arrivare a Milano ad orari decenti, figuriamoci poi come può essere arrivarci presto; raccolgo qualche parere, pochi entusiastici ma nel complesso comunque positivi. Tocca praticamente subito agli Amon Amarth, ed è apprezzabile la rapidità nel cambio palco. Gli Amon Amarth non saranno una band da main stage, ma sicuramente hanno già dimostrato più volte che lo smalto ce l'hanno, e che nel loro genere rappresentano una buona garanzia. Hanno a disposizione una mezz'oretta, quindi pochi pezzi e ben scelti, pescati qua e là lungo la loro discografia e presentati con carica da vendere. Il pubblico risponde bene sia ai pezzi vecchi che agli ultimi prodotti. Bella performance, peccato per la durata. Nel giro di pochi minuti siamo pronti per i Mastodon, o ciò che ne rimane. Nel senso che quasi tutta la tournèe dell'Unholy Alliance se la sono fatta in formazione ridotta, come trio, a causa del ricovero per infortunio di Kelliher. Lo show degli americani è abbastanza altalenante: da un lato la loro proposta on stage è una bella botta di adrenalina, dall'altro le sonorità che portano avanti non sono delle più semplici da digerire, ed il risultato odierno è che, rispetto ad esempio a quando li ho visti all'Olimpico di Roma come opener per gli Iron Maiden, oggi sono un po' freddini e quasi noiosetti. I pareri che sento in giro sono più o meno pari al mio, tant'è che la zona fumatori (ossia lo spazio all'esterno del Palasharp) si fa piuttosto affollata, per non dire gremita soprattutto dalla metà in poi del loro spettacolo. Lo show va comunque via liscio, con una bella prova di violenza sonora, anche se non ai massimi livelli. Spazio quindi alla penultima band di oggi, e dopo un altro rapido cambio palco tocca ai Trivium. Dei Trivium va detto che sono un po' lo spartiacque del pubblico: da una parte c'è chi li osanna oltre ogni dire, considerandoli una promessa per il futuro tutto del genere Metal; dall'altra parte molti li considerano semplici imitazioni a metà strada tra Metallica ed Iron Maiden. Personalmente non sto con nessuno di questi due schieramenti: preferisco considerarli una band che propone degli show notevolmente carichi pur non disponendo di una vasta discografia nè di un'originalità estrema. Nulla nè pro nè contro i Trivium, semplicemente non mi entusiasmano dal vivo, anche se mi convincono già più che su disco. La zona birra è poco gremita al momento, quindi se ne può dedurre che sotto il palco il movimento sia buono; anche per loro però, come per i Mastodon, la folla si sposta verso le retrovie entro la metà dell'esibizione, prova questa che anche questa combo non farà parlare di sè negli anni a venire per lo show di stasera. Per altri magari sì, nessuno lo esclude, ma non per questo. Arrivati al piatto forte siamo pronti per gli Slayer, che pur essendo ormai in Italia ogni pochi mesi rimangono una di quelle poche band che su palco vale sempre la pena vedere. Araya e soci oggi non sono in stato di grazia, ed il concerto è per loro nettamente in salita; ciononostante, le salite sono un problema solo quando ci si ferma prima della vetta, e gli Slayer sono notoriamente inarrestabili. Via con convinzione quindi, e mentre il pogo si fa via via più furioso arriva un'inarrestabile sequenza di classici con una spruzzata di lavori recenti: poca o nulla mobilità sul palco, nelle teste degli headbangers presenti la band è un terremoto di violenza sonora. La voce di Tom migliora a mano a mano che si prosegue con lo show, e fin dagli inizi è da segnalarsi l'ottima performance di Lombardo, vera furia scatenata che pare a tratti dimenticarsi che gli anni passano anche per lui. Il risultato è che, una volta scaldati ben bene i motori e gli animi, si arriva al momento atteso da tutti, annunciato, smentito e riannunciato: l'esecuzione per intero di 'Regni In Blood', altrimenti noto come 2mezz'ora di furia omicida dilagante tra il pubblico". Forma perfetta o meno, gli Slayer arrivano a questa parte dello show con una carica che ha del devastante, e la risposta del pubblico è degna di essere definita follia pura. Tra headbanging, body surfing e pogo non si capisce più nulla, e per l'ennesima volta essere ad un concerto degli Slayer è un atto dovuto e naturale, privo di qualunque necessità di motivazione logica. Si respira, si mangia, si dorme, si vedono gli Slayer. Nulla di più nè di meno. Al calo del sipario si può vedere come il pubblico sia cresciuto numericamente senza tuttavia raggiungere le dimensioni dei veri e propri grandi eventi, perciò si può forse affermare che questa "Unholy Alliance" non abbia avuto grande successo. Nel complesso è stata una buona giornata di musica, penalizzata da suoni non eccellenti e volumi piuttosto contenuti; ciononostante, i presenti sono pienamente soddisfatti, sudati e rotti al punto giusto. Speriamo in qualche vittima in più per la prossima.

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