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SOUTH CHEYENNE FESTIVAL (terza giornata)

La pochezza che ha sempre contraddistinto (nel recente passato) la scena metal del Sud potrebbe, se ci fosse maggiore impegno, restare un ricordo del quale sorridere, magari. Negli ultimi tempi abbiamo visto diversi organizzatori osare e rischiare per creare una scena seria anche da queste parti. Quella che purtroppo manca è la risposta del pubblico. E nemmeno in questa sesta edizione del 'South Cheyenn Festival', organizzato dagli Indian Bikers di Manduria. Il nome era di quelli grossi, gli Exodus, mica balle. Quelli che hanno inventato il thrash (checchè se ne dica), quelli che insieme ad altre band hanno dato l'avvio a tutta la scena Bay Area. Sono quasi le venti, si aprono i cancelli, la gente inizia ad arrivare e sul palco sale la prima band. STIGE I primi a suonare sono i giovani thrash/deathster pugliesi, che davanti a quattro gatti (è davvero il caso di dirlo) sfoderano il loro sound grezzo e violentissimo, pieno di elementi swedish: infatti sono numerosi i mid tempos che si alternano a più violente scariche blast-beat. La, ahimè, poca gente che assiste in ogni caso segue bene la band, che nel giro di quattro/cinque tracce chiude la sua performance. Passabili, ma è preferibile una performance intera prima di esprimere un giudizio più perentorio. SUDDEN DEATH Il tempo di un veloce cambio di palco, che tocca ai brutallers romani attentare alla salute dei timpani dell'ancora esiguo pubblico. Personalmente avevo già avuto occasione di vedere la band dal vivo, avendone un'ottima impressione, cosa che si è ripetuta anche in questa sede. I Sudden Death, infatti, hanno sfoderato un sound massiccio, potente, tecnico e brutale, dimostrando di saper stare ottimamente sul palco e di avere attitudine da vendere. Per quanto l'esibizione non sia durata molto, c'è da dire che la band ha lasciato un bel segno, che difficilmente sarà dimenticato da chi ha ascoltato attentamente. Verso la fine dell'esibizione i capitolini hanno anche proposto un paio di brani del nuovo album in fase di preparazione. ECNEPHIAS Abbandonata la violenza delle band precedenti, adesso i lucani Ecnephias sono sul palco pronti a inebriare di oscurità Manduria. Il loro sound, infatti, può essere descritto come una sorta di Death/doom sinfonico con qualche influenza folk qua e là. Ma parliamo di un folk che trae ispirazione dall'immaginario della Basilicata, certamente oscuro e inquietante almeno quanto quello celtico o scandinavo. E anche la musica fa bene la sua parte, alternando momenti di cupa lentezza e aura mortifera a violente scariche sottolineate da maestose tastiere e fraseggi decisamente poco convenzionali. Buona la prova sul palco e compliementi al vocalist Mancan, capace di passare dal growl più aggressivo al più maestoso clean. Peccato che la performance, a causa di esigenze organizzative, sia durata poco. Da non sottovalutare. NEURASTHENIA Si ritorna alla violenza e allo scapocciamento con quest'altra vecchia conoscenza personale. La gente, intanto, sbuca dal nulla non appena i quattro thrasher emiliani salgono sul palco, che si ritrovano così un nutrito pubblico. La proposta dei Neurasthenia è il classico dei classici, un thrash metal canonicissimo e zeppo di elementi bay area, e anche l'abbigliamento (rigorosamente pelle e borchie) insinua il dubbio che i nostri, in realtà, siano venuti direttamente dagli anni 80, magari a bordo della mitica De Loren. In ogni caso, come headliner non sono i Cynic o i Naked City, quindi ci può anche stare. E sul palco i Neurasthenia compensano la mancanza di innovazione con una performance infuocata, precisa e violenta. La presenza scenica è a dir poco spettacolare, i ragazzi si muovono perfettamente sul palco e anche le capacità non mancano (credo che il bassista degli emiliani sia il solo thrasher, finora, che abbia mai visto utilizzare un basso fretless a sei corde). Il vocalist, che a James Hetfield e Chuck Billy tanto deve, è un frontman capacissimo e capace di coinvolgere il pubblico, che finalmente inizia ad agitarsi a dovere. Il preludio perfetto agli Exodus. EXODUS La notte è ben inoltrata, quando scatta l'ora X: le casse del potente impianto diffondono una breve intro strumentale al termine della quale fanno la loro apparizione quelle cinque bestie da palco che rispondono al nome di Exodus. Non si sa da dove siano uscite, ma sotto al palco di Manduria adesso è pieno di persone che scapoccia in maniera forsennata e sui riff di "Bounded By Blood" inizia uno dei mosh più scatenati e violenti a cui abbia mai assistito (considerando anche il numero non elevatissimo di persone). Gli americani non ci mettono molto (qualora servisse) a dimostrare di che pasta siano fatti e impartiscono a tutti i presenti una vera e propria lezione di thrash metal. Mentre la scaletta avanza (viene dato maggiore rilievo agli album del passato) tra pezzi-macigno come "A Lesson in Violence" o "The Toxic Waltz" si scatena un vero e proprio uragano nel mosh-pit, culminato poi in un "wall of death", richiesto dalla stessa band e subito concesso dal pubblico. E intanto mentre il vocalist Rob Dukes si autodefinisce un "terrorista" introducendo "A Lesson In Violence", la gente impazzisce arrivando anche a sfondare una delle transenne e mettendo in seria difficoltà gli addetti al servizio d'ordine, che però riusciranno sempre a mantenere la situazione sotto controllo. All'urlo "War Is My Sheperd" Manduria esplode letteralmente e continua a pogare fino alla chiusura affidata a "Shovel Headed Kill Machine", suonata a "pezzi", praticamente a più riprese durante le quali i nostri improvvisavano divertenti siparietti, tra i quali battutacce sul presunto contenuto poco igienico delle bottigliette d'acqua, improbabili mosse di wrestling o insulti ai danni dei roadies che salivano sul palco per sistemare il problema di turno. Un concerto davvero mostruoso, emblema di quello che è (e deve essere) il thrash metal. Peccato però per il solito, annoso problema della scarsa risposta del pubblico. Davvero non ci sono parole per commentare l'ennesima conferma di quello che sono una buona parte dei metallers meridionali. Continuiamo, però, a sperare per il futuro. La setlist: 01. Intro 02. Bonded By Blood 03. Iconoclasm 04. Funeral Hymn 05. And Then There Were None 06. A Lesson In Violence 07. Piranha 08. Til Death Do Us Part 09. Blacklist 10. War is My Shepherd 11. The Toxic Waltz 12. Strike of the beast 13. Shovel Headed Kill Machine

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