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PERPETUAL MOONSHINE

Le serate come quella del 9 maggio al Rolling Stones di Milano sono quelle che fanno bene alla musica! Ebbene si, ci vorrebbero molti più eventi come quello che ha visto una decina di più o meno validi gruppi italiani, esibirsi sullo stage della celebre discoteca rock milanese. Non era la prima volta che la direzione artistica del locale organizzava un evento del genere, ma questa volta le cose sono andate veramente bene. La serata era pensata all'insegna del power/prog con evidenti sconfinamenti in altri territori affini o derivati. A trainare il pubblico si era pensato (giustamente!) di porre come headliner i bravissimi ed affermati DGM, ma quello che ha fatto più scalpore è stato il vedere come tutti gli altri gruppi di supporto abbiano contribuito notevolmente a popolare la sala. Per questo motivo in questo report non troverete nulla riguardo la band più importante, cioè i DGM. Penso che al di là dei grandi meriti musicali della citata grande band italiana, la serata sia stata per lo più dei gruppi emergenti presenti. Vi posso assicurare, quindi, che la scena power italiana è fiorentissima e le band, in fatto di professionalità e bravura, non hanno nulla da invidiare ai colleghi ben più famosi sparsi nel mondo. La serata ha un piacevole prologo con un "sobrio" aperitivo offerto (!!!) dalla casa, dopo di che, in perfetto orario con i tempi, fanno il loro ingresso on stage gli Innocent Flower. La band si presenta con il giusto piglio ed offre al pubblico alcune canzoni di power/speed. Si nota la grande voglia di fare bene dei musicisti, ma al contempo si percepisce una certa staticità dovuta alla forse poca esperienza e coesione. Ci può stare di tutto, anche che alla voce ci sia una dolce donzella, ma, ahimè, la situazione precipita nel momento in cui la singer apre la bocca per espletare il suo compito di cantare le canzoni (penosa la cover di "Father Time" degli Stratovarius). Non voglio infierire oltre modo, ma devo dire che il cantato è il punto debolissimo del gruppo e tale debolezza sminuisce anche le buone idee che di tanto in tanto emergono. In conclusione: poca coesione degli strumenti (validi singolarmente!), cantano inascoltabile ed un suono generale confuso... ma questo sarà il denominatore comune dell'intera serata. VOTO: 3. Dopo un breve cambio di stage è il turno dei Chariot. Con i Chariot la musica cambia, in tutti i sensi! La band dimostra da subito di avere buona confidenza con il palco ed esordisce con una bella e coinvolgente cover di "Highway Star" dei Deep Purple. Non sono da meno le canzoni successive, interpretate con una buona padronanza tecnica ed espressiva. Il suono che fuoriesce dagli amplificatori è un misto di oscurità e pesantezza... un power ombrato, passionale e personale interpretato con un'attitudine simil HC/Punk. Da segnalare l'irruzione sul palco dell'incontenibile Danny Glick, singer dei Silence, con il quale il cantante dei Chariot ha improvvisato un gustoso e trascinante duetto vocale. Unica pecca dell'esibizione, la voce troppo bassa rispetto agli altri strumenti. Bravi e con un buon futuro in crescendo. VOTO: 6. Il terzo gruppo a cui tocca esibirsi sono i Soul Takers, un gruppo molto conosciuto nell'ambito milanese e nel nord-ovest italiano in genere. Ho avuto modo di seguire parecchio i Soul Takers in giro durante i loro concerti e posso assicurarvi che sono veramente bravi. Vista l'esiguità di tempo a loro disposizione, i 6 "raccoglitori di anime" concentrano il meglio del loro repertorio ed offrono un set altamente sensuale ed emozionante. Il genere che propongono è un prog/dark sinfonico con forti venature gotico/romantiche. Ascoltare i Soul Taker fa venire i brividi per il pathos che riescono a suscitare. Al Perpetual Moonshine, la formazione risulta anche rinnovata, arricchita dall'ingresso di un violinista che dona il giusto tocco a canzoni che su disco sembrano delle vere opere classiche. Tutto questo è, poi, sottolineato dall'alto tasso di bravura tecnica di tutti i musicisti, a partire da Federica (tastiere) e Francesca (chitarra), diplomate al conservatorio, per proseguire con gli altri ottimi componenti il gruppo e finire con quel "mostro" che siede dietro le pelli (Mauro "Jorgy", drummer anche di Hyades e Power Symphony). Veramente bravi; se vi capita di averli a portata di mano in qualche club dalle vostre parti, non perdeteli... vale la pena farsi avvolgere dalle loro note! VOTO: 8. Il tour de force continua con gli In Depth che dimostrano da subito di saper tenere abbastanza bene il palco. La loro prova è caratterizzata da una eccellente tecnica strumentale che il pubblico dimostra di gradire. La loro musica ricorda parecchio quanto proposto dai migliori Queensrÿche con un heavy/prog di classe, solo in alcuni frangenti un pò scontato. Sicuramente il futuro riserverà parecchie soddisfazioni agli In Depth a patto di mantenere alto il tasso tecnico senza scendere nella mera ricerca di soluzioni più commerciali; il valore aggiunto è nella musica che hanno scelto di suonare e nel modo in cui, nel presentarla, riusciranno a differenziarsi da tutti gli altri. VOTO:7. Al giro di boa della serata si presentano gli Aedera Obscura e la musica cambia nuovamente addentrandosi in territori estremi. Il genere proposto dalla band è, infatti, un death metal mitigato da influenze classiche (il classico Gothic anni '90). La musica degli Aedera Obscura è ricca di migliaia di sfumature melodiche e malinconiche disegnate dalla presenza delle tastiere e dai tratti importanti del violino (suonato dal violinista dei Soul Takers - purtroppo l'ho intervistato prima delle esibizioni delle due band, altrimenti gli avrei anche chiesto di far chiarezza sulla sua doppia militanza!). Il gusto complessivo delle canzoni ricorda molto vagamente gli Haggard anche se di folk, gli Aedera Obscura, hanno pochissimo (o proprio nulla) e forse (in modo molto distante) i Tristania di "Widow's Weeds" e "Beyond The Veil". La musica è molto gradevole nel suo alternarsi tra violenza e tranquillità anche se talvolta risulta un pò confusa nei passaggi più duri. Purtroppo, come pecca maggiore dell'intera esibizione c'è la voce che ancora una volta, con dei growl fuori luogo, risulta essere non all'altezza della situazione! VOTO:6 Dopo una dose di musica abbastanza estrema, a rilassare il pubblico giungono i Nightward. Ovviamente basta ascoltare la prima nota del suddetto gruppo, per rendersi conto che bisognerà attendere un'altra mezzora prima di poter trovare quel rilassamento di cui si parlava prima. Ebbene, i Nightward si propongono come la band più violenta dell'intero festival, propinando a più non posso un death metal tra i più intransigenti. Solo in sporadiche occasioni, il 'tiro' della band, cede il passo a brevi rallentamenti... per il resto, il gig del gruppo è una unica cavalcata potente ed imperiosa, sostenuta da una discreta bravura tecnica e da una buona tenuta del palco. I Nightward riescono ad essere anche coinvolgenti nei confronti del pubblico anche se per il tipo di serata, credo che il genere da loro proposto risulti un pò ostico e poco digeribile. VOTO: 6,5 Con l'andare avanti della serata anche il pubblico viene avanti! Infatti, appena i Bloody Mary giungono sul palco, chi ancora sonnecchia sulle gradinate del Rolling decide di farsi vivo di fronte al palco e di partecipare al trascinate show che sopra vi si consuma. I Bloody Mary attaccano senza fronzoli le loro canzoni con un attitudine davvero esplosiva e all'ingresso del singer si capisce subito che questi ragazzi sfonderanno quanto prima. La musica è eccellentemente suonata e lo spettacolo è sensazionalmente attraente e coinvolgente. Il genere proposto è tra quelli di moda in quest'ultimo periodo, ossia un gothic/dark/wave '80 ma molto più ruvido dei classici del genere (vedi The 69 Eyes su tutti, ma anche To/Die/For, Entwine, Love Like Blood, etc...). Quello che c'è da sottolineare in merito all'esibizione del gruppo in questione è la grande capacità di fare spettacolo e di far divertire il pubblico (che tra l'altro sembra essere evidentemente molto affezionato alla band!) e al di la dell'originalità (pochissima o nulla, direi) delle canzoni proposte, il grande carisma dell'eccentrico cantante e la bravura dei rimanenti musicisti (cosa, quest'ultima, molto rara nel tipo di musica proposta), che fanno sì da lasciare un bellissimo ricordo della mezzora più danzereccia di tutta le serata. Veramente bravi. VOTO: 7,5 A questo punto la gente sembra essere appagata...si sono divertiti in molti ascoltando della musica varia ed interessante, ma il bello deve ancora arrivare...e non si fa attendere molto! Quattro loschi figuri fanno ingresso sullo stage in punta di piedi ma la loro comparsa genera la gioia dei presenti... iniziano le prime note della loro musica ed il pubblico inizia a dimenarsi. Giunge il momento di cantare le prime strofe, ma manca qualcuno! Nessun problema! Dalla balconata del Rolling inizia puntuale il cantato e con un boato, il pubblico accoglie sul palco il quinto elemento mancante: lui è Danny Glick e loro sono i Silence. Nel loro breve show, i cinque propongono il meglio della loro produzione. Tutti i classici (o quasi) del gruppo trovano posto nella mezzora di musica che i Silence propongono. Mezzora è forse poca per un gruppo così, ma basta alla gente che non ha mai visto un loro concerto, per capire di che pasta essi siano fatti. La band è ormai matura per compiere il grande salto ed ottenere la meritata dose di successo. A livello musicale, i Silence propongono un ottimo metal classico sulla scia dei maestri del genere, quali Iron Maiden e Queensrÿche, anche se il tutto viene condito da una massiccia dose di originalità, dovuta per lo più al grande bagaglio musical/culturale dei cinque componenti ed all'interpretazione dell'istrionico frontman. Lo show è potente ed esplosivo, il pubblico è carico all'inverosimile e canta all'unisono tutti i brani proposti dal combo milanese. L'esibizione si conclude nel migliore dei modi, vale a dire con la cover della mitica "Hail And Kill" dei Manowar, sulle note della quale scoppia la bagarre! Inizia un mega pogo sfrenato che coinvolge l'intera sala, mentre sul paco fanno il loro ingresso almeno 10 musicisti e cantanti di tutti gli altri gruppi esibitisi durante la serata. Al di qua ed al di la delle transenne è il delirio: jam infuocata e pogo selvaggio fanno del Rolling una bolgia infernale e fortunatamente non avviene ciò che inevitabilmente di li a poco sarebbe potuto accadere, ossia lo stage diving di alcuni fan infiltratisi sul palco. Ragazzi che pazzia! Unica pecca di tutto lo show è stata, forse, l'acustica ed il mixaggio (problema che ha afflitto un pò tutti i gruppi), ma vi assicuro che in pochi ci hanno fatto caso. VOTO: 8,5. Ultima band prima dei DGM è quella dei Derdian. Il gruppo fa il suo ritorno sulle scene dopo alcuni anni di gravi problemi di formazione. Quella del Perpetual Moonshine è la prima data dopo la rifondazione e c'è molta curiosità di vedere come sarà questo nuovo ciclo. Nonostante l'assenza dalle scene, i Derdian dimostrano, vista la loro posizione in scaletta, di avere ancora parecchio seguito e certamente la loro performance risulta essere all'altezza delle aspettative dei più. La musica proposta è un misto di power/epic e di atmosfere sinfoniche che vanno a comporre un sound compatto e molto piacevole in fatto di melodia e tecnica. Come più volte confermato dal gruppo stesso, le maggiori influenze musicali dei Derdian vanno ricercate principalmente in Symphony X e Rhapsody e da ciò che dimostrano sul palco non gli si può dare torto (uno dei membri fondatori, il tastierista Garry, è visibilmente un devoto seguace dei suoi esimi colleghi dietro ai tasti d'avorio delle band menzionate). L'esibizione è molto coinvolgente anche se sono ancora evidenti i punti non limati dell'intesa tra i vari nuovi musicisti. In ogni caso ciò che manca ai Derdian di oggi è di trovare un pizzico di maggiore personalità ed originalità, oltre che di suonare tanto insieme... sono convinto che in quest'ultima ipotesi per il futuro dovrebbero esserci tante soddisfazioni per il pubblico e per il gruppo stesso. VOTO: 7,5. Prima di andare tutti a casa, c'è la passerella DGM... appena mezzora di musica per presentare alcune canzoni del loro imminente quarto album in studio. Come detto, non intendo soffermarmi sulla loro prova perchè considero la presenza del gruppo capitolino come il nome di richiamo per una serata dedicata ai gruppi emergenti di una certa scena italica, gruppi che, a prescindere dai DGM, hanno dimostrato di avere un proprio seguito e di riuscire abbastanza bene nel compito di riempire di pubblico un luogo di culto per il rock, quale è il Rolling Stone di Milano. In definitiva, si è trattato di una bellissima serata; una festa della musica dove tutti hanno dato il meglio di sè conseguendo un risultato sostanzialmente più che positivo.

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