PARADISE LOST
Sono ormai divenuti una presenza regolare sul suolo italico (terza volta negli ultimi sei anni), stavolta a supportare l’uscita dell’ultima opera 'Tragic Idol'; l’intro in pompa magna con tanto di trombe ad annunciare la discesa in campo degli albionici Dei del gothic doom non poteva non essere meno trionfante. Con tutto il rispetto per i cinque lustri di storia del gothic doom la scelta del fonico non poteva essere peggiore, un frastuono infernale ci dà il benvenuto, suoni ovattati ed in saturazione si sovrastano senza nesso logico in "Widow"; "Honesty In Death" presenta un Nick Holmes che sembra un incrocio tra Dorian Gray e Sansone, accorciando i capelli riacqusita la giovinezza, mentre il Steve Edmonson con il pizzetto imbiondito sembra fuoriuscito dai Righeira. "Erased", con il ritornello I don’t know anyone tratta da 'Symbol Of Life', ha quella magia che ci ha fatto tornare in mente vecchi fasti trascorsi in solitudine, lontati dagli affetti e dalle persone care. "Enchantment" strappa cori a go-go, ma inciampa in un incidente tecnico che per poco non ne inficia la riuscita mentre il sound continua ad essere non all’altezza. "Soul Courageos" è un goth'n roll in chiave minore con la voce che continua a rimanere nella terra della regina; "Praise Lamented Shade" con il suo hook The world can see the reason I believe ed un grandissimo refrain ci trasporta in uno stato di vita sospesa ma ci pensa, ancora una volta, la voce a rovinare tutta l’atmosfera che si era creata; god save the voice of nick holmes (in studio) e la metà del pubblico che manifestava il proprio dissenso ne è stata la testimonianza. "AS I Die" ci riporta ai vecchi tempi quando i PD erano più tellurici; "One Second" fa irrompere i suoni alla Depeche Mode nella loro produzione, quelli della svolta criticatissima dai fedelissimi fan. "Tragic Idol", dall’omonimo ultimo parto, scandito da un intro new wave, possiede un riffing compatto e granitico e mostra una band in ottimo stato di forma. "The Enemy" aperto da tastiere orrorifiche e dalla frase Why can’t you say say sorrow è stato l’apice esecutivo e d’atmosfera tra i brani eseguiti fino a quel momento. Una sosta per riprendere fiato e bagnarsi le gole secche ed eccoli rientrare per fare un doppio salto, prima indietro nel tempo fino a raggiungere 'Icon' con il suo "Embers Fire", e poi ritornare ai giorni nostri e presentare un’altra traccia dal nuovo lavoro: "Fear of Impending Hell" che evidenzia una sezione ritmica corposa e terremotate, ma fa sempre da contraltare la voce al di sotto di ciò che gli riesce in studio (miracoli della postproduzione!). "Faith Divide Us Death Unite Us", grandiosa piece de resistance di monolitico gothic doom carico di groove è stato un altro dei punti di forza di tutto il live. Come pensiero finale: band a parte, abbiamo assistito ad uno spettacolo di karaoke dove a fare la parte del protagonista è stato un emerito sconosciuto il cui mestiere non è quello di cantare dal vivo. 01. Widow 02. Honesty in Death 03. Erased 04. Enchantment 05. Soul Courageous 06. In This We Dwell 07. Praise Lamented Shade 08. Pity the Sadness 09. As I Die 10. One Second 11. Tragic Idol 12. The Enemy Encore: 13. Embers Fire 14. Fear of Impending Hell 15. Faith Divides Us - Death Unites Us 16. Say Just Words
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