OPETH
Nella magica cornice del Teatro Romano di Ostia Antica si è tenuto il concerto che ha chiuso la stagione estiva del metal capitolino (28 settembre), e chi meglio degli Opeth potevano officiare tale kermesse al termine del loro tour Europeo! Ad onor del vero il concerto è stato in forse fino all’ultimo istante, non tanto per la mancata presentazione delle band o per problematiche logistiche, ma perché tutto attorno si stava scatenando un temporale ed essendo il teatro completamente all’aperto non ci sarebbe stata possibilità di riparo, ma fortunatamente la brezza marina ha tenuto a debita distanza i nuvoloni minacciosi. Purtroppo un contrattempo ci ha impedito di presenziare al set dei The Vintage Caravan e ce ne scusiamo. Gli svedesi ci hanno omaggiato con una carrellata di brani che trasversalmente ha toccato quasi tutta la loro ultratrentennale carriera, segnata da 13 dischi sulla lunga distanza e caratterizzati da un death metal pesante, progressivo e psichedelico prima di virare, nelle ultime produzioni, a lavori più morbidi ed acustici. Dopo l’intro sono partiti spediti e col piede pesante in “Demon Of The Fall” e subito dopo uno degli zenith del set: “Ghost of Perdition”; a seguire la cavalcata di 16 minuti di “Hjärtat vet vad handen gör”. Si torna a pestare duro con “The Leper Affinity” che non sarà l’unico estratto da ‘Blackwater Park’, fino ad approdare ad un'altra perla del loro repertorio: “Reverie/Harlequin Forest” altro brano dalla breve durata (11 minuti) in cui asfaltano, carezzano, ci caricano di stop and go a manetta, insomma di tutto un pò. Un attimo di relax per far riposare i padiglioni auricolari con la doppietta “Nepenthe” e “Hope Leaves” e si riparte con i crescendo e diminuendo della settantiana “The Devil's Orchard”, in successione un altro classico con chitarra acustica: “Harvest” che precede di The “Lotus Eater” un’oscura cavalcata carica di growling, parti veloci e telluriche prima dei bis che si aprono con la groovy e stoner “Sorceress” per chiudere con “Deliverance” e le sue montagne russe, summa della carriera degli svedesi ed il giusto epilogo di un concerto che definire straordinario è limitativo. Se proprio dobbiamo trovare il pelo nell’uovo il growling di Mikael ha perso la cavernosità dei dischi shiftando verso parti più rocciose, le clean vocals sono rimaste tali mentre la band non sbagliava un colpo. La loro carrellata non ha scontentato nessuno, fan vecchi e nuovi hanno risposto presenti facendo sfiorare il sold out. Una volta ancora Mr. Akerfeldt ha messo in luce le proprie doti cabarettistiche e di intrattenitore, in ogni intermezzo non ha perso occasione per deliziarci con battute, piccoli spaccati di vita degli svedesi e botta e risposta con il pubblico. Una vera e propria festa di fine estate.
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