NADJA
Lode ai ragazzi del Dal Verme che organizzano dei concerti-chicche molto di nicchia, come d’altronde la loro sala concerti permette; a raccontarlo non ci si crederebbe: 10 x 4 metri sono la lunghezza e la larghezza della stanza, per una capienza massima di 50/70 persone abbastanza ben stipate. I Nadja sono un duo statico (nessuna concessione allo show inteso come performance teatrale o interazione col pubblico) composto da Aidan Baker (chitarra) e Leah Buckareff (basso), quest’ultima è stata per tutto il concerto con le spalle rivolte al pubblico (timidezza?). Come ogni concerto che si rispetti vige sempre la legge di Murphy, cioè visuale palco coperta al 50% causa stazionamento di fronte a noi di un colosso che ci ha oscurato metà palco. Sulla scena da almeno due lustri, hanno al loro attivo una miriade di produzioni (cd, ep, split, compilations) per diverse piccole etichette, contraddistinte da scenari ambient doom postcore strumentali, dilatati e psichedelici sui quali fluttuano chitarra e basso distorti a mo di viaggio nel sogno, dove l'elettronica e una drum machine soffusa scandiscono tempi onirici. Per dare un idea del wall of sound degli americani provate a dilatare in maniera psichedelica il suono dei Godflesh rallentandone i ritmi e la marzialità della drum machine; nell’esposizione dei Nadja non vi sono dei veri e propri crescendo ma ciò che aumenta d’intensità è il livello del rumore bianco di fondo sul quale si innestano le distorsioni di chitarra e basso. In alcuni brani la chitarra è stata suonata con l’archetto del violino per creare quel continuum di suono che altrimenti non sarebbe possibile ottenere. Il pubblico è stato narcotizzato da questi loop/drone di suono che si propagava all’infinito senza smorzarsi mai (refrain); a metà concerto il volume si alza di colpo, parallelamente aumenta la marzialità dei ritmi di batteria e il concerto si trasforma all’improvvisio in uno tsunami di suono. Quarantacinque minuti senza interruzione di pura ipnosi indotta. Ps. La foto è per gentile concessione di Edo Tetsuo.
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