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MOONSPELL

Nei primi anni '90, in Portogallo, muoveva i suoi primi passi una band dall'aspetto misterioso e persino lugubre, amante delle leggi della Natura, ma soprattutto profondamente legata ala propria terra d'origine. Muoveva i suoi primi passi dando alle stampe, qualche anno dopo, un album che sintetizza alla perfezione la propria fisionomia ed il proprio impeto combattivo. Con un album imprenscindibile per la storia non solo della componente dark dalle atmosfere gotiche del metal, ma dell'intero circuito metal generale, quale 'Wolfheart', seguito l'anno successivo da un alltro tassello fondamentale della loro carriera come 'Irreligious', di cui ancora oggi le canzoni aizzano le masse in maniera considerevole, i Moonspell marchiano a fuoco in modo indelebile la loro presenza nel mondo metal, stendendo negli anni a venire una quantità di veli musicali oscuri densi di profonda inquietudine. A vent'anni di distanza e con una carriera musicale impeccabile, la band lusitana vuole ricordare attraverso un tour i momenti fondamentali della loro storia, proponendo nello specifico al Live Music Club di Trezzo sull'Adda (MI) nella serata di domenica 2 ottobre uno 'Special Vintage Show', che solo dal nome dovrebbe far accorrere a grandi masse gli appassionati nella celebrazione dei brani che hanno fatto la storia di questa band. 

A fare da piacevole antipasto a questa speciale serata, con una presenza di pubblico ancora risicata, ci pensano gli svedesi Eleine, che sono una symphonic metal band attiva solamente da qualche anno e che hanno pubblicato nel 2015 il loro omonimo debutto discografico. La band deve il suo nome proprio grazie alla procace cantante che, insieme al resto del gruppo presente in vesti uniformi e piuttosto eleganti, si presenta sul palco come una sinuosa danzatrice del ventre bardata di tatuaggi, e rendendo quindi lo spettacolo ancora più affascinante e stuzzicante. Il loro symphonic è sui generis, miscelando aggressività, potenza, melodia e pathos atmosferico. Le linee musicali sono buone e si adagiano sulla base tastieristica che Sebastian Berglund prodiga a profusione. E la presenza di Eleine non è solo fisica, ma possiede anche certe qualità canore che la rendono interessante; la sua voce si presenta sempre lineare, ben impostata, non eccessivamente potente dal punto di vista lirico e di tonalità, ma senza particolari sbavature. Ma il pubblico, soprattutto quello maschile, viene attirato di più dalle sue movenze da odalisca del Medio Oriente, da prediletta di importanti califfi persiani, pronti a tutto pur di accontentare la bella. Inoltre, la sua voce viene alternata da un buon growl del chitarrista RIkard Ekberg, il quale tra un pezzo e l’altro intrattiene il pubblico con un’enfasi estremamente tenebrosa, pur dicendo cose normalissime. La loro performance è risultata di buon livello, e potrebbero iniziare a giocare le loro carte nel panorama del symphonic metal.

Dal symphonic metal di stampo anche epico, si passa ad affrontare l’immersione in quelle atmosfere nebbiose, oscure, piene di rovine e di decadenza, di goticità tangibile e palpabile. E tra le band che meglio intepretano questo senso di inquietudine misto a riflessione profonda ci sono i nostri The Foreshadowing, autori quest’anno di un gioiello gothic-doom come ‘Seven Heads, Ten Horns’, destinato a diventare tra i lavori più importanti di quest’anno. E sul palco del Live Club calano le nubi, si addensa la nebbia, e le note di “Ishtar” introducono la suprema “Fall Of Heroes”, dove fa capolino come dalla cima di una scogliera o di una montagna contornata da foreste la superba voce di Marco Benevento che non lascia scampo alcuno. Come non lasciano scampo le ritmiche di batteria da parte di Giuseppe Orlando, tra i timonieri indiscussi della band. “New Babylon” viene interpretata sì bene, ma non con la stessa cattiveria e vigore che invece è ben presente sul disco. Ma questa è l’unica piega di flessione in uno show dalle atmosfere ficcanti e densissime, con la band che propone pezzi anche dal precedente ‘Second World’ e dal bellissimo debutto ‘Days Of Nothing’ e la title-track di 'Oionos', ad aggiungere ancor più bellezza gotica. È anche vero che, in particolare nell’ultimo disco, il sound risulta maggiormente carico e con un vigore più sostenuto, rimanendo sempre nei canoni del decadentismo che è il vestito principale della band. Ma non è neanche da discutere che questa prestazione live abbia avuto una prestanza emozionale notevole.

Nel frattempo la quantità di persone è visibilmente aumentata, e ciò fa crescere ancor più l’attesa per una band che già l’anno scorso in Italia ha dato prova di essere ancora in una forma smagliante, grazie al successo ed all’ottima fattura di un album come ‘Extinct’. Ma questa volta il contesto è differente, si parla di ‘Special Vintage Show’, e tutto fa presagire che i pezzi più recenti vengano messi da parte a favore di gemme di repertorio che ripercorrono la storia più fulgida dei Moonspell. La scenografia è minimale, spicca solamente un telo di medio-grandi dimensioni dove campeggia una luna piena. Ma solo quest’elemento è sufficiente perché si trascorra una serata che difficilmente verrà dimenticata. La band lusitana sale sul palco prontissima e carica per un evento denso di emozioni. Fernando Ribeiro affronta il microfono con la consueta bramosia e l’irreprensibile voglia di gridare al mondo che i veri lupi sono loro. Si inizia con “Wolfshade” ed il pubblico è già in delirio. Ribeiro con tanto di asta del microfono e Aires Pereira con le sue corde di basso sono indemoniati nel muoversi e nel rotearsi a ritmi vertiginosi. La voce di Fernando risulta da subito limpida nella sua impenetrabile oscurità, e la band è completamente compatta. Si continua con “Love Crimes” seguendo sempre lo stesso copione: affrontare i brani come se non ci fosse un domani, distribuendo passione musicale verso ogni angolo della platea. Quando si capisce che i pezzi successivi sono “…of Dreams And Drama”, “Lua d’Inverno” e “Trebraruna”, una domanda dal più recondito angolo del cervelletto sorge spontanea: ma non che i Lupi lusitani mi sciorinano tutto ‘Wolfheart’ dall’inizio alla fine? E in effetti, quando Ribeiro torna sul palco dopo una breve pausa bardato del suo classico mantello, interpretando le note della paurosa “Vampiria”, si palesa nei nostri corpi la sensazione che qualcosa di magico stia accadendo. ‘Wolfheart’ interpretata per intero, e l’emozione invade gli occhi di ognuno. Il colore predominante di “Vampiria” è il rosso, quel rosso sangue incredibilmente acceso che incornicia il contesto terrificante che il brano rende tangibile. Dopo aver ripescato addirittura la bonus track “Ataegina”, tratta dalla ristampa dell’album del 2008, e dopo un’ottima “An Erotic Alchemy”, ecco scatenarsi la folla al ritmo incalzante di “Alma Mater”, con il sottoscritto che a momenti invade il palco a forza di headbanging; un brano dalla potenza disumana che spazza via come un uragano ogni velleità di tranquillità.

Qualcuno potrebbe pensare che qualce brano più recente venga proposto, ma quando la band torna sul palco questi pensieri vengono prontamente smentiti. Perché i Moonspell tornano suonando “Opium”. Ed è di nuovo delirio, tutta la folla canta festante ed asseconda i movimenti di Ribeiro come un corpo all’unisono. Dopo “Opium” la musica rimane, e sono le tastiere di Pedro Paixao a ricoprire come un mantello scarlatto lo stage del Live Club. Sono le tastiere che introducono “Awake!”, e un’altra domanda sorge spontanea: ma non è che, dopo ‘Wolfheart’, vogliano fare tutto ‘Irreligious’? La risposta alla domanda è presto detta: dopo “Awake!” è la volta di “For A Taste Of Eternity”, “Ruin And Misery” e “A Poisoned Gift”. Sì, faranno anche tutto ‘Irreligious’, per una serata assolutamente indimenticabile. Sulle note di “Raven Claws” il pubblico salta imbizzarrito, e sugli scudi si presenta la chitarra inebriante di Riccardo Amorim, praticamente perfetto per tutta la serata. Ci si avvicina verso il termine non solo dello show, ma anche delle inutili e fragili vite, perché arriva la coltre impietosa di “Mephisto”. E la malvagità si percepisce densa e pregna come la pece. Sulle note, ma soprattutto sull’ululato notturno di “Full Moon Madness” cala il sipario su uno show da ricordare negli annali. Uno show che l’Italia ha avuto l’onore di assistere in esclusiva, dato che è solo per il concerto di Trezzo che viene proposta una setlist del genere. Non si pensava uno “Special Vintage Show” di siffatta fattura. A vent'anni dalla loro pubblicazione, 'Wolfheart' e 'Irreligious' sono album che ancora oggi generano tra gli appassionati degli stimoli e delle sensazioni da cardiopalmo. Un’occasione che molto difficilmente si potrà ripetere in futuro, enfatizzando ancor di più l’orgoglio di essere riusciti ad assistere e ad essere presenti, con il corpo e con lo spirito, ad un cerimoniale del genere. Quasi due ore di musica inebriante da marchiarsi col fuoco tra gli show dell’anno. La foto della setlist spiega tutto.

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