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MONOLITHIC NIGHT

In una location ben nota a chi conosce la scena locale barese quale il Nordwind Discopub, ha avuto luogo il 13 ottobre un evento davvero succulento e interessante per gli amanti di stoner e doom. Ad aprire la serata ci pensano i Lolong, band nata nel 2012 giunta alla formazione attuale dopo diversi cambi al suo interno. I nostri si dimostrano all'altezza della situazione (non è mai facile aprire i concerti sapendo che molti degli spettatori sono lì per la band principale, motivo per cui la tensione può inficiare la performance), proponendo uno stoner con influenze hard rock davvero intrigante, energico e molto ben eseguito, e non sono l'unica a pensarla così, poiché non ero certo sola sotto il palco. I ragazzi sono tutti musicisti con una certa esperienza che hanno già militato in altre formazioni, e sul palco sono molto affiatati, il che contribuisce a creare un sound omogeneo e bello pieno, oltre che, per restare in tema con il nome dell'evento, "monolitico". Personalmente, non li conoscevo, ergo ieri sera li ho ascoltati per la prima volta anche live, e devo dire sinceramente che mi hanno fatto un'ottima impressione: la sezione ritmica, a cura di Marco Salomone al basso (già nella band hard rock Midnight Circus) e di Massimiliano Mortara dietro le pelli (Anuseye, hard blues psichedelico, e Nancy's Throat) è compatta, il lavoro alle chitarre di Fabio Florio (fra le sue varie esperienze, ricordiamo la sua militanza in svariate cover band, fra cui i Crossroad, tributo a Bon Jovi) e di Nico Masi (That's All Folks, band hard rock/stoner, ShearGodyva, gothic band), presenti anche nei backing vocals, è anch'esso incisivo e granitico, mentre a infarcire il tutto alla voce Fabio Cacace (già cantante della hard rock band Horus) si dimostra davvero un buon vocalist, graffiante, preciso, coinvolgente e potente. Premesse più che buone, direi.

A seguire un'altra band che non conoscevo e che si è rivelata una piacevolissima scoperta: The Apulian Blues Foundation, che stimo anche perché hanno usato come intro alla loro esibizione una battuta di Johnny Depp tratta da "Paura e delirio a Las Vegas", decisamente appropriata per un setlist che vuole rievocare il caldo torrido del deserto. Il gruppo consta di soli tre elementi, per altro molto giovani, sia anagraficamente che come formazione (nascono infatti solo nel 2015), eppure il loro stoner blues mi ha davvero convinta, poiché il trio crea una mistura fra i suddetti generi armoniosa e variegata, con una certa propensione più per lo stoner, visto anche il tema della serata: i ragazzi, infatti, hanno presentato molti brani nuovi di zecca e non pesenti nella loro prima demo 'Vol. 1", lavoro, questo, che presenta maggiori influenze blues rispetto ai pezzi proposti, scelta che ho trovato azzeccata, non solo perché i fan della band hanno potuto ascoltare materiale inedito, ma anche perché tale materiale era, appunto, consono e conforme all'evento. Essendoci solo una chitarra, il basso diventa non solo parte della struttura portante dei brani, ma anche uno strumento preponderante, molto presente, cosa che ho personalmente davvero gradito: Djanni (in precedenza nei psychedelic rocker CHT) non è solo un valido bassista, ma anche il lead singer della band; la sua voce è sporca, graffiante, a tratti quasi punk. Vany Lee Boy, con le sue chitarre, inclusa una cigar box guitar custom, realizzata appositamente per lui, è, a mio avviso, il maggior artefice di un sound stoner cupo, cadenzato e desertico al punto che quasi mi sentivo la sabbia rovente in bocca. L'affiatamento sul palco dei due ragazzi è dovuto anche alle esperienze musicali condivise, inclusa la prima band, fondata insieme da ragazzini. Il terzo elemento è Neetro, musicista già facente parte dei Whattafuck!? e che devo dire mi è molto piaciuto, perché in grado sia di eseguire parti più lente e cadenzate che sezioni più energiche, in cui serve pestare un po' più duro. Ho davvero molto, molto apprezzato il loro sound, e sarà un ulteriore piacere poter recensire il loo primo lavoro, il cui artwork è stato curato dallo stesso Neetro, che però al tempo non era ancora il batterista del trio: entra infatti in formazione in sostituzione di G.B. (ex HalfLight e Southern Kross).

A chiudere la serata ci pensano gli headliner The Ossuary, band dalle forti influenze doom e hard rock anni '70 formatasi nel 2014 dal sodalizio fra musicisti di tutto rispetto e dalla lunga carriera: si tratta, infatti, di un progetto nato dall'unione fra Domenico Mele, Max Marzocca (rispettivamente, chitarrista e batterista dei deathster Natron, conosciutissimi a livello internazionale sin dal 1992), Dario De Falco al basso (Natron Bacjumper, formazione hardcore attiva dal 2003) e Steve Fiore dietro il microfono (Twilight Gate, prog metal band fondata nel 2008). Nonostante il primo lavoro del gruppo sia previsto in uscita il prossimo gennaio (e una recensione su queste pagine non gliela toglie nessuno, perciò stay tuned!), la loro musica è già conosciuta e apprezzata nel circuito underground. Che dire? Sono rimasta estasiata dalla loro performance, ricca di groove e molto coinvolgente per il pubblico. I nostri propongono un interessante mix di doom metal, hard rock classico e cambi di tempo che a un'amante del progressive come me scaldano il cuore. Il lavoro dietro le pelli di Max Marzocca è incisivo, preciso, pesante, una esibizione degna della lunga esperienza al proprio strumento di un batterista dalle indubbie doti. Max è, inoltre, insieme a Domenico, il principale artefice della musica dei The Ossuary: suoi, infatti, sono i testi, nati dalla sua passione per la storia e il folklore del Sud Italia, e le linee vocali, mentre le musiche sono composte da Max e da Domenico, con un apporto negli arrangiamenti dei propri strumenti di Dario e Steve. Domenico Mele si dimostra un chitarrista dalla grande versatilità, lo si evince dalla stuttura delle sue parti e dal fatto che passi agevolmente dal suonare un death metal sostenuto con i Natron all'hard rock/doom, dalle sonorità più classiche, con i The Ossuary. Il basso di Dario De Falco è molto presente e dà corpo e struttura ai brani. Dario è il membro più giovane della band, ma il feeling con il suo strumento rivela una passione e una preparazione nel produrre atmosfere cupe e doom con lo stesso davvero notevoli e innegabili. Steve Fiore è un vero professionista, che regge il palco e trascina il pubblico grazie alla sua voce potente e incisiva, ascoltarlo è stato un vero piacere per i miei timpani. Come se il pubblico non fosse già soddisfatto, i The Ossuary hanno chiuso la loro performance alla grande, con una cover bella cazzuta di 'One For The Road" dei Judas Priest.

Come ultime considerazioni in generale posso aggiungere che, nonostante imperfezioni nell'esecuzione delle band, che per me sono comunque poco rilevanti, poiché le considero fisiologiche, il pubblico ha dimostrato di apprezzare ogni singola band, il che non è detto che debba essere sempre scontato. Una serata con i fiocchi che mi ha quasi spezzato il collo: come non esserne soddisfatti?

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