MICHEAL GIRA
Un insolito cartello, voluto direttamente da Mr. Gira, ci accoglie all'ingresso del locale: non sono ammesse foto durante il concerto perchè questo evento necessita essere vissuto nella sua interezza senza distrazioni multimediali. Che lui fosse un personaggio nonché padre putativo (con i suoi Swans) dell’industrial più estremo ed iconoclasta, non lo scopriamo certo noi; l'epopea della sua vita fatta di eccessi, violenze, esperienze estreme ed altro incute un certo timore oltre che rigoroso rispetto per quello che è riuscito a creare, infatti un silenzio composto o imposto da una figura sinistra, magnetica, imponente (come può essere un altare pagano), a volte ingombrante, nel senso che cattura e calamita l'attenzione su di lui e sulla sua chitarra (non nascondo un pò di disappunto quando ho saputo del set unplugged) che non ha lesinato litanie acustiche pregne di dolore e sofferenza. Michael sale sul palco e non accenna a suonare finchè non c'è stato silenzio assoluto; il suono della voce è grave, la ritmica marziale (data dal battere dei piedi per terra e della mano sul corpo della chitarra) che sale lenta fino a deflagrare (nel senso che aumenta il numero di plettrate), l'equivalente del sound degli Swans depurato della parte elettrica. Intrattiene il pubblico chiedendo come va la vita a Roma e alternando domande, complimenti a qualche meritevole rappresentante del gentil sesso, a frasi minacciose verso i fotografi non ufficiali e chiunque utilizzava apparecchiature elettroniche. "She Lives" tratta dal repertorio Swans è caratterizzata da un riffing incessante, urticanti sono le sue urla belluine quando i brani salgono di intensità; ha perfino dedicato un brano, da lui definito d'amore, al sapore del liquido vaginale. La sua musica può essere accostabile ad una sorta di blues come quello di Nick Cave degli esordi, malato, pessimista, ridondante, ipnotico, liturgico, tutto fuorché banale o noioso (anche se è da dire che alla lunga rischia di diventarlo).
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