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KASABIAN

Avvicinarsi ai Kasabian non è semplicissimo. Strafottenti eredi della debosciatezza degli Oasis, non lasciavano e non lasciano intendere le loro reali intenzioni: soni rock? Sono pop? Sono electro? Su disco la confusione è tanta, che coloro che cercano una facile catalogazione vanno in analisi: partiti da una sorta di rock-punk da dancefloor, hanno poi toccato psichedelia, dance e per ultimo il successo pop planetario. Gli interrogativi per chi si appresta a vederli dal vivo sono tanti, ma tutti avranno una risposta. Nella bucolica e festaiola cornice del Rock In Roma, i dubbi sono stati sciolti. Veramente facile arrivare all'Ippodromo delle Capannelle dalla stazione Termini, meno tornarci, vista l'ora, con mezzi pubblici. I die hard fans sono all'ingresso almeno dalle cinque di pomeriggio, in attesa dei cancelli in apertura un'ora e mezza dopo, per accaparrarsi i posti migliori. L'attesa dell'inizio del concerto dei Kasabian è tanta per il popolo accorso da Roma in giù all'evento, non mancano donzelle che distribuiscono profilattici e chewing gum, sponsor dell'evento. Il clima è quello della festa, lo testimoniano i diversi condom che riempiti d'aria a mò di palloncino saranno i co-protagonisti della serata. Non è mancato comunque qualche figlio di buona donna che ha ben pensato di costruire gavettoni e lanciarli a caso nella folla. Alle 19.45 in punto salgono sul palco i Monkey Weather, act di supporto agli inglesi per le date italiano. Mezzora di rock energico che più british non si può, dall'abbigliamento del trio al timbro vocale del cantante, che deve molto a Liam Gallagher. Vengono sciorinati praticamente senza pause diversi esrtratti dall'album di debutto del gruppo italiano, la scelta è audace perchè i ragazzi sanno bene che una possibilità così ghiotta di presentarsi davanti a migliaia di persone non si può buttar via, ma forse hanno spinto troppa roba all'interno della loro set list, visto che l'interesse per loro è cresciuto dai primi brani fino al pezzo di cui è stato fatto anche un video, esrtremamente catchy, per poi calare nel pezzo di chiusura. È necessario differenziare la proposta, benchè il feeling tra musicisti sul palco sia ottimo e il batterista trasmetta un'energia grandissima. Mezzora di stacco e puntuali come un orologio svizzero salgono sul palco i Kasabian, iniziando subito senza sorprese con "Days Are Forgotten", la "Immigrant Song" del terzo millennio, non per portata storica ma per effettiva somiglianza (ammettiamolo, ai limiti del plagio) tra le due canzoni. Partenza tiepida, si canta a squrciagola, ma c'è già qualche sentore che non tutto il settaggio audio sia al meglio e c'è ancora poco movimento nella folla. Subito però i colpi di bacchette scandiscono l'inizio di "Shoot The Runner", il mare di persone inizia ad ondeggiare, il basso distorto guida la danza e Tom Meighan dall'ugola non certo immacolata e men che meno perfetta, si accorge che questo pubblico darà filo da torcere al gruppo. La forza d'urto provocata è sorprendente, ai limiti del pogo durante tutto il concerto, effettivo ed un pò eccessivo durante la scatenata e assoluta protagonista del concerto "Fast Fuse". Senz'altro quelli che il 18 luglio erano nella bolgia delle Capannelle, tra ascelle pezzate e gente poco abituata a pogare, che non può che trattarsi di fottuto rock. I Kasabian riescono a catalizzare sulla loro miscela di Stone Roses, Primal Scream e rock più classico un pubblico molto eterogeneo. Ed è questa la loro qualità maggiore. Poi è indubbio che l'opinione prevalente nel pubblico è che non sia ancora arrivato il momento della consacrazione definitiva, poichè manca quella zampata da campioni che non è detto che arriverà, dipende tutto dalla band. Ma a parte queste elucubrazioni da scribacchino, è stato evidentissimo come la band avesse più botta e coinvolgimento nei pezzi dell'omonimo debutto, più adatti a fare macelli dal vivo delle melodiche e psichedeliche uscite degli ultimi tempi, che rendono il doppio su disco o che avrebbero reso molto meglio con un cantante più fresco di Meighan, a tratti stanco. Ne è prova la "Take Aim" cantata solo dal chitarrista Sergio Pizzorno, a cui erano dedicati un sacco di cori di fratellanza italiana. "Goodbye Kiss", "Where Did All The Love Go", "Let's Roll Just Like We Used To" hanno mostrato la debolezza del gruppo -fisiologica e comprensibile, sia chiaro, quando si punta tutto sull'impatto, come è stato a Roma: la prima non ha brillato pur essendo un fiore di brit pop, la seconda non ha assuefatto come nel cd, l'ultima da western rock molto epica è diventata una "Days Are Forgotten" qualsiasi. Perchè? Le tastiere sono state assolutamente inesistenti per gran parte dell'ora e mezza di concerto, coperte dal suono fastidioso dei bassi, dal volume esagerato: solo in coda c'è stato un tripudio di sinteticità fuori luogo peró nella truzza e brutta "Switchblade Smiles": ci voleva tanto a sacrificare uno dei loro pezzi più brutti per includere -toh, una a caso- "Empire"? Con la hit "Fire" si va tutti a casa, con una quantità di adrenalina in corpo da fare invidia a diversi concerti metal. Il post dei Kasabian sulla loro pagina Facebook non richiede spiegazioni: Crowd is on fire tonight in Rome!. E allora, la risposta alla fatidica domanda. Come sono i Kasabian? Ancora non l'abbiamo capito, ma dal vivo sono inconfutabilmente rock n roll, questo è poco ma sicuro.

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