JEX THOTH
Appena reduci il giorno prima nella grande kermesse musicale dedicata ai ritmi stoner-psych denominata "Up In Smoke" e tenutasi allo Z7-Konzertfabrik di Pratteln, nelle vicinanze di Basilea, in Svizzera, 4 di quelle bands hanno calcato il palco del Lo-Fi di Milano nella serata di sabato 3 ottobre, cercando di continuare a trasmettere quelle sensazioni che solo chi ha potuto assistere alla rassegna elvetica ha avuto modo di ricevere.
Hanno iniziato la serata gli olandesi Black Bone, che purtroppo chi scrive non ha avuto modo di assistere alla loro performance per impegni lavorativi.
Il sottoscritto arriva però in maniera puntuale per assistere fin dall'inizio all'esibizione degli australiani Child, i quali propongono i brani tratti dal loro omonimo album di debutto, uscito l'anno passato. E dall'inizio alla fine è tutto un ensemble di stoner psicheledico, che rimanda molto ad atmosfere e suoni di tipica età settantiana, con le liriche declamate dal chitarrista Mathias Northway. La resa dei suoni è molto buona, tutti e tre i componenti sono sembrati essere a loro agio e in qualche modo protagonisti della scena, senza quindi tralasciare qualcuno come semplice comprimario. L'apprezzamento del pubblico è stato generalmente ampio, grazie alla loro qualità musicale, che fa in modo che chi inizia ad ascoltare questi suoni, con il passare del tempo cerca di farseli propri nella mente e si fa prendere bene, entrato ormai nel tunnel creato dai Child stessi. A parere di chi scrive, performance di notevole rilievo.
A seguire, si cambia notevolmente verso, e dalle tonalità ricamate di suadente psichedelia dei Child, si passa alla più sana ignoranza hard rock con striature thrash prodotta dagli statunitensi Valient Thorr. Già fin dalle prime note, vengono accolti calorosamente dal pubblico presente (nell'ordine di una sessantina circa di partecipanti), il quale sembra conoscere in maniera approfondita i brani più importanti della discografia dei Valient Thorr. Prima di ogni brano, il vocalist e leader Valient Himself fa un'introduzione molto concitata, spiegando il significato dei singoli brani che attraversano storie davvero allucinate e surreali. Se come presenza scenica sono risultati sicuramente impattanti, nonostante la discutibile scelta delle calzature del bassista Nitewolf Strangees (una scarpa ed una ciabatta), dal punto di vista musicale onestamente non si è stati di fronte ad una performance indimenticabile, anzi. Sonorità pesanti ed anche un po' confusionarie che, dopo un po', tendono a farsi abbastanza fastidiose. Solo sprazzi di buon hard rock, che però non sono qualitativamente supportate dalla voce di Valient Himself. Va bene un po' di sana ignoranza, ma che sia quantomeno organizzata e facilmente assimilabile dagli ascoltatori. Eppure hanno fatto breccia verso gran parte del pubblico. Contenti loro...
Ora però fermi tutti, perché è arrivato il momento di agghindarci di drappi oscuri ed immergerci nelle tenebrose trame occulte che da alcuni anni a questa parte gli statunitensi Jex Thoth costruiscono per il piacere del nostro inconscio. Scenografia assolutamente minimale: fari rossi mediamente accesi a fare da controluce, candele posizionate in precisi punti del palco, e nient'altro. Il tutto per dare sfoggio al cerimoniale ossianico che la sacerdotessa Jex, assieme ai suoi seguaci, celebra per la gioia dei commensali disposti davanti al palco. La voce di Jex, di qualità e impatto assoluti, ci avvolge di atmosfere che esulano dalla vita quotidiana, che richiamano sensazioni che solo viaggiando nella propria mente si possono raggiungere. E la sua avvolgente presenza è accompagnata da una prestazione musicale di buon livello, grazie alle linee di tastiera altamente spirituali di Shane Verwey ed alle note tenebrose di chitarra da parte di Nico Kain, spesso e volentieri felicemente supportato dalle seducenti movenze di Jex al suo fianco, praticamente un cobra, un serpente a sonagli che non ha bisogno di qualsivoglia incantatore. E' lei che incanta.
Alle sonorità relativamente più tranquille si sono alternate sezioni più di stampo doom raccogliendo note sin dai bassifondi della terra, le quali hanno permesso a qualcuno di esibirsi in headbanging neanche tanto esagerati, ma giusto accennati. Sinceramente dal punto di vista acustico non c'è stata una resa davvero ottimale, forse per essermi stazionato davanti al palco, dato l'interesse mio nei loro confronti, e che molto probabilmente sarà stata migliore qualche metro più addietro. Pochi applausi, ma ben dosati, per sentire ancora di più l'atmosfera emanata; poche anche le espressioni di giubilo durante lo show, come ad esempio all'attacco di "Separated At Birth", ma riservate tutte alla fine, per un'esibizione che in un'oretta circa ha messo d'accordo molti.
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