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GODS OF METAL 2007<br>Part I

[INTRO] L'appuntamento annuale del GOM si svolge per la seconda volta all'Idroscalo, quella che ormai sembra possa essere la location definitiva dell'evento considerate le aspettative e relativi risultati finali. Una prima parte, questa del 2007, che nonostante le intemperanze meteo, ed una scaletta quella di sabato assolutamente migliorabile, ha avuto un discreto successo di pubblico. Pioggia al sabato, sole alla domenica. Fango, acqua, freddo, caldo, sete ed ancora fango del giorno prima hanno battezzato un fine settimana tutto sommato piacevole in cui, al di là dei gusti personali, tutte le band che si sono esibite lo hanno fatto con discreta partecipazione. Cosa che si può dire anche dal pubblico...da metà arena in avanti. Infatti, se quella parte ha sfidato la pioggia durante il primo giorno, l'altra, quella delle fighette mammone, ha pensato bene di recarsi al festival munita di ombrello disturbando, infastidendo chi voleva godersi lo spettacolo(e pensare che all'ingresso le forze dell'ordine ti perquisiscono, e ti fanno buttare via il tappo delle bottiglie, mentre entri con un'arma vera e propria in mano). Ma io mi chiedo: andate ad un festival con l'ombrello? E continuo a chiedermi: cosa cazzo riuscite a vedere con tutti gli ombrelli aperti, oltre a rompere le palle agli altri? Meglio restare a casa, ed ascoltarsi un cd che, praticamente, è più o meno la stessa cosa. Non trovate? Tanto non si vede un cazzo. Per non dire di quelli che il giorno dopo giravano con l'abbronzante in mano, spalmandoselo sulla pellicina ina-ina. Ma andate affanculo, andate. L'anno prossimo fatevi il festival di Sanremo, al coperto ed al calduccio. Nota finale per le foto di Motley Crue ed Heaven And Hell le quali non sono certo il meglio che si possa scattare. Questo a causa della volontà delle band(?) di non volere l'utilizzo del flash durante l'esibizione. Scelta opinabilissima ed incomprensibile se si considera che giusto mezzo metro più indietro dal pit dedicato ai "fotografi", la folla poteva beatamente utilizzarlo. Quale la differenza? E, permettetemelo, un sonorissimo vaffanculo a quel tipo pelato, fotografo di non so quale testata, che arriva puntualmente in ritardo quando già le band iniziano l'esibizione, e lui che inveisce contro chi fotografa perché non riesce a trovare il posto che avrebbe voluto. Lui col suo bel cannone fotografico, mentre noi poveri mortali con le macchine fotografiche, letteralmente, a sua detta, "di Barbie", gli rubavano gli spazi. Oh, vaaffanculo. Vai anche tu a Sanremo che li ti danno anche la poltroncina. Comunque, in attesa della seconda parte in cui si prospetta un vero putiferio di gente con l'arrivo di Ozzy, ce la siamo spassata lo stesso. E questo, in definitiva, è quello che conta. [Emo] 2 GIUGNO [PLANETHARD] Non posso negare di essere stato particolarmente felice alla notizia che annunciava l'affidamento del ruolo di opener della giornata del 2 giugno del Gods Of Metal ai Planethard, un quartetto che in più occasioni ho avuto il piacere di sostenere assaporandone la marcata qualità esecutiva e compositiva, entrambe ben rimarcate anche in un sabato mattina intriso di nubi che, ovviamente, facevano già presagire a quello che sarebbe stato in seguito un discontinuo rovescio di pioggia sulle lande dell'idroscalo milanese. Ovviamente limitati nel poco tempo a disposizione, il quartetto guidato da Marco Sivo ha proposto quattro dei brani che andranno a comporre il debut album "Crashed On Planethard", raccogliendo entusiastici pareri tra un pubblico sicuramente incuriosito dalla grande energia emanata da questi quattro new-comers, bravi nel destreggiarsi a dovere su un palco importante come quello del più noto festival italiano. "You Got The Fire", "Unchian My Heart", "Kill Me But First Kiss Me" e "You Know Who You Are" sono i quattro titoli prescelti per dare il via alle danze sonore della giornata conclusa da Scorpions, Velvet Revolver e Motley Crue, quattro raggianti composizioni in grado di strappare i convinti applausi di un pubblico già abbastanza numeroso nonostante l'appena avvenuta apertura. Promossi a pieni voti, ora attendiamo con fiducia l'uscita sul mercato dell'interessante debut cd. [Zorro11] [GLYDER] Sinceramente quella dei Glyder è una scelta che il sottoscritto ha faticato notevolmente a comprendere, prima di tutto a causa della totale inadeguatezza della proposta del gruppo europeo (ancorata su un rock 'n' roll sinceramente moscio e poco interessante), ed in seconda battuta per la scarsa qualità espressiva proposta dal singer Tony Cullen, un frontman eccessivamente monocorde incapace di trainare al meglio la già poco incisiva musica dei propri compagni di viaggio. Probabilmente i Glyder su cd suoneranno indubbiamente meglio, ma per quanto concerne la presenza dal vivo l'impatto è stato tutt'altro che entusiasmante, cosa del resto confermata anche dai lesinati applausi offerti dagli ormai numerosi presenti. Né carne né pesce, o semplicemente pesci d'acqua dolce gettati in una laguna di acqua salmastra: sinceramente meglio l'intervento in apertura di Frate Cesare. [Zorro11] [ELDRITCH] Quadrata e possente la band toscana. I suoni sono già puliti nonostante la posizione nel bill non sia delle migliori, ed ottima performance. Holler sugli scudi il quale tiene alla grande il palco cercando costantemente la partecipazione di un pubblico che si mostra in buona parte stimolato solo dietro sollecitazione. Eppure gli Eldritch impattano con un'ottima scaletta che propone qualche vecchio brano, e tracce dall'ultimo disco, "Blackenday", che rendono anche dal vivo. Menzione particolare per "The Blackned Day", dedicata ad un giovane fan della band morto giorni prima, e la cover sul finire di "From Out Of Nowhere" dei Faith No More che chiude un live set di tutto rispetto, 35 minuti all'insegna di una band ormai matura, che sa bene quello che vuole, e che merita tutta l'attenzione che riceve anche oltre confine. [Emo] [TIGERTAILZ] Attendevo con particolare curiosità la prova dei rinnovati Tigertailz, vuoi perché ritengo molti dei loro brani una sorta di eccellente portata da servire al pubblico dal vivo, puoi perché l'incedere catchy di alcuni loro ritornelli non rende nemmeno troppo complicato il coinvolgimento dei tanti presenti sotto il palco, i quali di certo non avrebbero lesinato la propria voce di fronte a chorus tutti da cantare. Purtroppo, e dico purtroppo, l'operazione Tigertailz non è andata completamente a buon fine, e ciò in particolare per quanto concerne i primi brani legati all'esibizione dei comunque divertenti glamsters, leggermente falcidiati da una qualità sonora tutt'altro che esaltante. Ma quello che ha indubbiamente influito più di tutto sull'esibizione di Kim Hooker e soci è da ritrovarsi in un eccessivo utilizzo di parti strumentali e cori campionati, una scelta che ha finito per penalizzare in maniera indubbiamente elevata la genuinità di quello che dovrebbe essere un concerto dal vivo, rendendo il tutto quasi plastificato e poco credibile, e finendo così per lasciare più di un punto interrogativo sul reale valore di un gruppo come i Tigertailz. Certo la voglia di rockare non è mancata, fattore confermato dal grande apprezzamento messo in campo dal pubblico relativamente all'esecuzione dell'irriverente "Love Bomb Baby", ma la sensazione finale è sempre quella di avere a che fare con un qualcosa di incompiuto, manco fossimo qui a parlare dell'incostante storia musicale dei Tigertailz stessi. Ma questi sono altri discorsi, per cui passiamo ai White Lion... [Zorro11] [WHITE LION] Non posso esimermi dal sostenere di attendere al varco questa nuova esibizione dei "White Lion" (le virgolette non sono a caso), il tutto a causa di un tutt'altro che convincente concerto vissuto in quel di Bologna non molti mesi fa, una serata che aveva messo in mostra una band dai grandi limiti e un Mike Tramp in chiaro (e preoccupante) debito vocale. Ma al Gods Of Metal le cose sono state indubbiamente migliori, vuoi per il maggior agio probabilmente vissuto da Tramp nei confronti di un evento di grosso calibro (per i più distratti ricordo che sulla fine degli anni ottanta il leone bianco era solito riempire un po' ovunque stadi ed arene), vuoi per una band giovane che, finalmente, ha potuto rodarsi e iniziare a farsi finalmente le ossa, dimostrando di valere qualcosina di più rispetto a quel disarmante pochismo intravisto dal sottoscritto nella terra dei tortellini. Il concerto del gruppo americano, dilatatosi per una cinquantina di minuti circa sul palco dell'idroscalo milanese, ha regalato all'oramai affollato sotto palco un'appagante dose di quelli che sono stati i maggiori classici ad opera della vecchia accoppiata Tramp/Bratta, quest'ultimo purtroppo sostituito (non mi stancherò mai di ripeterlo) da un axeman assolutamente inadatto e che nulla ha da spartire con il pulito tecnicismo del sorprendente Vito, il tutto a causa di un tocco eccessivamente moderno e poco consono al genere. Tra le esecuzioni migliori non posso tralasciare l'ottima apripista "Hungry", la coinvolgente "Wait", la sostenuta "Lady Of The Valley" e la sorridente "Tell Me", quest'ultima cantata a squarciagola da tutto il pubblico presente. Una buona prova on-stage, completata anche da una non eccelsa ma positiva performance di Tramp dietro il microfono. Promossi senza lode insomma, anzi direi agli standard sindacali. [Zorro11] [THIN LIZZY] Insomma, reunion farsa. Diventa quasi una beffa quando sul palco non si vede manco Darren Wharton, ma che concerto! Sensazione strana. E' come assistere ad un concerto dei Motorhead senza Lemmy, o ad uno degli Wasp senza Blakie. Senza il mai troppo rimpianto Lynott diventa assurdo associare la band vista al GOM ai Thin Lizzy. Una grande cover band, però. Non c'è che dire. Sykes voce e chitarra(timbrica sorprendentemente simile a quella di Phil), Marco "con chi suono stasera" Mendoza al basso, Tommy Aldridge batteria, Scott Gorham(storico membro), chitarra. Più una super band, per dire. E c'è da aggiungere che con Aldrige in formazione anche Raul Casadei avrebbe fatto una gran figura al GOM, ma concerto, ripeto, davvero esemplare. Sykes si concede qualche licenza, a rimane nel contesto. Molti i classici sfoderati, da "Black Rose" a "Suicide"; da "Cowboy Song" a "Cold Sweat", a "The Boys Are Back In Town". Magistrali, gente che domina il palco e conosce alla perfezione cosa chiede, e come coinvolgere il pubblico. Vecchi leoni, sempre giovani. Ma i Thin Lizzy non sono questi. Phil ci manchi. [Emo] [SCORPIONS] Tra le band che attendevo con trepidazione di questa due giorni. Mi aspettavo uno show enorme, e così è stato. Sotto una pioggia insistente la band di Hannover sfodera una prestazione straordinaria. Meine in forma, qualità e tonalità inalterate; Rudi Schenker calato pienamente in tutta la sua spassosa follia; Jabs sempre con il sorriso stampato in faccia; James Kottak che si spappola una bottiglia di birra sul cranio durante l'assolo di batteria. Maciwoda è l'unico più "stabile", ma nel contesto fa la sua porca figura. Quasi un'ora e mezza di concerto in cui i classici si sprecano, soprattutto nel finale quando vengono eseguiti in sequenza "Blackout", "Big City Night" e "Dynamite", e "Still Loving You"/"Rock You Like A Hurricane". Cinque tracce da pelle d'oca che suggellano uno spettacolo entusiasmante durante il quale i nostri presentano qualche brano tratto dal nuovo disco "Humanity", ed è proprio la title track a sfoggiare un discreto fascino anche in sede live. Probabilmente, dopo i Dream Theater e gli Heaven and Hell, lo show migliore di questa prima parte del GOM. Intramontabili. [Emo] [VELVET REVOLVER] Certo non posso sostenere di adorare alla follia il nuovo gruppo costituito dai tre ex-G'N'R Slash, Matt Sorum e Duff McKagan, una motivazione che mi ha portato ad assistere all'esibizione dei co-headliner della giornata con un certo distacco, forse limato solo in parte dalla curiosità di vedere, per la prima volta dal vivo, tre componenti di una delle più grandi macchine da business che il mondo della musica hard-rock abbia mai partorito. Una macchina che, negli anni, ha dimostrato di saper sputare, prima di sparire definitivamente (almeno per quanto concerne la formazione originale) tonnellate di polvere, sudore e note sui palchi di mezzo mondo. Ora, fronteggiati dal singer Scott Weiland e completati nella line-up dal chitarrista Dave Kushner, i Velvet Revolver hanno il difficile compito di mantere alto un tasso di adrenalina salito a livelli esagerati dopo la fantastica esibizione degli Scorpions, risultati quanto mai in palla e decisamente lontani da quella pensione prospettata nei loro confronti da più di una inutile malelingua. Un'operazione che, a conti fatti, posso comunque definire riuscita, il tutto grazie ad una buona capacità di interazione con il pubblico che ha permesso allo show dei Velvet di raggiungere i dovuti picchi qualitativi. La scaletta del concerto, suddivisa tra i brani inclusi nel debut "Contraband" ed alcune composizioni presenti nel ritorno discografico di prossima uscita, permette ai cinque rockers di esprimersi al meglio in un Idroscalo risparmiato (almeno in questa esibizione) dalla pioggia, forse il fattore più fastidioso di un'intera giornata di concerti. Una scaletta in cui trovano posto anche un paio di songs tratte dal repertorio dei grandi Guns (cui mi sento di citare un'appagante versione di "Mr. Brownstone") e l'inattesa cover della celeberrima "Wish You Were Here" firmata Pink Floyd, un brano che ha magicamente riunito in un solo coro tutta l'audience milanese, dando inevitabilmente ragione alla particolare scelta opinata dalla band d'oltreoceano. Come sottolineato all'inizio non serbavo grandi aspettative di fronte a questa uscita live dei Velvet Revolver, cosa di cui sinceramente mi sono pian piano ricreduto col trascorrere dei minuti del concerto, trainato ovviamente dal grande carisma di uno Slash sempre in prima linea e completato, al meglio, dal resto di una formazione affiatata e vogliosa di rockare a dovere, proprio quello che era indubbiamente mancato ai "nuovi" Guns nella loro discesa italica dello scorso anno. Bravi, sotto più di un punto di vista. [Zorro11] [MOTLEY CRUE] Attrazione principale della giornata. Due anni fa a Bologna furono strabilianti, quest'anno un po' meno. Cambia la scenografia che poggia interamente su esplosioni, fuochi, fiammate, rispetto al tendone da circo della volta scorsa, ma la sostanza è che i Crue sono una macchina fatta a posta per dare spettacolo. Tutti membri che presi singolarmante(tranne Mars) sono prime donne, ma che da qualche anno hanno capito come (ri)convivere assieme. Vince Neil ancora in buona forma, anche se perde più di un colpo, ed in qualche occasione starnazza palesemente, ma il livello di coinvolgimento è alto. Tommy Lee dà ovviamente il suo contributo alla serata ben oltre il suo drumming prima bestemmiando tre volte un altisonante e fiero "PORCO DIO" a metà di "Live Wire", poi scimmiottando con l'ennesima chiappettara mascherata che si presenta sul palco facendo sbarrare occhi e braghe ai volti maschietti presenti, poi non presentandosi al momento del bis(con Neil che ridacchia chiamandolo più volte). Forse più distratti, svogliati e più di mestiere rispetto allo show straordinario di Bologna, ma sound e presenza scenica memorabili anche per merito di un Mars più presente. Visibilmente migliorato fisicamente, cammina quasi "normalmente", portandosi dietro quel suo alone tipicamente spettrale accentuatosi con i problemi di salute a causa della limitata mobilità. Un solo bis, "Anarchy In UK", e la solita caterva di classiconi intervallati da brani recenti e nuovi("Sick Love Song") per un live set da vere rock star, con tutti i pregi ed i difetti del caso. Ma si sa che quando si rocka con gente del genere anche i difetti diventano pregi. Non al loro massimo, ma vige un solo inno: più Motely Crue per tutti! [Emo] 3 GIUGNO [SYNESTESIA] Giovane prog band nostrana che dà il via al secondo giorno di un GOM che già di primo acchitto sembra predestinato al pienone man mano, fino a sera. Tecnicamente bravi, i Synestesia raccolgono i primi applausi della giornata. Brani che risentono molto dell'influenza di un genere come il progressive, e con un singer davvero in gamba, Riccardo de Vito. Forse per l'emozione, ma un po' troppo statici sul palco. Ottima la prestazione di Riccardo, ma troppo poco votato al coinvolgimento del pubblico che comunque apprezza. Band sotto l'ala protettrice di Franz Di Cioccio, dovrebbe mostrare più partecipazione, e non preoccuparsi solo di "suonare". Ma il futuro è a portata di mano. [Emo] [DGM] Dopo il live dei Sinestesia (che purtroppo mi sono persa a causa della fila all’ingresso) tocca ai DGM salire sul palco del Gods of Metal. Per il gruppo italiano è la seconda partecipazione, dopo averne preso parte la prima volta nel 2003. Il tempo a loro disposizione era poco ma la band ha saputo sfruttarlo bene, regalando al pubblico una buona performance all’altezza della manifestazione. Fin dalla prima canzone il gruppo è stato potente incisivo, preferendo il materiale più aggressivo a quello prog degli esordi, promuovendo soprattutto materiale del nuovo disco "Different Shapes". Ormai sono molto più vicini a band come Symphony X che ai Dream Theater, ed il sound corposo di questo live-set lo dimostra. Un elogio particolare va Titta Tani, singer, che è stato coinvolgente come pochi ed ha entusiasmato i ragazzi presenti. Ma l'intera band ha fatto girare gli strumenti al massimo, prendendosi meritatamente la sua dose di applausi. Bravi! [_eliottherocker_] [ANATHEMA] Un'altra partecipazione del combo inglese ad una edizione del GOM all'ora di pranzo. Atmosfera e condizione assolutamente non ideali, ma mi sto riferendo agli Anathema. Band che definire straordinaria non renderebbe giusto merito ai Cavanagh. Anche sotto un solo ustionante, la band riesce a coinvolgere proponendo un set saggiamente più impostato sui brani "tirati" come "Fragile Dream", "Empty", "Sleepless", anche se "A Natural Disaster" strappa lo stesso l'attenzione di un pubblico a sorpresa a proprio agio. In chiusura l'immancabile "Confortably Numb", sempre eseguita con un pathos invidiabile nonostante qualche problema con i suoni della chitarra di Daniel il quale sfodera un assolo più breve e "chiuso" rispetto al solito. Lodi anche per l'umiltà, e per l'enorme disponibilità e pazienza mostrata giù dal palco: Vincent avrà fatto foto con, e firmato autografi a metà dei presenti a questa seconda giornata del GOM, al di là del "Meet And Greet". Commoventi. [Emo] [SYMPHONY X] Molto li attendevano. Tra le prime file orde di ragazzi erano presenti anche per loro, a testimonianza dell'entusiasmo non appena Allen, Romeo e soci hanno messo piede sul palco. Entusiasmo durato per tutta la loro esibizione. In parte a ragione, direi, perché la band si mostra affiatata, il suono è di impatto(anche se non pulito come dovrebbe essere), e la qualità dei brani non manca. Solo che, a parte il mastodontico Allen sia per la sua stazza, sia per la sua ugola, tutto è parso in po' freddino. Il faccione e le pose di "Romio" limitate a due espressioni due, e ad un metro quadrato dentro cui si muove, ed un LePond letteralmente inchiodato nella sua posizione(anche se disponibilissimo dopo lo show con i fan per foto ed autografi). Diversi i brani proposti dal nuovo disco, "Paradise Lost", che non aggiungono molto alla loro discografia, alternati ai loro "classici" come l'opener "Of Sins And Shadows" e "Smoke On Mirrors", e tutti interpretati magnificamente da un Allen in formissima il quale prende anche il volo ad inizio concerto inciampando in non so cosa, ed atterrando pesantemente sul palco: tutti se la ridono, lui compreso, ma continua a cantare. Idolo. Tirando le somme, la prova è stata buona, anche se qualcosa in più sul piano della partecipazione era lecito aspettarselo. [Emo] [DARK TRANQUILLITY] Anche il gruppo svedese fa la sua "bella" figura. Cinquanta minuti in cui vengono proposte tracce dall'ultimo disco "Fiction", e vari "pezzoni" della loro discografia come "Punish My Heaven", e "The Gallery" che suscitano entusiasmo tra i presenti, a conferma di quanto il loro recente passato sia ancora qualche gradino sopra le recenti produzioni in termini di qualità. Come per i Symphony X, anche i Dark Tranquillity sembrano non molti coinvolti dall'evento, a parte Stanne che di dimena avanti ed indietro per il palco guadagnandosi la sua dose di stima quotidiana. Questo nonostante con l'andare del concerto il suo screaming perda un po' in efficacia. Ma la prova generale è buona, anche se la band sembra accontentarsi del minimo indispensabile per ottenere un responso positivo. Come per altri in precedenza, anche Stanne passa moltissimo tempo tra la folla mitragliando foto e "signs" a chiunque li chieda, godendosi Dream Theater ed Heaven And Hell tracannado a rotazione da un bottiglione di vino in mano, e da una birra dall'altra, e cantandosela fino a quasi fine concerto visibilmente "confuso" ed allegrotto. Idolo 2. [Emo] [DIMMU BORGIR] Entusiasmo anche per i Dimmu Borgir. Questo inaspettatamente. Fatto che da un lato fa cadere il mito del gruppo "black" misogino, "catifone" e pericoloso, e dall'altro avvalla anche la tesi che vuole il combo norvegese come "commerciale", troppo melodico per i blackster elitari. Scegliete voi dove piazzarvi. Il concerto in sé è stato lodevole, con anche i suoni "percettibili" a facilitarne l'ascolto, anche se c'è da dire che la loro parte sinfonica perde forza per l'atmosfera non proprio adatta, ed una pulizia audio non al massimo. Ovviamente, le pose ed i simboli cari al genere vengono sfagiolati come nulla fosse tra un brano e l'altro, e l'impatto è di quelli di un muro che ti crolla addosso. Hellhammer alle pelli è una macchina da guerra, e merita anche all'occasione quanto di buono si suol dire sul suo conto, mentre gli altri si distinguono per incarnare tutti i clichè attribuibili al genere. Si distingue ICS Vortex che viaggia lungo tutto il palco, il quale, con la sua imponente stazza ed un trucco "zombesco" incarna alla perfezione il "male" che la band è intenta a trasmettere. La folla esplode quando parte "Mourning Palace” sul finire di un concerto arrembante che ha fatto felice chi presente per loro, ed impressionato positivamente chi li mastica poco. Da aggiungere che ICS, dopo il concerto e senza trucco, si è concesso ad una marea di autografi, sorridendo più di una volta. Ma come è possibile, mi sono chiesto? Allora la storia che li vede come una sorta di rock star del balck è vera? Poi è passato tra la folla anche Galder, uno dei due chitarristi, e dei ragazzi gli si avvicinano per un autografo, ma lui non si ferma neppure, e dice di no. Ma come è possibile, mi sono chiesto? Allora la storia che li vede, invece, degli autentici blackster grimfrostburgher è ugualmente vera? Viviamo in un tempo assai confuso. [Emo] [BLIND GUARDIAN] L’esibizione dei Blind Guardian è stata una delle più attese di questo Gods of Metal e lo provano i tanti ragazzi con addosso le magliette dei loro beniamini, e l’entusiasmo con cui si sono accalcati attorno al palco acclamando il gruppo pochi minuti prima che iniziassero a suonare. In particolare, la sottoscritta li attendeva con ansia, essendo la prima volta che li vedeva dal vivo. Sulle note di “Into The Storm” il gruppo fa il suo ingresso sul palco e il pubblico, con le braccia in alto, gli fa un’accoglienza degna. La band ha optato per una scaletta azzeccata, che passa in rassegna gli album più importanti e le canzoni che hanno fatto la storia e il successo dei Blind, facendo la gioia di tutti i fans. La bellissima “Nightfall” continua ad incantare e ad accendere gli entusiasmi del pubblico; “The Script For My Requiem” e “Valhalla” sono come sempre potenti e trascinanti. Hansi non è sembrato al massimo della forma, ma la sua prova è stata comunque abbastanza buona, anche se certo la voce non è più come quella di venti anni fa. Oltre ai classici, tra i quali figura anche l’indimenticabile “Imaginations From The Other Side, i nostri presentano pezzi come “Time Stands Still(At The Iron Hill)", la lunghissima “And Then There Was Silence” e dall’ultimo album “Fly” che dal vivo è più bella che dal disco, e “This Will Never End”. Chiudono il live con uno dei loro migliori cavalli di battaglia, “Mirror Mirror”, che dal vivo entusiasma a mille il pubblico, il quale sin dall’inizio non ha mai smesso di sostenere il gruppo e di cantare in coro assieme ad Hansi. Tirando le somme, quella dei Blind Guardian è stata un’ottima esibizione, che ha dimostrato quanto il gruppo sia ancora sulla cresta dell’onda, nonostante il cambio di line up con l’entrata del batterista Frederik Hemke e gli ultimi due album che non hanno convinto fino in fondo come i precedenti. Grandi! [_eliottherocker_] [DREAM THEATER] Ecco. I Dream Theater. Una sorta di intro mista di vari brani annuncia la band. Poi parte l'intro di "Pull Me Under". Entra Portnoy il quale si siede dentro la sua astronava e saluta il pubblica. Poi Petrucci, poi gli altri. Poi Labrie che attacca a cantare. Ecco. Putiferio. Faccio fatica a scattare le foto, mi vedo braccia infilate ovunque. Quelli delle prime file sono in estasi, in trance, non capiscono più un cazzo. Ci si spinge anche tra "fotografi" alla ricerca della posa giusta, del momento adatto. Finita la prima canzone, Labrie saluta, ed annuncia che suoneranno interamente "Images And Words" per celebrarne i 15 anni dall'uscita. Ecco. Putiferio. Spintoni, urla, gente letteralmente impazzita. Così parte "Another Day", e via fino a "Learning To Live". Tutti in forma perfetta. Labrie canta da Dio, Petrucci(in versione "nandrolone"), sviolina che è un piacere, Jordan "Enrico Ruggeri" Rudess non sembra...Rudess, Myiung si sente eccome(e questa è una novità), e Portnoy, beh, è Portnoy, con la sua "trecasse" da un miliardo di piatti, piattini, tom e compagnia cantata(vedere le foto). Insomma, enormi. Prestazione inversamente proporzinali alla qualità degli ultimi quattro dischi in studio. Brani fedeli agli originali, ma in diverse occasioni riarrangiati ed allungati. L'esecuzione è assolutamente da bocca aperta. A completare il live set ci pensano "Home", e "As I Am" che dal vivo rende di più che su disco, ed entrambe confermano lo stato di grazia nei nostri che hanno interagito alla grande con un oceano di fan in visibilio. Nulla da dire, al momento il concerto migliore dell'intero festival. [Emo] [HEAVEN AND HELL] Ehm, già la scenografia mette i brividi. Ho le gambe a pezzi, le caviglie quasi non reggono più dopo la giornata precedente trascorsa sotto la pioggia, ed immerso nel fango. Ma non appena entro nel pit sotto al palco per le foto cominciano a tremarmi le gambe, e non certo per la stanchezza. Si abbassano le luci, la folla urla, parte "E5150", e quanto vissuto per i Dream Theater prima si moltiplica. Si moltiplicano le braccia allungate dei fan che sembrano tentacoli, mi passano sulle orecchie, sulla testa, mi sfiorano la faccia, i fotografi, gli spasmi, le spinte, i deliri. E vai con "Mob Rules", ed io non che riesco a scattare una cazzo di foto, non riesco a stare farmo. Il suono non è quadrato come dovrebbe essere, ma con l'andare dei pezzi si raddrizzerà. Ora, ma che voce, cazzo, Dio? Ma passano o no gli anni per Ronnie? E Iommy? Cos'è che aveva, un magnete biotecnologico che invece di attrarre metalli, ti risucchia il cervello? Così come Butler che non alza quasi mai la testa dal basso, e che pulsa come un ossesso, come una pompa che aspira liquami organici dal buco del culo degli abissi dove vanno a vomitare angeli ubriachi. Tutti e tre messi insieme arrivano quasi a 200 anni, ma l'eta anagrafica è solo un dettaglio insignificante. Almeno lo è stasera. Poi seguono "Children Of The Sea", "Sign Of The Southern Cross", "Voodoo", "I" e "Computer God" tratte da "Dehumanizer". Iommy più volte allunga gli assoli, si sposta lentamente, di tanto in tanto, con la sua tipica flemma ai bordi del palco. Occhi bassi, poi uno sguardo appena accennato lanciato in mezzo al pubblico, e l'arena è ai suoi piedi. Ronnie seltalla ai lati del palco, la gente lo acclama continuamente, e lui quasi la frena come per dire "ok, ma occhio che i due baffoni s'incazzano", e lancia più volte Tony quando parte negli assoli. Appice, forse, ha un drum kit eccessivo per le sue reali capacità, ma fa niente. Si guadagna la pagnotta anche solo per i piatti a forma di croce piazzati ai due lati. Poi arrivano "Die Young", "Heaven And Hell", e "Neon Knights" come bis, quando si raggiunge davvero l'apice del festival. Degnissima conclusione con un concerto enorme, con dei personaggi leggendari, ed una atmosfera fuori dal tempo che immortala per l'ennesima volta(nel caso ce ne fosse bisogno), chi ha "fondato" la musica pesante, e che ancora non ne vuol sapere di farsi, giustamente, da parte. Iommy e Butler sono una una religione. C'è anche Dio... [Emo]

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