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GODS OF METAL 2006 - II GIORNO

COLDNIGHTWIND E' il primo giorno del nostro Gods Of Metal che riapproda in quel di Milano, questa volta in zona Idroscalo, dopo l'esperienza bolognese all'Arena Parco Nord. Una location che, con i dovuti se e i dovuti ma, non fa rimpiangere il più volte osannato Stadio Brianteo di Monza. Infatti l'area attorno al parco è completamente ricoperta di verde e ben fornita di alberi, una vera e propria manna per le assolate giornate di quei giorni che facevano sembrare l'inaccessibile mesto laghetto dell'Idroscalo come una lontana oasi caraibica. Al nostro arrivo vaghiamo più volte attorno all'aera d'ingresso nella disperata ricerca del fantomatico campeggio fino a quando, rassicurati dalle parole di conforto (“tranquilli il campeggio è là, più avanti”) di un parcheggiatore più furbo che bello, paghiamo il parcheggio e c'addentriamo nell'area realizzando che il campeggio non è nient'altro che la simpatica strada che stiamo percorrendo, con tutto quello che la circonda. Iniziamo bene. Montiamo la tenda alla bel e meglio e raggiungiamo l'ingresso dove veniamo bersagliati dall'improvviso isterismo dei bigliettai, spero momentaneo, e dopo i minuziosi controlli della security ai nostri zaini (una parentesi: ok…i tappi non si possono portare dentro, ma che senso ha se nell'area concerti si vendono le bottigliette da mezzo litro col tappo?, ndr) facciamo il nostro ingresso all'idroscalo. Per via della nostra trafila ci siamo persi i gruppi d'apertura ma è per me una fortuna essere sotto al palco quando fanno il loro ingresso i White Skull di Tony “Mad”. Grande è l'attesa per il loro nuovo disco “The Ring Of The Ancients” e la loro esibizione quest'oggi lascia pochi dubbi sul loro futuro. Gus s'è ristabilito completamente dall'operazione e la band attorno a lui si fa valere. Dopo qualche sprazzo legato ai brani di “The Dark Age” la band propone i suoi vecchi classici e la conclusione riservata al combo “The Roman Empire” e “Asgard” lascia poco spazio all'immaginazione, non rimane altro che alimentare le speranze in questa nuova release. Successivamente sul palco si susseguono i marchigiani Infernal Poetry e i blackster Stormlord, prova più convincente quella degli Infernal Poetry testimoniata dalla buona presenza scenica dei cinque deathster che entreranno presto in studio per registrare il loro nuovo album. Cambio di rotta con i Novembre, scende in campo la classe del combo romano dei fratelli Orlando. Oramai ne è passata di strada dagli esordi più aggressivi e la band propone la sua setlist toccante e malinconica nel paradosso di un'assolata giornata, cornice non tra le più adatte per il genere che venne sperimentata lo scorso anno dagli Anatema. Una prestazione comunque convincente che vede il proprio singer protagonista di un esibizione ad alto tasso emozionale dove le fasi “tirate” sono state ben poche, promossi a pieni voti. Tocca ora ai Domine di Enrico Paoli e del fenomenale Morby, ancora una volta autore di una grande prestazione. Nonostante l'ultimo album abbia diviso i contrastanti pareri della critica le prestazioni del gruppo dal vivo rimangono impareggiabili, trascinate dall'esecuzione dei classici come “Dragonlord” e “Thunderstorm” e dall'esecuzione delle più recenti elaborate suite come “The Aquilonia Suite” e la trascinante “Icarus Ascending”. Oramai la band è vicina al titolo di “Istituzione” per quanto concerne il panorama italiano. La composizione del bill e delle scelte personali mi portano ad osservare l'esibizione degli storici Necrodeath da posizione piuttosto defilata per godermi del sano ristoro. Rimane impossibile non narrare dell'abilità del combo capitanato dal drummer Peso, sulle scene da vent'anni, che riescono ad essere apprezzate anche da chi con il genere a ben poco da spartire. Si sente di nuovo aria di Power e guadagno posizioni per assistere all'esibizione dei Vision Divine dell'unico superstite Olaf Thorsen. La band che ha subito diversi split negli ultimi anni ha trovato nella voce di Michele Luppi un gran punto di forza ma ora deve fronteggiare gli split dell'eclettico Oleg Smirnoff alle tastiere e dello storico bassista Andrea Torricini. Il posto vacante dietro ale pelli è stato assegnato al talentuoso giovane Ricky Quagliato mentre al basso Olaf ritrova una sua vecchia conoscenza, Cristiano Bertocchi dei “suoi” Labyrinth. Alle tastiere invece troviamo l'altrettanto giovane Alessio Lucetti, che avevo già osservato in una precedente data della band, il quale conferma il mio timore che, nonostante la sua abilità, è davvero difficile sostituire uno come Oleg. Ma veniamo al concerto, nonostante tutte queste new-entry i Vision Divine se la suonano con grande sintonia ed il frontman Michele Luppi, come al solito, si diverte a dar spettacolo con la sua voce e con delle simpatiche trovate. Per questa breve setlist vengono dimenticate le storiche “Send Me Angel” & Co. dell'era Lione sostituite dai brani, più o meno riusciti, degli ultimi due dischi tra i quali spiccano la rockeggiante “Versions Of The Same” e l'indiavolata “God Is Dead”. Piccola parentesi, per il festival vagava quell'istituzione umana di Frate Cesare che è stato “beccato” sotto al palco con i Vision a battere le mani e a roteare sorridente la cordina del saio. Con gli ultimi tre gruppi s'incomincia a tirare seriamente in ballo la storia del metal italiano. Prima tocca agli Extrema, autori di una prova schiaccia-sassi di grande presa sul pubblico e di sicuro effetto. Le loro furiose ritmiche hanno richiamato anche l'orecchio di un fedele ascoltatore di tutt'altre sonorità e questo non può che essere un evidente segnale positivo. Per me una scoperta arrivata con grande ritardo, merito del solito “fottuto massacro collettivo”. Ho tanto parlato d'istituzioni ed eccone un'altra, salgono ora sul palco i Fire Trails guidati da una delle figure più rappresentative del metal italiano di sempre: Pino Scotto. Lui e la sua band ci sono così come la sua lingua tagliente pronta, tra una canzone e l'altra, a raccontarne di cotte e di crude, ma quest'oggi la band non ha saputo trascinarmi come accadde al Tradate Iron Festival dello scorso anno. Una prestazione un filino giù di tono, ma a Pino e ai suoi ragazzi si può perdonare questo e tant'altro. Nonostante la carriera degli Strana Officina comprenda solo un full lenght, intitolato “Una Vita Per Il Rock”, e diversi LP è ben più che lecito assegnare il posto d'onore di questa giornata alla band di Bud Ancillotti, Enzo Mascolo e di Dario e Rolando Cappanera, parenti dei compianti fondatori Fabio e Roberto. Si perché gli Strana Officina stanno alle radici dell'Heavy Metal Made in Italy e questa sera sul palco c'è l'energia e la grinta di un tempo. Una prestazione assolutamente grandiosa di fronte alla quale nessuno dei presenti potrà esimersi dal tirare giù il cappello. Una reunion con i contro-fiocchi ed un evento unico del quale conserveremo la testimonianza negli anni a venire: Io C'ero! Alcune considerazioni conclusive. Devo spezzare una lancia in favore della Live per la massiccia presenza di servizi igienici (Qualcuno si ricorda dell'anno scorso? Ndr) sia per i bagni chimici che per le vere e proprie toilette. Molto valido, forse fin troppo, il severo servizio di sicurezza e buona la gestione della zona ristoro dove finalmente c'erano diverse possibilità di scelta. Inevitabili però sono le critiche, per un evento importante come il Gods Of Metal che deve ancora crescere. Promossa la location, ok, ma è incomprensibile come si possa ammassare tante gente in quella che è nient'altro che una strada e con il campeggio, quello vero, molto distante dall'area concerti. Una buona soluzione sarebbe adibire un area dell'Idroscalo al campeggio, cosa più facile a dirsi che a farsi ma credo che per il futuro sia una cosa da tenere in considerazione. I prezzi. Tralasciando il prezzo dei biglietti, comunque alto (ovviamente non mi riferisco al biglietto di questa giornata che costava 10€, ndr) ma tenendo considerazione del bill c'è ben poco da dire, i prezzi all'interno dell'area concerti erano veramente inammissibili. Un esempio pratico? Nella giornata di Domenica per mangiare (ovviamente panini) in due abbiamo speso qualcosa come 55 euro. Al che uno può dire “Vabbè, esco fuori a mangiare”, ed invece no perché puoi lasciare l'area concerti solo a degli orari prestabiliti con intervalli di 2 o 3 ore tra uno e l'altro. Scelta completamente discutibile e per molti versi incomprensibile, che non ha fatto altro che mirare alla mia e altrui moralità al fine di “mantenere sotto controllo la situazione esterna all'area concerti”. Peccato che non si ha a che fare con un gregge di pecore ma si tratta di persone che, in quanto tali, hanno certe necessità. Parere del tutto personale il mio, ma che ci tenevo ad esprimere. Ora, non posso criticare il servizio di pulizia perché nella notte tra Sabato e Domenica (come credo sia successo nelle altre notti) l'area è stata completamente ripulita ma…pareva brutto sistemare qualche sacco dello sporco qua e là? O un cestino? Gli incivili ci sono ma credo che, almeno per decenza, disporre qualche sacco dello sporco non possa che migliorare la situazione che, verso sera, si faceva decisamente critica. Mi rendo conto che stiamo parlando di un “fottuto Heavy Metal show” e non certo di una vacanza in un lussuoso villaggio a quattro stelle, ma per delle esperienze memorabili come quella di quest'anno e per le edizioni che verranno bisogna continuare a migliorare, ed i segni di progresso in quest'edizione ci sono stati ed il pubblico non potrà certo che giovarne. Un esperienze che rimarrà, nonostante tutto, finalmente tra le più belle e “vissute” della mia vita. Lasciatemelo dire, Viva il Gods Of Metal. NYARLATOTHEP Anche quest'anno arriva il Gods Of Metal, un appuntamento che sta diventando davvero imprescindibile per gli appassionati delle sonorità dure, siano essi italiani o stranieri. Sempre più “festival internazionale”, il Gods cresce di anno in anno. Ne è passato di tempo da quando ci trovammo a passare due giorni di sole massacrante sull'asfalto del posteggio del Forum di Assago, o negli spazi ristretti del fu Palavobis: le location cambiate sono parecchie, e quest'anno, col decimo anniversario, bisognava fare le cose in grande stile. Ecco dunque abbandonata la location dell'Arena Parco Nord di Bologna, per approdare nuovamente a Milano, stavolta all'Idroscalo. Ma andiamo con ordine. Trovare il posto è stato semplice; più complicato trovare il campeggio. Si è poi scoperto che il campeggio non esisteva. Montata la tenda nel parcheggio (e vi assicuro, quando il cielo minaccia tempesta e si sceglie di campeggiare nel punto con il miglior scolo per l'eventuale acquazzone, non è comodo dormire sul porfido del parcheggio) ci avviamo verso l'ingresso per scoprire che entrare sarà più complicato del previsto. Discussioni, bigliettai con lo sguardo da serial killer ed atteggiamenti da “il mattino ha l'oro in bocca” (cit.), perquisizioni dal dubbio senso (non posso esimermi dal constatare che ancora oggi si pretende che la gente abbandoni i tappi delle bottiglie di plastica, ed ho due osservazioni a riguardo: la prima è che la fisica ci insegna, nel nome della forza centrifuga, che la bottiglia lanciata con o senza tappo coprirà approssimativamente la stessa distanza con lo stesso quantitativo di liquido al suo interno, e quindi con la stessa forza d'impatto; la seconda, che è inutile abbandonare i tappi quando all'interno mi vendono bottiglie tappate), ed alla fine della trafila entriamo giusto in tempo per esserci già persi Perfect Picture, Boom, ed anche Mellow Toy. Il buongiorno si vede dal mattino… Siamo comunque sotto il palco per Tony “Mad” ed i suoi White Skull, che hanno terminato la registrazione del nuovo disco: in attesa della pubblicazione a settembre, mi aspettavo qualche inedito; invece, in considerazione del poco tempo che hanno per il loro show, si affidano ai classici, agli estratti da “The Dark Age” o “Tales From The North” o “Public Glory, Secret Agony”. Mossa sensata, in effetti. E' la prima volta che gli Skulls suonano sul palco del Gods, e secondo il mio modesto parere era proprio ora! Lo spettacolo è stato avvincente, denotato da una strabiliante carica e da una voglia di suonare e divertirsi fantastica, e con la solita modestia che ha sempre contraddistinto Tony e compagni. Ottima performance di Gus, ormai completamente ristabilitosi dall'intervento chirurgico che ha subito, ed ottima prova di tutto il gruppo. Bravi, bravi, ottimi. Comincia poi la fase dei gruppi “li ascolto occasionalmente ma non è proprio il mio genere”: Death con gli Infernal Poetry, Black con gli Stormlord, le mie orecchie reggono tranquillamente (l'ho detto, non è il mio genere ma occasionalmente ascolto anche musica simile); non lo stesso si può dire per il mio coinvolgimento, che tende ad essere altalenante ma più tendente verso il basso. Belle prove, comunque, soprattutto per quanto riguarda gli Infernal Poetry, anche se gli Stormlord hanno saputo combattere bene la propria battaglia. Tocca poi ai Novembre, che rispetto agli esordi si sono spostati su sonorità più melanconiche ed introspettive: strano effetto sentire una musica del genere sotto il sole della fascia “mo' ti cuocio fino al midollo”, alias dalle 13.40 alle 14.30. Sì, in effetti la tanto minacciata tempesta non si è mai vista: la giornata è stata torrida, e questo aspetto ha fatto particolarmente apprezzare l'ombra delle piante che fortunatamente non mancano all'idroscalo. Peccato non poter approfittare anche dell'acqua per un bagno rinfrescante, ma tant'è. Si diceva dei Novembre: performance molto sentita, pubblico coinvolto, e musica strappabudella: decisamente notevole, uno spettacolo degno di memoria. Tocca poi ai Domine riportare il pubblico verso sonorità più legate al Power, e Morby e compagni lo fanno con uno stile impeccabile. La setlist rende onore ai classici del gruppo, e presenta anche “The Messenger”, un estratto dal nuovo disco in uscita in autunno. Incredibile la partecipazione del pubblico su un brano che sentiva per la prima volta: un ottimo inizio, una promessa positiva per il successo del nuovo lavoro dei toscani. Nell'ora a loro disposizione i Domine si rendono protagonisti di uno show vivo e pulsante, col quale confermano ancora una volta il livello ottimo della band sia dal punto di vista compositivo (i pezzi sono notoriamente potenti e coinvolgenti) sia da quello della padronanza del palco: non è la prima volta che suonano al Gods Of Metal, ma l'entusiasmo è quello delle “matricole”, accompagnato alla navigata capacità dei “veterani”. I Necrodeath, devo ammetterlo, li ho disertati. Certo ci sanno fare, la padronanza del palco è notevole pur se non estrema, ma le sonorità che portano non si addicono alle mie orecchie, soprattutto in una giornata così calda: ho ripiegato su una chiacchierata con qualche amico bevendoci una birra fresca all'ombra del tendone del punto ristoro. Anche da lì ho potuto apprezzare la carica aggressiva della band e la forte risposta del pubblico, ma non ho prestato alla band l'attenzione che un consumato ascoltatore di musica estrema avrebbe certo potuto tributargli. A loro vanno comunque i miei complimenti, per la potenza che hanno dimostrato e che sono riusciti a far percepire chiaramente anche ad uno che, come me, in quel momento stava facendo tutto tranne ascoltarli. Arrivano Olaffio e soci: reduci dagli ultimi cambi di line-up (cominciano a sembrarmi un gruppo in stile Beautiful o qualche cavolo di soap opera…), i Vision Divine calcano il palco con una setlist che sacrifica molti dei classici dei primi tempi della band, preferendo concentrarsi sui lavori più recenti. Esecuzione non proprio perfetta, ma Luppi ha già dimostrato più volte di saper scaldare la folla anche attraverso le imperfezioni (storica la volta che iniziò a cantare la canzone sbagliata, per poi “accusare” ridendo Thorsen di scrivere pezzi tutti uguali). Si scherza un po' col pubblico, si suona con convinzione e passione, e il concerto passa serenamente. Siamo ormai verso i gruppi di punta, quindi le band non faticano più ad avere una buona risposta dalla gente convenuta all'Idroscalo, e la risposta dalla platea non va sudata con le unghie e con i denti come per i primi gruppi della giornata. Questa non vuol essere certo una critica alle band: semplicemente, hanno sudato in altri tempi, ed ora raccolgono con soddisfazione i frutti di fatiche passate, mantenendoli con le fatiche presenti. Buona, in conclusione, la prova dei Vision Divine, ma li ho visti fare di meglio. A seguire tocca agli Extrema. Costoro mi hanno spiazzato lo scorso anno, e quest'anno è stata la conferma di quanto siano cresciuti rispetto agli esordi della loro carriera. Potenti, cattivi, profondi: gli Extrema sono stati il vero scossone della giornata, almeno per quanto mi riguarda. La capacità di muoversi su un palco di quelle dimensioni, cosa non da poco, è stata mostrata innegabilmente. La convinzione per la musica che suonano, anche di più: il concerto degli Extrema è stato uno schiaffo dato con la carta vetrata, è stato un whisky triplo bevuto d'un sorso a stomaco vuoto, è stato una performance estremamente convincente e capace di trasmettere emozioni forti, vive ed intense. Grandi, veramente grandi. A questo punto siamo vicini alle battute finali, e tocca ai Fire Trails di Pino Scotto, vera leggenda vivente del panorama metal italiano. A malincuore, devo ammettere che mi aspettavo di più. Certo, il gruppo è presente e carico, sul palco sono delle belve, ma è come se si tenessero per loro la propria energia. Il pubblico capisce, e risponde con un'intensità che pur essendo soddisfacente non raggiunge certo i massimi storici. Buona performance, ma non da annali della musica dal vivo. Giusto comunque che in una giornata come questa (giornata italiana di un anno storico per il Gods Of Metal) ci fosse un elemento come Scotto; un successo a metà, in ogni modo. A chiudere la giornata italiana arrivano gli Strana Officina, la fenice risorta. Gruppo che può vantare una discografia ben misera, purtroppo, gli Strana Officina sono un pezzo di antiquariato del metal italiano, uno di quei gruppi che hanno veramente fatto la storia, per poi scivolarvi dentro e sparire tra la memoria e la leggenda. La formazione è ovviamente rinnovata e modificata, ma i “nuovi” sono consapevoli del peso dell'eredità lasciatagli dai “vecchi”, e lo portano a testa alta, con orgoglio. Lo spettacolo ha qualcosa di incredibile: la classe della band è indubbia, i pezzi coinvolgenti, il gruppo si muove con consumata capacità, e su tutto i pezzi incombono, maestosi, granitici. Una serata eccezionale, che sveglia e trascina tutti, anche chi non conosce le canzoni che stanno suonando. In un tripudio di luci ed amplificazione, gli Strana Officina si impongono su tutta la giornata non solo grazie alla posizione da headliner, ma soprattutto grazie ad una performance da maestri, che rimarrà nei cuori dei presenti per parecchio tempo. Secondo il mio modesto parere, valeva la pena di esserci oggi. Tirando le somme, questa giornata si chiude con un discreto successo: gruppi validi (quando non eccezionali come gli headliner), pubblico numeroso (non smisuratamente numeroso, va bene, ma comunque non eravamo in pochi), location che passa decisamente l'esame, impianti ottimi, ed organizzazione decisamente migliore rispetto agli scorsi anni. Per quanto concerne quest'ultimo punto, l'organizzazione, si nota una crescita netta in termini di precisione (i gruppi hanno suonato tutti all'orario previsto, senza ritardi) e di servizi offerti (dai numerosi stand dei souvenir alla presenza di più punti di ristoro, di cui uno, quello principale, a dir poco immenso); finalmente i servizi igienici abbondano (ed anche grazie a questo rimangono sufficientemente “igienici”). I nei principali sono rappresentati dal divieto di uscire dalla location al di fuori dei ben diradati orari previsti, unitamente al pauroso aumento dei prezzi: se è costato un occhio a me che ci sono stato due giorni, non oso immaginare quante persone che cono state presenti a quattro giorni siano state praticamente rovinate da questo Gods Of Metal. Nella speranza che questi punti vengano rivisti per il prossimo anno, non rimane che aspettare l'edizione 2007, mantenendo per il momento l'immensa soddisfazione di aver potuto godere di quella 2006.

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