FRANTIC FEST 2019
Nato in maniera già particolarmente ambiziosa due anni orsono, il Frantic Fest di Francavilla al Mare (CH) si è rivelato ben presto il punto di riferimento più importante della scena metal estiva del centro Italia. Lo staff del Frantic Fest, e l'ideatore Davide Straccione in primis, hanno potuto realmente constatare come l'interesse degli appassionati della musica metal in salsa underground, provenienti dalle più svariate parti d'Italia, abbia creato voglia e forze sufficienti per creare uno spettacolo ed un'offerta sempre più in crescita. L'edizione di quest'anno, svoltasi sempre al Tikitaka Village, che ha subito alcuni cambiamenti a livello di strutture e di funzioni, tanto che l'area dello small stage è stata spostata in una posizione all'aperto e più ampia, ha potuto quindi vedere la partecipazione di band, italiane e internazionali, di sicuro interesse ed appeal. La scelta artistica, il costo del festival assolutamente alla portata, la presenza di vari stand di vendita di prodotti musicali, e non da ultimo l'offerta di food&drink (grazie anche ad un'organizzazione intelligente sull'utilizzo dei token) e la presenza dell'area camping (seppur non esente da qualche critica) sono stati tutti fattori che hanno creato un'ampia partecipazione di pubblico, la maggior parte del quale ha optato per l'abbonamento, e che hanno culminato nel meritato sold-out del primo giorno del Fest, segnato dalla presenza di band che descriveremo più avanti. Si può quindi ben dire che il Frantic Fest sia diventato uno degli eventi metal italiani da segnare da fissare a scatola chiusa sul calendario, data la sua crescente qualità. Ecco com'è andata con la descrizione dei protagonisti più importanti del Frantic: le band.
DAY 1
A cavallo tra post-rock atmosferico e psichedelia stoner, il trio argentino IAH ben si comporta come opener del Frantic Fest. I presenti, nonostante il sole, si confermano in quantità discreta, ed apprezzano di buon grado le scelte strumentali del trio.
Anch’essa strumentale, ma tutt’altra proposta quella offerta dal duo romano MASTER BOOT RECORD che accompagna i presenti con sonorità molto incisive e taglienti, frutto di un uso molto vivace del 'chiptune', un modo di concepire la musica parecchio in voga negli ultimi tempi, dettato dai suoni minimali delle consolle a 8-bit. Alla chitarra Victor Love, un nerd incappucciatissimo, nonostante il sole che fa ancora capolino, che produce linee di chitarra che sembrano azzannare le nostre orecchie; alla batteria il suo compagno che lo affianca in sede live, quel Giulio Galati già inserito in formazioni come Nero di Marte e Hideous Divinity, che si mostra particolarmente dedito alla causa della band, accompagnando il suo socio con buone scelte di tempo.
Ecco il primo momento ignoranza del Frantic. Ce lo regala il punk-hardcore degli HOBOS che fa saltare e pogare il pubblico con ritmiche serrate e liriche parecchio incazzate. E quando la situazione ‘degenera’, è un attimo salire sul palco e dimenarsi a più non posso, una situazione in cui gli Hobos vanno a nozze, non rifiutando qualche stage-diving.
Ormai il livello si sta alzando, in una sorta di via senza ritorno; la gente freme sempre più, perché sul main stage si presenta una band che ha reso lo sludge famoso nel mondo. Gli EYEHATEGOD al Frantic catturano tutti, soprattutto grazie all’immagine e al carisma di Mike Williams, che scodella una prestazione come al solito estremamente disperata. Ad affiancarlo c’è quel personaggio che è il chitarrista Jimmy Bower, musicista che ha contribuito in maniera fondante a quella scena in cui metal e fango denso si sono felicemente uniti. Già prima dello show (ed ovviamente durante e dopo) è sembrato essere immerso nel suo alcolico mondo, distribuendo diti medi a tutti, compresa gente come Napalm Death e Voivod che hanno assistito a lato palco, in maniera comunque scherzosa. Performance vigorosa.
Fare metal estremo utilizzando gli strumenti a fiato? Almeno in Italia, questo è perfettamente possibile, e ce lo dimostrano i nostri OTTONE PESANTE. Trombone e tromba di Francesco Bucci e Paolo Ranieri disegnano linee affusolatissime e al fulmicotone, che ben si sposano con il mood del festival, andando a scomodare sottogeneri anche estremi come death e grind, dando tocchi degni del miglior fusion jazz. A completare l’opera, è la performance mastodontica del batterista Beppe Mondini, un carro armato senza freni e lanciato a tutta velocità, con le sue espressioni facciali a cavallo tra il disagiato in preda ai fumi dell’alcool e il cocainomane impazzito. E Jimmy Bower, davanti al palco, ringrazia…
Un terremoto vero, il timore vero concreto che qualcosa di infernale e di tombale possa essere catapultato sulla Terra come una sentenza senz’appello. I padrini del metal estremo NAPALM DEATH sfoderano una prestazione ai limiti del sovrumano, che non cala mai e poi mai dall’inizio alla fine, scegliendo volontariamente dei suoni assassini e che tagliano in due il cervello. Mark Greenway in tutto tondo ne è la dimostrazione più eloquente possibile. Lui è una delle voci più rappresentative del metal estremo, da più di trent’anni si conferma come una garanzia insindacabile, inoppugnabile. E sul palco del Frantic Fest ha dato la dimostrazione di essere un vero e proprio killer. La risposta del pubblico è stata delle più degne, creando un buco nero che ancora non si è riusciti del tutto a rimarginare. Ad aggiungere ulteriore pepe ad una serata memorabile, come giusto che sia per una band da sempre a contatto con tematiche socio-politiche, e che fa della lotta alle disuguaglianze di matrice politica uno dei propri cavalli di battaglia, Greenway “saluta”, nel suo modo caloroso, il Ministro degli Interni Matteo Salvini, dimostrandogli tutto il suo odio per le oscenità che crea e diffonde tra l’opinione pubblica e il popolo italiano. Inutile cercare di spiegare e sintetizzare l’ovazione di risposta da parte del pubblico. Tra i concerti top dell’anno.
Dopo una prestazione come quella dei Napalm Death, c’è il timore che tutto ciò che seguirà non sarà mai come al livello della band di Meriden. E questo è in parte accaduto con il punk classico dei TOTAL CHAOS. I californiani sfoderano, comunque, un punk molto dignitoso, e in parte coinvolgente, molto sui generis. Nonostante questo, la risposta del pubblico non si dimostra partecipe alla stessa misura del livello dei Napalm Death, pur contribuendo alla distanza.
A dare la botta finale ad una giornata esplosiva ci sono gli AGNOSTIC FRONT, i capostipiti dell’hardcore socialmente incazzato, che non lasciano scampo nemmeno questa volta. Crowdsurfing e mosh-pit come se piovessero, coinvolgimento totale. E nonostante la voce di Roger Miret non sia proprio tra le migliori del genere, tutto il contorno dato dalla musica degli Agnostic Front non può di certo essere messa in discussione, grazie ai loro suoni tellurici.
DAY 2
Inizia il Day 2, che sarà all’insegna dei ritmi serrati, il duo friulano de THE HAUNTING GREEN, che con chitarra e batteria imbastiscono un sound piuttosto diretto e concreto. Ad accompagnare il tutto, lo scream di Cristiano Perin, al quale si accompagna, a volte, quello della sua collega Chantal alla batteria, per un sound complessivo che unisce atmosfera e durezza.
Prende forma al Frantic il culto pagano delle Highlands scozzesi. SAOR (al secolo Andy Marshall) è il mastermind di questa band che propone un metal epico dalle tinte profondamente black. Nonostante la loro musica, su disco, si dimostri particolarmente attraente, lo stesso non si può dire nella perfomance live, dove in certi casi, soprattutto nelle parti più veloci e senza pause, la moltitudine di strumenti crea un risultato molto pastoso, che può risultare persino fastidioso, sul quale i tecnici del suono riescono, in qualche modo, a metterci delle pezze. Un mezzo peccato.
Il nero assoluto come ragione unica di vita. Il mistero che piomba sulle loro vite è innegabile e lampante. E il black metal affiora come entità immarcescibile. L’immagine dei portoghesi GAEREA racchiude tutto questo, e si rende autrice di una performance veramente all’altezza, con un black molto pulito ed incisivo, che si lascia ascoltare con piacere. Della loro identità forse non sapremo mai. Quel che è certo è che la loro passione per la fiamma nera è chiaramente viva.
Quando sono stati annunciati i MIDNIGHT al Frantic, il clamore è stato grande. Un band di culto del thrash estremo mondiale non poteva essere sottovalutata. E infatti il trio americano incendia il Tikitaka Village con uno show di ottima qualità, musicale e scenica, non risparmiando proprio nulla, e mettendo in campo un’energia davvero invidiabile.
Si torna in Italia, per assaporare il culto terreno dei SELVANS. Anche in quest'occasione si hanno di fronte immaginari pagani molto vivi, tramutati in forma d’arte dalla presenza del cantante Haruspex, che con il suo stile e il suo screaming cattura gli appassionati del genere.
Il paganesimo rimane assoluto padrone anche al main stage con lo show degli irlandesi PRIMORDIAL, al loro primo set open air in Italia della loro carriera. Anche qui le emozioni non mancano, e le sonorità epiche non si fanno mancare per nulla. Nemtheanga si dimostra, come sempre, impeccabile nel suo particolare modo di cantare, e le ritmiche senza freni della band non lasciano scampo a nessuno.
I MESSA sono senza dubbio l’orgoglio del metal italiano attuale. Un gioiello del quale è impossibile non rimanerne esterrefatti, se ben compreso ed assimilato. Il loro connubio tra doom metal e sonorità languide, create soprattutto dalle tastiere di Alberto e dalla voce suadente di Sara, è pressochè unico in Italia, e tra i pochi a livello internazionale. Il quartetto trevigiano al Frantic dà tutto, proponendo i brani più importanti tratti dai loro due album, e ricevendo parecchi consensi. Uno show tanto atteso che ha confermato, ancora una volta, le qualità innate della band.
Chiude il Day 2 del Frantic un’altra band storica che ha portato il thrash metal verso strade non convenzionali. Proprio questa loro tipicità è stata la chiave del successo dei VOIVOD durante questi anni, e la conferma è lo show del Frantic. Uno show diretto, concreto, ai limiti dell’inoppugnabile. Ed ovviamente ha coinvolto i molti presenti che si sono lanciati in voli irrefrenabili, conclusi con il bis dove la band ha concesso al popolo una versione devastante di “Voivod”, che suggella uno show particolarmente perfetto sotto ogni punto di vista.
DAY 3
Ecco un’altra bella realtà del black metal atmosferico di casa nostra. I romagnoli SEDNA presentano sul palco del Frantic Fest il loro ultimo album ‘The Man Behind The Sun’, pubblicato per Spikerot Records, suonandolo per intero. Con l’ascolto del loro live, si sente che il quartetto possiede delle qualità. Belle strutture, spezzoni atmosferici che permettono di viaggiare con la mente, grazie all’utilizzo ottimo delle chitarre che fanno da tappeto volante. Una band da seguire con attenzione.
Sul main stage fa capolino il thrash classico dei ferraresi GAME OVER, che con il loro sound bello granitico coinvolge il nutrito numero di presenti che iniziano fin da subito a darsi le prime spintonate e i primi crowdsurfing. Diretti, concreti, senza inutili articolazioni. Solo potenza e vigore per i Game Over, che si portano a casa una bella pagnotta, a suggellare ancora di più la loro gavetta fatta di buoni album e live.
Si ritorna sullo small stage per assistere ad una delle recenti garanzie di un modo di fare metal che scavalca i confini tra post-hardcore e black metal, i VISCERA///. La band della Bassa lombarda approda al Frantic con il loro concentrato di suoni massicci e taglienti, merito soprattitto dell’apporto di Michele Basso alla chitarra, nonché del ritorno nella band di Marcello Bellina sempre alla chitarra (già all’opera con MoRkObOt e Zolle). Lo stesso Basso, poi, risulta essere altrettanto incisivo con la sua voce, che alterna screaming (giustamente) Viscerale, e pulito quasi malinconico. Nonostante dei suoni forse non proprio perfetti, la band ottiene comunque un buon apprezzamento, grazie alla potenza e alla velocità dei propri pezzi, dove spiccano soprattutto “Martyrdom For The Finest People” (dal bellissimo album ‘3 | Release Yourself Through Desperate Rituals’), e la recente “Spirit of ‘86” (dal recente EP ‘City Of Dope And Violence’), che ricorda sentori di wave ottantiano in cui si contaminano inserti metal di grande impatto. Serietà a palate.
Il Frantic segna anche il ritorno quasi inatteso di una delle band culto del death-doom europeo, gli olandesi PHLEBOTOMIZED. Dopo moltissimi anni di inattività, tornano ad esibirsi e lo fanno proponendo un sound che, però, fa piuttosto fatica ad emergere ed a variare, risultando ridondante dopo pochi pezzi. Questo lungo stop credo non abbia giovato molto alla loro immagine.
Sicuramente una delle esibizioni più divertenti di tutto il Frantic è stata quella degli estremamente eccentrici SPASM. Solamente l’immagine che dona e concede il frontman della band ceca Radim, con costume Borat-style che sorregge l’ampia panza (per non parlare del resto…), e la mascherina con tanto di pene gigante finto, vale buona parte dello show. Il quale si articola tra elogi alla patria di Rocco Siffredi, innumerevoli allusioni pornografiche pronunciate in italiano, rotoli di carta igienica sparsi dappertutto, ed un porn-grind di buona qualità musicale, velocissimo ed efficace grazie all’ottimo drumming di Mr.Mordus, in cui i grugniti del buon Radim si elevano in tutta la loro flatulenza. Premio “A me mi ma però” del festival. Nemmeno Oxford e Cambridge messi insieme avrebbero osato tanto.
Sul main stage scendono in campo gli ABORTED, uno dei capostipiti del death grind mondiale, che mettono in mostra tutta la loro forza da carro armato e tutto il loro disagio. Nonostante chi scrive non abbia particolarmente nelle corde queste sonorità, bisogna ammettere che sia la loro ottima performance, che la risposta del pubblico, sono state di sicuro affidamento. Tanto da obbligare la band stessa a fare i dovuti ringraziamenti sul palco, e sui social, per il calore ricevuto.
A chiudere il programma del Frantic incentrato sullo small stage, una band e un sound che si distacca quasi totalmente da tutto ciò proposto finora. La band sarda CONFRONTATIONAL propone infatti un sound che è memore in maniera lampante della wave commerciale anni ’80, infarcita da ritmiche rock-metal. In questi anni hanno pubblicato un trittico di album, ‘Kingdom Of Night’, ‘A Dance Of Shadows’ e ‘The Burning Dawn’, che ripercorrono atmosfere e sensazioni tipiche di quegli anni, e la stessa ricetta viene riproposta sul palco del Frantic. C’è da dire che, soprattutto nella prima metà dello show, questa nostalgia degli anni ’80 si presenta in maniera anche fin troppo eloquente, e in cui non sembrano emergere elementi di grande innovazione. Lo show aumenta di qualità con il passare dei minuti, anche grazie alla riproposizione in stile Confrontational di pezzi che hanno segnato in maniera indelebile la storia della musica mondiale, su tutti “Boys Boys Boys”della Sabrinona nazionale, con grande coinvolgimento del pubblico METAL, e di un brano dei Modern Talking. Tutto ci si poteva aspettare, ma non che la gente accorsa verso lo small stage si mettesse a dimenarsi su queste note. È sembrato di tornare all’Alpheus di Roma, o al Nautilus di Cardano al Campo, più di venti anni fa.
Chiudono tutto il bazar di questa riuscitissima edizione del Frantic Fest, l’ennesima figura iconica dell’hardcore punk mondiale. In un’oretta scarsa di concerto, i DISCHARGE (che hanno presentato al merch delle magliette realizzate appositamente per il Frantic) ce la mettono tutta a farsi rispettare, come giusto che sia, ricevendo un’onesta risposta da parte del pubblico, anche se non entusiasmante e sicuramente minore rispetto a quella che hanno segnato set come quelli di Napalm Death ed Agnostic Front. Forse è per quello che il cantante JJ Janiak, al termine del set, ha deciso di lasciare il palco non totalmente soddisfatto, e non concedendo nessun bis, nonostante ci fosse la possibilità in termini di tempo di proporre qualche altro brano.
Commenti