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CONVERGE

Interessantissima serata questa organizzata da Hellfire Booking, che raduna alcuni dei nomi migliori della scena metalcore (e non solo) su un unico palco; il tutto nella solita affermata cornice del Marcon Rock Festival, che ha ospitato una settimana prima il Frozen Festival. La perfetta organizzazione (quando si parla del New Age di Roncade si ha a che fare con una garanzia, ormai) ha reso il tutto ancor più piacevole e disteso; vorrei a tal proposito salutare Mattia di Hellfire, con cui ci siamo intrattenuti a lungo a chiaccherare, e Lorena del New Age, dimostrazione pratica di come simpatia, disponibilità e cordialità possano andare di pari passo con professionalità e precisione assolute. I primi a calcare le assi del palco, sotto un sole infuocato, sono i torinesi STIGMA , unici italiani nella bill. Freschi di firma con la label statunitense Pivotal Recordings, il quintetto sciorina una prestazione maiuscola nonostante il caldo e la poca gente ancora assiepata nell'ampia area concerti, grazie ad un metalcore con le palle quadrate, ruggente come un leone e assolutamente carico. Suoni ottimi e pezzi di prim'ordine (i due del mini "Epitaph Of Pain" e i nuovi, tratti dal debut che uscirà il prossimo anno, "When Midnight Strikes") hanno confermato come questa band meriti tutto ciò di positivo che le sta accadendo negli ultimi mesi. Per quanto mi riguarda, il gruppo più entusiasmante di tutto il festival. Tocca poi agli ANIMOSITY; il caldo è ancora opprimente (e io personalmente sono già a numero 2 mojito; lemon bar tutta la vita, chi c'era sa a cosa mi riferisco), e la band sciorina un death metal banale e assolutamente fiacco sul pubblico poco ricettivo, fiaccato dalla temperatura tropicale. Anche per loro una resa sonora ai limiti della perfezione, a mancare è stata la musica di qualità. Mezz'ora fortunatamente trascorsa in fretta tra l'indifferenza generale. Lo stesso discorso si potrebbe fare per i RISE AND FALL, fautori di un'hardcore piuttosto classico, alla Gorilla Biscuits per intenderci. Potrei tranquillamente farei un copia incolla del report sugli Animosity; la band si impegna, i suoni sono ottimi, ma i pezzi dimenticabili e sono sicuro che la maggior parte delle persone concorderà con me. Da rivedere, ma anche no. Finalmente si entra nel vivo del festival, con i giovanissimi (e bravi) BRING ME THE HORIZON. Inspiegabilmente idolatrati da orde di emo girlz nel fiore della pubertà e dei primi flussi mestruali nonostante il genere tutt'altro che orecchiabile (gli sbarbatelli qui suonano un death melodico con puntatine grind che metterebbe paura a tante band ben più scafate di loro; potere del taglio emo, ma voi procuratevi lo stesso "Count Your Blessings"...) e reduci da una positiva data a Ravenna il giorno prima, i cinque ragazzini hanno messo a ferro e fuoco il palco del Marcon Rock riuscendoci purtroppo solo a metà. In primis per via dei suoni non certo perfetti; sfortuna certo, ma anche un singer che sembrava Tomas Lindberg con le adenoidi. Un po' una delusione, ma li promuoviamo con la fiducia. Da rivedere sul serio; so' regazzi, cresceranno... Ed eccoci agli intrusi della serata, i MARDUK. Inseriti nella bill per dare loro modo di recuperare le date italiane cancellate nei mesi scorsi ('ma anche perchè dai, cazzo, ti giri di spalle e alla fine suonano come i Bring Me The Horizon', parole sante Matt). Il pubblico è ormai folto e aspetta con tripudio i quattro svedesi, accolti con un boato. Partono con "The Levelling Dust" e si mette subito in chiaro la forma splendente di Morgan e soci; nell'ora messa a disposizione i nostri macellano in pubblico con la solita grazia di un bulldozer, tra pezzi nuovi ("Cold Mouth Prayer") e vecchi classici immancabili come "Of Hell's Fire", "Panzer Division Marduk", "With Satan And Victorious Weapon" e "Burn My Coffin". Li ho persi di vista ormai da tempo, ma rivederli è stato un toccasana e la conferma che alla fine di loro ci si può sempre fidare. E poi, CONVERGE. Per descrivere il concerto di Bannon e soci potrei dire: un mina antiuomo che esplode e continua a far precipitare detriti per un'ora e mezza. Il delirio (come prevedibile), da parte di una band che ha scritto e continua a scrivere pagine importanti dell'hardcore/noise moderno al contrario di wannabes di scarsa qualità tipo i The Chariot; "No Heroes", ultima fatica, è ampiamente saccheggiato, ma il capolavoro "You Fail Me" subisce lo stesso trattamento, con i pezzi che vengono proposti come mitragliate uno dietro l'altro senza pause, se si eccettuano i continui ringraziamenti di Bannon verso il pubblico. Una prova ottima, che ha fatto andare tutti quanti in estasi (anche per merito di Ballou, uno che con la chitarra sa fare male, malissimo) e che ha lasciato il parterre come un campo di battaglia martoriato. La chiusura più adatta ad un festival del genere; esigo una seconda edizione, l'anno prossimo.

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