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FROZEN ROCK FESTIVAL

"Tutto il mondo è Paese tranne Gaggio, Marcon e Dese..." recita un detto veneto che fa ben comprendere quanto quel paesotto di campagna scelto come location per il "Frozen Rock Open Air festival" sia fuori dal mondo umanamente conosciuto (qui Magellano, Vespucci e Colombo non hanno osato mettere piede). Di certo la difficolta di raggiungere il posto non è stata un impedimento per quel buon numero di persone che sfidando un caldo molto poco "frozen" (35°) è accorso numeroso per assistere a una kermesse musicale molto ben organizzata. [NATRON] Con più di un'ora di ritardo sulla tabella di marcia per attendere un maggiore afflusso di gente, salgono sul palco i pugliesi Natron, band con una comprovata esperienza che dal 1992 non ha mai smesso di spasimare per il Death Metal più brutale. Sicuramente nella loro carriera avranno avuto risposte del pubblico più esaltanti (sopratutto al sud dove godono di parecchia considerazione, ma anche in qualche festival europeo) rispetto a quella debole del "Frozen Rock". Peccato, perchè pur con una line up rimaneggiata con Domenico dei Golem al basso e Diego dei Stench of Dismemberment alla voce, i Natron la loro dose di marciume ce l'hanno messa come sempre, dispensando con piena forza mazzate sulle gengive del calibro di "House of Festering" o "Chaos’ Revenge", dove ha giganteggiato il preciso drumming di Max. Una buona prova che non toglie il dispiacere di averli visti suonare così presto, quando gran parte dei deathster/grindfreaks doveva ancora giungere a destinazione. [DISILLUSION] Della performance dei tedeschi Disillusion c'è poco da dire, loro stessi al termine del concerto se ne sono usciti visibilmente poco soddisfatti, a causa di suoni piuttosto mal bilanciati che non hanno certo giovato ad un proposta musicale non così immediata. Con una setlist che ha accontentato gli amanti sia del prog death metal presente in "Back To Times Of Splendor" sia quelli del nuovo corso intrapreso con "Gloria", e una line up che ha visto l'ingresso di un nuovo drummer e della bassista Alla Fedynitch (già in Pain, Enemy of the Sun e Eyes Of Eden) se ne va senza infamia ne lode la prima data del loro tour. I die-hard fan (pochi) hanno comunque apprezzato, il resto ha seguito distrattamente lo show da lontano. Da rivedere. [SCHIZO] Chi non possiede ancora "Main Frame Collapse" (tra l'altro ormai di facile reperibilità grazie alla ristampa di Avantgarde) non sa cosa si perde. E non sa cosa si è perso chi non ha assistito alla performance degli Schizo, con i fondatori Alberto e S.B. a risuonare brani come "Removal Part 1 & Part 2" (argh!). Non è un caso che il primo pogo sia scoppiato proprio con l'entrata in scena della band sicula che, con Nicola Accurso in prima linea, ha ben gestito un pubblico che non aspettava altro di sentire una ventata di psycho-thrash direttamente dagli anni '80, dove si badava molto più alla sostanza che alla forma. La prima prova live dopo l'ottimo "Cicatriz Black" è quindi da considerarsi più che superata, come ha retto bene la line up a 5 con il session Azmeroth degli Heretical alla seconda chitarra. L'unica nota negativa è stata il taglio netto della scaletta chiesto dagli organizzatori per far fronte allo sbilanciamento degli orari: un vero peccato. Un concerto che è piaciuto molto anche a Danny Lilker, uno che di thrash metal e grind qualcosina ne capisce. [ENTOMBED] Per gli Entombed vale sempre lo stesso discorso: quelli che hanno adorato solo i primi due dischi continueranno a considerare la band di Petrov come un cadavere vivente, mentre i fanatici del Death'N'Roll si esalteranno sempre e comunque, anche nei periodi di calo compositivo (leggasi "Inferno"). In sede live la storia non cambia, gli Entombed possono pure fare il miglior show di sempre ma i puristi difficilmente accetteranno un arrangiamento di "Left Hand Path" così "stoner". Detto questo, la prova degli Entombed è stata più che buona nonostante la mancanza di Uffe Cederlund e l'afa asfissiante: "Da noi a Stoccolma nevica, da voi si crepa di caldo" scherza un Petrov completamente ubriaco (come sempre del resto), sarà per questo che Hellid si presenta sul palco con berretto di lana e giubotto per poi svestirsi in gran velocità nel corso del concerto. La band sciorina estratti del proprio repertorio senza perdersi troppo in chiacchiere: da "Crawl" a "Carnage" e "When in Sodom", dalla maestosa "Chief Rebel Angel" all'immancabile "Left Hand Path", con Petrov che incita continuamente all'"hardcore headbanging" anche in assenza di musica. Pur non completamente in palla la band svedese riesce comunque a convincere, grazie sopratutto alla prova di Petrov: come si fa a non voler bene ad uno che indossa la maglietta dei Destruction scolorita e col buco in mezzo e abbraccia un tecnico del suono intento a sistemare i cavi? Promossi, ma con riserva. [BRUTAL TRUTH] "It's time to grind". Kevin Sharp non poteva presentare meglio i Brutal Truth. I NY Grinder hanno devastato qualsiasi cosa, un concerto violentissimo che ha visto in Rich Hoak il principale protagonista con delle facce da maniaco mentre la batteria viaggiava a randello. Kevin Sharp a piedi nudi si lacera la fronte a suon di microfonate, Danny Lilker è la storia in persona, uno che ha dilaniato ani in tutti i dischi in cui è stato presente, non c'è poi molto altro da aggiungere. Poche parole, molte schegge impazzite che da "Dementia" (quasi svenivo) a "Ill Neglect" hanno insegnato come si suona grindcore. Da segnalare la cover di "Sister Fucker" degli Eyehategod, il lancio di cd verso il pubblico, la voglia di continuare a suonare nonostante il tempo a disposizione fosse terminato e la disponibilità totale per foto, autografi e due chiacchiare al termine del concerto, sopratutto Kevin Sharp, che non ha certo rifiutato il vino rosso offertogli "E' fottutamente buono, a Chicago questo non si trova". "Total Fucking Destruction", punto. setlist Brutal Truth Dementia Vision Blind Leading The Blind Pass Some Down Let's Go To War Godplayer Turn Face Choice Of A New Generation Birth Of Ignorance Stench Of Profit Sister Fucker - Eyehategod cover Fucktoy Sympathy Kiss Pork Farm Everflow Kill Trend Suicide Walking Corpse Collateral Damage Time Fisting Foolish Bastard Dead Smart Callous Ill Neglect [MY DYING BRIDE] Dai Brutal Truth ai My Dying Bride c'è un bel salto di bpm, e lo si è visto anche dal ricambio di pubblico presente davanti alle transenne. Come nel caso dei Disillusion i suoni non hanno giocato a favore dei doomster inglesi, sopratutto per quanto riguarda tastiere e basso, nettamente in secondo piano rispetto alle chitarre. Come non ha giovato un sole così intenso che si è scontrato con le atmosfere plumbee e melanconiche degli inglesi, già difficilmente riproponibili dal vivo. Il concerto dei My Dying Bride è stato comunque a tratti struggente, sopratutto quando sono stati suonati i pezzi più "datati" come "The Cry of Mankind" e "The Forever People", quest'ultima posta in chiusura. Da brividi "She Is The Dark", con un Stainthorpe realmente immedesimato e sofferente. I My Dying Bride hanno portato un po' di rifrigerio, oscurando per qualche minuto, con le loro trame oscure, un sole desertico. [LACUNA COIL] Già si sapeva cosa sarebbe accaduto con l'ingresso dei Lacuna Coil. Effettivamente si poteva tranquillamente usare la bill del festival come "Settimana enigmistica" e giocare a trova l'intruso, ma questo non giustifica il lancio di bottiglie (non molte in verità), gli insulti e gli sputi mossi contro la band italiana. Gesto che ha lasciato perplessi alcuni membri di Disillusion e My Dying Bride, giunti sotto al palco ANCHE per godersi la performance di Cristina Scabbia e compagni: nemo propheta in patria. Gli sfottò alla "C'avete rotto il cazzo" ci stanno, gli sputi e le bottigliate, no. Debbo dire che i Lacuna Coil hanno imparato a gestire piuttosto bene questo genere di situazioni, anche se continuare a suonare e non rispondere agli insulti con frasi sui rocker, sull'open minded e sulla presunta amicizia con i Meshuggah (invocati per quasi tutto il tempo da parte del pubblico) era probabilmente la soluzione migliore. "Closer", "Heaven's A Lie", "Senza Fine" e la cover di "Enjoy the Silence" scaldano il giovane pubblico accorso per lo show del sestetto milanese e sia Cristina Scabbia che Andrea Ferro, facendo leva su una grande esperienza internazionale, sanno come ingraziare consensi. Alla fine se ne escono a testa alta, visto che nonostante tutto sono riusciti a terminare l'esibizione. Al di là dei gusti personali, uno show nella media, senza cali vocali e ben gestisto soffocando le polemiche iniziali. [MESHUGGAH] Il piatto forte della giornata sono stati senza ombra di dubbio i Meshuggah. Uno show davvero intenso, carico di una violenza chirurgicamente dosata e perfettamente eseguita da musicisti del calibro di Haake e Thordendal. L'attacco di "Soul Burn" con i due fari a intermittenza sparati sul pubblico creano un glaciale assalto sonoro/visivo fatto di tempi dispari, tanto spietato quanto dannatamente piacevole. Si scatena il pogo più intenso della giornata, guidato da un Kidman che tiene saldamente in mano le redini della folla. Un pubblico che difficilmente poteva non andare in delirio con una scaletta che, se si esclude l'esecuzione parziale di "In Death-Is Death" ("Catch 33"), pesca tre pezzi cadauno da "Destroy Erase Improve", "Chaosphere" e "Nothing", con il climax raggiunto con la annichilente "Future Breed Machine", eseguita con una tale veemenza che non la scorderò così facilmente. Alle 23:10 è già tutto finito, niente bis, un'ora esatta di concerto (a quanto pare i Meshuggah sono precisi anche con i tempi). Si spengono gli amplificatori e a nulla servono le urla "We want more". Al prossimo "Frozen Rock Open Air Festival" se mai ci sarà, vista la buona riuscita della prima edizione. setlist Meshuggah Soul Burn The Mouth's licking what you've bled Rational Gaze Perpetual Black Second Sane Stengah In Death-Is Death New Millenium Cyanide Christ? Suffer in Truth Future Breed Machine

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