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ARCH ENEMY

Io odio la pioggia; io quelle goccioline che cadono dall'alto non le sopporto. Come era già successo per i Dark Tranquillity è infatti il maltempo (per la verità a sprazzi, e meno male) a scandire le tappe del viaggio che mi separano (anzi, ci separano; la combriccola è infatti completata da due individui sospetti noti ai più con i nickname di Eomer e Flames Of Hell) dal Motion di Zingonia. Lo scenario che si prospetta arrivati di fronte al locale è desolante, non più di una quindicina di persone, ore 20, e il concerto dovrebbe iniziare alle 21. Effettivamente, anche nel pieno dello spettacolo della band headliner non si è registrata una presenza di pubblico esorbitante. Dopo l'apertura dei cancelli raggiungo con ridicola facilità la prima fila, seguito poco dopo dal prode Eomer; una mezz'oretta di attesa (allietata da una compilation davvero non male, comprendente pezzi nuovi di Deicide, Decapitated, Ektomorf e altri) e tocca agli STAMPIN' GROUND aprire le danze, introdotti da una breve intro costituita dal tema centrale del film "Cape Fear". Nonostante un pubblico pressochè immobile, gli inglesi hanno sciorinato le loro dosi di thrash-core con un'energia non comune, soprattutto per una band a cui tocca il gravoso compito di aprire un concerto. E'il singer Adam a catalizzare tutte le attenzioni, spronando l'audience e agitandosi come un ossesso (il poverino era talmente sudato che ogni volta che si muoveva una nuvoletta vaporosa lo circondava), e presentando il gruppo, che non ha risparmiato nessuno sciorinando bordate del calibro di "Don't Need A Reason To Hate", "Bear The Scars" o "Dead From The Neck Up"; il suono è discretamente pulito, cosa che purtroppo non sussisterà per le band seguenti, e gli albionici riescono a tenere il pubblico sull'attenti nonostante il gelo cali imperante nelle parti più moderne e alternative...gli Stampin' Ground sanno essere dei missili in velocità, ma sfruttano troppo poco questa loro caratteristica, ed è un peccato. Il loro è stato ad ogni modo un buon gig, oggettivamente ottimo e che ha messo in luce una band conscia delle proprie potenzialità; senza dubbio onesti e meritevoli, in una parola: bravi! Il secondo gruppo previsto erano niente meno che gli ZYKLON, capitanati dal buon Zamoth (ex-Emperor per i più sbadati), che vedono la presenza dietro le pelli di Trym, pure lui ex-Emperor. L'inizio, ad essere sinceri, non è dei migliori; dopo un'intro strumentale stranamente tirata per le lunghe, mi accorgo che in realtà il povero Secthdaemon si sta sbattendo dietro il microfono, peccato che la voce sia impercettibile; la cosa migliorerà durante i brani successivi, ma nemmeno di molto, e lo sguardo afflitto del povero Trym ha confermato come la giornata per i norvegesi non fosse al top considerando anche che chitarre e batteria si impastavano tra loro spesso e volentieri, deturpando brani altrimenti ottimi come "Subtle Manipulation", "Core Solution", "Worm World" e la total-thrash "The Prophetic Method" (in realtà molto più comprensibile delle altre proprio perchè meno 'casinara'). Aggiungete una presenza scenica pressochè nulla, e concorderete con me nel dire che la band norvegese ha fornito una performance appena sufficiente, specialmente visti i personaggi che ci suonano. Un peccato, gli Zyklon meriterebbero molto di più, ma purtroppo stavolta è andata così; rimandati. Un celere cambio palco ed ecco che tutto è pronto ad accogliere gli ARCH ENEMY, una delle mie band svedesi favorite, appoggiata da una scenografia semplice ma fottutamente efficace; la pulsante intro "Tear Down The Walls", in versione dilatata rispetto a quella presente su "Anthems Of Rebellion", ci conduce direttamente alla tiratissima "Silent Wars". La band è in perfetta forma, anche se purtroppo il suono è leggermente confuso e l'ingresso in scena della singer Angela viene smorzato dal microfono della stessa, clamorosamente spento (perchè tutto ciò mi ricorda il concerto dei Dark Tranquillity al Day At The Border?). Ogni dubbio sulla sua voce viene però fugato pochi secondi dopo, quando il ruggito della longilinea cantante fa capolino all'inizio della seconda strofa. Si continua a tambur battente con "Burning Angel", "Instinct" e la fenomenale e mai dimenticata "The Immortal" dal capolavoro "Burning Bridges", nella quale i fratellini Amott (in particolar modo Chris) mettono in luce tutte le loro doti strumentali nel lungo assolo. Tra un brano e l'altro Angela intrattiene il pubblico, visibilmente dalla sua parte anche se non eccessivamente coinvolto, viste anche le richieste della stessa ad avvicinarsi al palco, che viene nuovamente fatto tremare grazie all'anthemica "We Will Rise" e alla splendida "Dead Eyes See No Future"; la prima parte del set si conclude con la thrasheggiante "Dead Bury Their Dead" e "Ravenous", entrambe dal valido "Wages Of Sin". Ma l'audience non è ancora soddisfatta, e reclama a gran voce i nostri, che non perdono tempo e ritornano sul palco per proporre in rapida sequenza "The First Deadly Sin" (con Michael alle backing vocals, perfettamente inutili visto che la sindrome del microfono spento ha colpito anche lui), la dolce strumentale "Snow Bound" e la massacrante "Enemy Within", degna conclusione di un grande show, inficiato solamente da un suono lontano dalla perfezione ma comunque sopportabile. Peccato per la scaletta, poco incentrata sul capolavoro "Burning Bridges" (paura di confrontarsi con la temibile ombra di Liiva?); oltre a questo, la band è sembrata affiatatissima e priva di cali di energia, soprattutto Angela, che compensa i suoi limiti vocali con una presenza scenica ineccepibile. Grandi, grandissimi, a volte troppo snobbati; stasera abbiamo semplicemente avuto la conferma di essere di fronte ad una band superlativa.

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