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NEFESH

Con 'Contaminations' i Nefesh hanno fatto le cose in grande, da tutto il loro variegato background è uscito un'album che fa fare un passo avanti alla concezione di prog metal. Noi di Hardsounds ne abbiamo parlato con il chitarrista Luca Lampis. Ciao Luca, innanzitutto complimenti per l’ottimo album, presentatevi al pubblico di Hardsounds. Siamo una band della provincia di Ancona composta da cinque musicisti poliedrici sia nei generi di ascolto che in quelli che suoniamo e nei progetti che portiamo avanti. Da come si può sentire dalla nostra musica non siamo facilmente etichettabili e questa è in fin dei conti anche una scelta in quanto ci piace esprimerci senza alcun tipo di imposizione di genere ma seguendo il nostro gusto e istinto musicale. Suoniamo insieme dal 2005 e dei cinque che eravamo quando siamo partiti se n’è andato solo uno quindi il prossimo anno saranno dieci anni che 4/5 di noi suonano insieme in questo progetto, abbiamo inciso tre dischi 'Nefesh', 'Shades and lights' e quest’ultimo che è 'Contaminations'. Abbiamo tutti tranne il cantante studi accademici alle spalle dal CPM di Milano a vari Conservatori d’Italia e all’estero. E nonostante le infinite difficoltà che si hanno portando avanti un progetto come il nostro in Italia ci stiamo ancora provando e abbiamo, avremo, bisogno dell’aiuto di tutti per riuscire a proseguire bene in questo cammino. 'Contaminations' è uscito da quasi tre mesi, che feedback avete ricevuto finora? Per lo più ottimi direi. Chi lo ha ascoltato lo sta ancora ascoltando e lo sta apprezzando molto. Mentre i giudizi della critica sono tutti rimasti intorno all’8. È un disco che si comprende e si assimila con un po’ di tempo e curiosità. Ma una volta assimilato sembra, a quanto dicono, che sia difficile staccarsene. Una cosa che mi ha sorpreso tantissimo è stata una recensione di una webzine metal italiana che come punto negativo alla fine di un’ottima recensione metteva, in modo del tutto esplicito, il fatto che questo disco fosse “difficile” all’ascolto, che non è un disco che si può ascoltare facendo altro, come le faccende di casa o guidare la macchina…in fin dei conti una webzine metal “criticava” un disco metal perché non era commerciale e sempliciotto (passatemi il termine) all’ascolto. Mi è venuto tanto da ridere, ovviamente un po’ sconsolato, perché è evidente che se un recensore metal mette come nota negativa di un disco metal progressive il fatto che non sia semplice all’ascolto, e che quindi in definitiva non sia commerciale, significa che qualcosa a livello globale sui parametri di giudizio di ascolto e di vita è davvero cambiato in questi vent’anni. La cultura dell’avere tutto e subito ha attanagliato tutti i livelli della società e tutti i campi. Una cosa che non si capisce subito, immediatamente, quando la si vede, quando la si tocca, quando la si ascolta, un cibo il cui gusto non si comprende subito nella sua profondità, o una birra un vino con un gusto che hanno bisogno di essere assaggiati più volte, nella mia visione delle cose, è un qualcosa in più rispetto agli altri e non in meno. Un quadro che non capisco subito appena lo vedo significa che è stato fatto con profondità, con meditazione, e quasi certamente avrà dentro di sé un significato che poi mi aggraderà e mi coinvolgerà (e perché no, emozionerà) di più di un quadro che appena vedo capisco tutto e un minuto dopo vado oltre dimenticandomi anche cosa rappresentava. E poi tornando a noi, facciamo una sorta di progressive, quando mai si è visto un gruppo progressive di facile comprensione? Quando accade significa che la musica è stata composta con superficialità. Ma va bene smetto qui se no spazio troppo e non finisco più. A giudicare dalle vostre interpretazioni, siete un gruppo molto affiatato che ha assorbito bene il cambio di bassista, è frutto di una vostra amicizia personale o è semplice alchimia tra di voi? Come dicevo prima suoniamo insieme da quasi dieci anni e dopo la scelta del nostro storico bassista di dedicarsi ad altro (è diventato un bravo liutaio di chitarre e bassi elettrici) ne abbiamo avuti un altro che era Matteo Venanzi e poi quest’anno è arrivato con noi Diego Brocani che si è preso sulle spalle anche l’onere della registrazione di ‘Contaminations’. Il cambio è stato assorbito bene perché Diego è molto bravo, studia, ha avuto altre esperienze, è aperto a diversi generi e conosce la musica. È entrato un po’ in punta di piedi ma ora se non c’è ci manca! Dalle sonorità di 'Contaminations' si capisce che avete un background molto variegato, da dove arrivano tutte queste idee? All’inizio accennavo ai nostri studi accademici approfonditi infatti Stefano è diplomato al CPM di Milano (jazz-blues) e attualmente è nel triennio di composizione nel Conservatorio di Cesena, Diego è nel Conservatorio di Pesaro dove studia contrabbasso, io sono diplomato al conservatorio di Ferrara dopodiché ho vinto due borse di studio europee studiando in Inghilterra e Spagna e un anno e mezzo fa ho preso una laurea specialistica di II livello in chitarra sempre in conservatorio (www.lucalampis.com), Michele ha avuto esperienze in diverse bande dove ha suonato batteria, timpani e percussioni. Infine il nostro cantante Paolo è probabilmente l’anima più hard&heavy del quintetto che però adora dal cantautorato italiano a tanti altri generi e stili. Il titolo è già di per sé significativo, ma di quali contaminazioni parlate? C’è un concept dietro? Non c’è proprio un vero concept dietro, ma c’è un’idea generale che permea parecchi strati di questo disco dai testi alle scelte delle strutture e tematiche trattate. A livello tematico semantico, vedendo che i testi li scrivo io, posso dire che i brani toccano le tematiche dell’interiorità e della socialità. Le contaminazioni alla fine emergono sia sullo stile musicale, che è permeato da tanti stili diversi come ampiamente detto da tutti, che sulla lingua usata (italiano e inglese), infine anche sui testi dove in più brani si presenta il concetto della necessità di contaminazioni sociali per evolvere dove l’ “altro” non è un ostacolo ma una possibilità di arricchimento, di confronto, di evoluzione personale e collettiva. Ritornando al passato, come vedete adesso ‘Shades and Lights’? Bella domanda. Io non sono uno di quelli che ascolta troppo i propri dischi, anzi. Li ascolto per vedere se sono venuti bene e se mi soddisfano come sembrava in studio poi non li ascolto quasi più. “Shades and Lights” è un bel disco che ci ha aperto tutte le strade che abbiamo attualmente aperte ed è stato il frutto di un lavoro compositivo lento e lungo. Personalmente non lo cambierei e lo lascerei così. Avete tre brani in italiano, come vedete in futuro una possibile estensione dell’uso della nostra lingua, dato l’ottimo risultato? I testi, come dicevo, li scrivo io (http://lucalampis.blogspot.it/) e ti devo dire che ci penso da tempo ma vorrei fare piccoli passi e non sbilanciarmi troppo…per fare le cose bene bisogna lavorare parecchio con costanza e rimanere calmi, senza fretta. L’uso dell’italiano rimarrà e forse si allargherà, ma non è semplice gestire questa decisione… L’album è stato registrato tra i Music Explosion Studios e i più conosciuti New Sin di Luigi Stefanini, perchè avete scelto due studi e come vi siete trovati? Il Music Explosion studio è lo studio di registrazione del nostro tastierista Stefano Carloni che in realtà è un progetto molto più ampio di un semplice studio di registrazione: è un luogo dove Stefano stesso prima di tutto aiuta chi ha dei progetti propri ma non ha le competenze teorico/tecniche abbastanza elevate per essere capace di creare un proprio arrangiamento o riuscire ad immaginare un taglio adeguato e vincente al proprio progetto musicale. Stefano è molto professionale, competente e si appassiona molto a tutti i tipi di progetto in cui scorge potenzialità e affinità. Era inevitabile che questa volta la metà delle riprese del nostro terzo disco le facessimo da lui. Mentre i New Sin di Luigi Stefanini sono semplicemente un pezzo di storia di questo paese. Il reamp delle chitarre le abbiamo fatte con Luigi come anche le voci e altre cosette poi il mixing e il mastering li abbiamo lavorati insieme sempre nei New Sin. Luigi è un grande, aveva piacere di lavorare con noi e noi anche grazie agli incitamenti della K2 Management ci siamo buttati e ci siamo trovati meravigliosamente! Nella recensione abbiamo parlato di progressione del prog, vi riconoscete in una definizione del genere? Io sinceramente faccio fatica a riconoscerci in qualsiasi definizione ma si, la tua credo sia la definizione che si avvicini di più a ciò che attualmente stiamo facendo. Parliamo dell’aspetto live, avete date in cantiere e se sì, comunicatele pure. Abbiamo un minitour nel Baltico organizzato grazie alla K2 Management di Roma con cui stiamo collaborando, per la fine di agosto. Poi in realtà toccando il tasto “live” tocchi un tasto dolente. Noi, come ti scrivevo, o per lo meno attualmente quasi tutti noi, stiamo cercando di fare musica come lavoro da professionisti, visti anche gli studi fatti, ma in Italia con questo genere è come dare testate in un muro di gomma. I concerti sono pochissimi e sempre sottopagati e tutto ciò è dannatamente demoralizzante. Da quasi dieci anni combattiamo con la quasi impossibilità di trovare buoni concerti decentemente pagati e questa carenza è una carenza che non riescono minimamente a colmare nemmeno agenzie e “manager” poiché il problema è alla base: mancanza di ascoltatori e di locali adeguati. Di contro abbiamo una nazione maledettamente piena di tribute band e cover band che devastando il devastabile poiché troppo spesso il livello è basso e i compensi richiesti lo sono altrettanto considerando che troppo spesso chi fa tributi lo fa per hobby e non fa il musicista di lavoro, non c’è particolare interesse a difendere la “categoria” poiché in ultima analisi non sono della categoria dei musicisti di professione. E non lo dico con arroganza perché ci sono tanti ottimi musicisti che non lo fanno di professione, l’unica cosa che voglio dire è che ovviamente una persona che ha già un lavoro e che suona con un gruppo i pezzi che ha sempre amato poi è molto più portato a suonare anche a cachet rasenti il gratis perché in fondo ha già tutto ciò che gli serve e si vuole principalmente divertire. Mentre la situazione di chi cerca di suonare anche per vivere, o meglio sopravvivere, è diversa: il divertimento ci deve essere e ovviamente c’è, ma ci deve essere anche uno stipendio a fine mese se no o si fa altro nella vita o si muore. E non solo in termini fisici, poiché un musicista che non suona e che è costretto a fare otto ore al giorno piuttosto che il suo lavoro, è un morto vivente. Pensare che siamo in Italia…un paese che ha il suo petrolio nell’arte e nel turismo da sempre e da vent’anni sembra che ci divertiamo a distruggere ciò che potrebbe farci mangiare tutti. Meglio che mi fermo qui anche sta volta se no continuo un altro paio d’ore… Come vi trovate con la Revalve Records, vi supportano nella maniera che meritate? Anche se è da poco che collaboriamo con quest’etichetta credo che la Revalve sia una di quelle belle realtà italiane che con il tempo sta riuscendo a ritagliarsi un buono spazio anche fuori dall’Italia. E speriamo possa continuare a farlo anche grazie al nostro lavoro. Quando si riesce ad avere un reciproco vantaggio dalla condivisione del lavoro è sempre una bellissima cosa. Rob poi è stato entusiasta del nostro progetto e ci ha davvero voluti nella sua etichetta e questo fa sempre molto piacere ovviamente. Siamo alla fine dell’intervista, volete ringraziare qualcuno/aggiungere qualcosa? Qui potete farlo! Ricordiamo a tutti i nostri spazi sul web e la nostra email per scriverci qualsiasi cosa: [email protected] http://www.nefesh.eu https://www.facebook.com/nefeshband http://www.reverbnation.com/nefesh http://www.youtube.com/user/LyukeMelchisedek (youtube ufficiale) poi vorrei ricordare a tutti i lettori e ascoltatori che la musica ha un senso reale e profondo quando viene ascoltata quindi condivisa. Il ruolo dell’ascoltatore non è un ruolo passivo ma assolutamente attivo in modo determinante. Se non ci fossero più ascoltatori non ci sarebbe più tanta musica e tanti di noi farebbero altro. Una cosa che mi sembra importante dire è: scegliete bene cosa ascoltare, scegliete bene dove spendere i vostri soldi, scegliete bene come passare il vostro tempo. Questo tipo di scelte sono le uniche scelte tramite le quali possiamo esprimere e affermare la nostra libertà e non essere un branco di carne gestita da chi pensa di poter imporci gusti e passioni. Grazie a voi di Hardsounds per questo spazio e grazie a tutti quelli ci sostengono, buona vita e a presto!

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