ELECTROCUTION
Ciao Michele, come va? Hai letto la recensione del nostro Francesco La Tegola riguardante il vostro album? MICK: Ciao Francesco! Grazie per aver ospitato Electrocution su queste pagine. Certo che l’ho letto! Devo dire che recensioni di questo tenore ne ho lette fin troppe purtroppo. Dico “purtroppo” perché è una bellissima recensione ma come vedi, fare un disco molto ben criticato in Italia (20 anni fa) non ci ha portati molto in là. È sempre frustrante ripensare a certe cose. Aver avuto grandi potenzialità e leggere la frase della recensione che dice: “Di fronte poi a pezzoni come Rising Of Infection, o alla tecnicissima Under The Wings Only Remains c'è solo da restare a bocca aperta e chiedersi per quale odioso scherzo del destino gli Electrocution non sono in cima all'Olimpo dei cantori della morte” mi lascia sempre grande amarezza. Di tutta l'intervista la frase che mi è rimasta maggiormente impressa è: “[...] perché il metal italiano non è solo spade, draghi [...]”. Condivido pienamente! Adesso stiamo lavorando al nuovo album, dopo vent'anni l’attitudine è ancora intensa. Ci stiamo lavorando con passione disinteressata, e spero che anche questo album possa piacere ai fans. Per ora quello che sta uscendo a me piace moltissimo, e questa è già una bella soddisfazione. Andiamo però all'inizio della tua storia e di quella degli Electrocution, all'inizio degli anni Novanta. Puoi paragonare la tua adolescenza metallica con quella che stanno vivendo i ragazzi d'oggi? Il primo impatto con lo studio di registrazione invece? MICK: Beh, ovviamente i tempi sono così cambiati che non mi sento minimamente di paragonare la mia adolescenza metallica con quella degli adolescenti di oggi. Oggi la tecnologia ti permette di accedere alla musica in maniera istantanea. Oggi si può fare un demo, in casa, ad una qualità che allora non potevi ottenere in studio! Oggi pensare di registrare su bobine magnetiche multi traccia fà sorridere. Invece allora era assolutamente affascinante entrare in studio e lavorare in analogico con solo poca attrezzatura digitale. Per contro però, oggi entrare nell'arena della musica è diventata durissima: ci sono una miriade di band con cui confrontarsi. Inoltre la tecnica è cresciuta notevolmente. Allora in giro c’erano poche band veramente valide. Ricordo la sensazione di registrare il primo demo “No Rest In Peace”. Ero uno sbarbatello di 18 anni ed ero il più vecchio della band! Max e Luca a 16 anni spaccavano di brutto e Alex era già un fenomeno: 15 anni di bravura! L’album lo registrò che ne aveva appena 17! Allora quando si andava in studio si doveva essere perfetti, perché non era facile attaccare i take uno con l’altro. Oggi si possono mettere in griglia o fare i copia incolla via software. Ricordo quanto fu dura registrare l’album, soprattutto per Luca: la batteria doveva essere registrata in un take unico (o quasi) per ogni brano! ALEX: Le differenze tra allora e oggi sono abissali, come dice Mick ora abbiamo tutti accesso istantaneo alla musica in diversi modi ma per chi non ha vissuto l’era precedente, queste utilissime tecnologie hanno anche portato al deprezzamento del valore oggettivo e commerciale della musica e ad un calo qualitativo notevole proprio perché tutti (talentuosi o meno) possono improvvisarsi produttori amatoriali, la tecnica dei musicisti è migliorata ma scrivere ed eseguire dal vivo pezzi di spessore non è la stessa cosa, ed è diventato più raro essendoci meno necessità di affinare le capacità. Per noi a quei tempi, andare in studio e registrare i nostri pezzi in analogico era il modo migliore di spendere il nostro tempo e soldi, significava mettere in gioco le proprie capacità musicali e compositive. Personalmente mi innamorai subito dei procedimenti di registrazione e dell’atmosfera creativa dello studio, tanto da farne una professione per la quale ho ancora molta passione venti anni dopo, sia nell'analogico che digitale. I primi concerti come sono stati? La line-up storica veniva da esperienze precedenti oppure era il vostro primo impegno serio come musicisti? MICK: I primi concerti erano fantastici! Ho ritrovato di recente i filmati, e rivedendoli sono piombato là con la mente. I ragazzi che venivano a sentirci si spaccavano davvero sotto il palco! Quanto ci si divertiva! Considera poi che, dopo l’uscita del disco, cominciammo a suonare su palchi importanti e ricorderò sempre che le bands headliner vedevano arrivare quattro ragazzini praticamente tutti teenager e, appena attaccavamo il sound-check, rimanevano di merda! Ricordo che, quando aprimmo per i Death, si congratularono con noi dopo il live. I Carcass invece chiacchieravano volentieri con noi e ci chiedevano info sulla strumentazione. Per quanto riguarda la seconda domanda, posso dirti che eravamo così giovani quando fondai la band che prima di allora avevamo solo cazzeggiato in altre situazioni musicali. Questa era la prima band decente che ero riuscito a mettere in piedi, dopo un paio di anni di orribili rumori prodotti con altri progetti da ridere. Capitolo 'Inside The Unreal', uno dei dischi più importanti del death metal italiano (forse il più importante). Era il 1992. Quali erano le vostre sensazioni nel momento della sua concezione e quali alla sua pubblicazione? Riesci a contestualizzarlo con tutti gli altri capolavori usciti in quell'anno (sia nel death che nel metal a 360 gradi)? MICK: Grazie del complimento, anche se faccio ancora molta fatica a vedere Inside sotto l’ottica con cui lo descrivi. Faccio fatica principalmente perché questo disco nacque dal lavoro di un paio di anni di composizione di musica e di evoluzione nell'arrangiamento. Lo vedo come la raccolta di brani che abbiamo scritto così, molto spesso, di getto. I riff che tiravamo fuori erano ispirati alla musica che ascoltavamo. Inizialmente volevamo scimmiottare i grandi, poi ci siamo evoluti ed abbiamo cominciato a tirare fuori un nostro stile, ma non si scappava: ascoltando il disco si capisce subito quali erano i nostri riferimenti. Allo stesso tempo però, non ci sognavamo minimamente di poterci avvicinare a loro. Facevamo la nostra musica e basta. La facevamo per suonarla su di un palco e divertirci coi nostri amici e i nostri fans. Non avevamo la pretesa di entrare in nessun olimpo. Suonavamo quello che avremmo voluto ascoltare ed evidentemente questo è piaciuto ai fans. Adesso così a memoria non mi ricordo tutti i capolavori usciti quell'anno e non voglio usare internet per questo... preferisco raccontarti quegli anni, così, di getto: c’erano Human e Individual dei Death; c’erano i Deicide con l’omonimo album e Legion; c’erano i Sepultura di Beneath ed Arise; i Pestilence di Consuming Impulse; tutto l’ambarandam della Florida che sfornava dischi in continuazione. Questi erano le nostre influenze. Ma adoravamo ascoltare anche quello che proveniva dall'Europa: Entombed e Dismember agli albori, ecc. Non voglio però dimenticare che se si prova ad ascoltare il nostro primo demo, un solo nome salta fuori: Slayer! Il resto del metal non ci influenzava un gran ché, se non per Alex, che ascoltava chitarristi spaventosi... ma questo discorso lo lascio direttamente a lui. Max invece adorava Les Claypool e Patitucci spingendosi oltre i confini del metal per portare sonorità e tecnica di basso a livelli veramente alti! Luca poi, aveva continuamente in testa le ritmiche di Vinnie Paul, Gene Hoglan e Nick Menza. Tamburellava e batteva i piedi ovunque, e questo gli ha permesso di acquisire grande tecnica fin da giovanissimo. ALEX: Fondamentalmente, vuoi anche per l’età che avevamo, eravamo estremamente spontanei, ricevevamo l’influenza delle nostre bands preferite e scrivevamo musica senza farci troppe domande e senza paranoie. Lo scopo era quello di suonare, punto, su un palco, in studio, a casa… volevamo solo suonare ciò che ci piaceva e quindi ci esercitavamo tutti i giorni per ore ed ore e probabilmente è questo che ci ha portato a scrivere pezzi così diretti. Il fatto che siano stati così apprezzati per oltre venti anni è un grande riconoscimento per il quale siamo sempre grati a chi ci seguiva allora e oggi. L'album vi ha lanciato in alto, tanto che poi ci fu la partecipazione all'Italian Monsters Of Rock. MICK: Sì, grandissimo live. Ricordo il Flog a Firenze, completamente imballato di gente! La stampa e le radio che ci intervistavano, ecc. Era una grande sensazione! Il pubblico poi era meraviglioso, adorava la nostra musica e conosceva i brani. Sotto il palco il massacro! I fans ci chiedevano gli autografi. Altri tempi, soprattutto perché c’era ancora una gran voglia di partecipare ai live di casa nostra. Nel libretto della ristampa dell'anno scorso c'è una foto bellissima, tra le altre storiche: tu e Chuck Schuldiner. MICK: Eh, sì, quella è veramente una delle foto di cui vado più fiero! Quando aprimmo per i Death a Firenze nell'ottobre del ’93. Per noi aprire per i Death fu l’apoteosi! Chuck era (ed è) forse il mio idolo in assoluto! In quell'occasione scoprimmo anche che era una persona veramente alla mano. Quando gli chiesi se potessi farmi fotografare con lui, non rispose nemmeno, mi mise una braccio sulla spalla e fece un sorriso verso il fotografo! Inutile dire che io ero impietrito...haha! Ho anche scritto una frase dedicata a lui nella ristampa dell’album. Lo stile della band è cambiato con i successivi passi discografici. MICK: Sì, dopo Inside ci eravamo intrippati con il tech-death. in particolare eravamo affascinati dalla musica dei Cynic. Facemmo uscire un paio di 7’’ che, qualità della produzione a parte, propongono 4 pezzi che adoro! Anche perché suonavamo comunque un Tech Death parecchio cattivo ed allo stesso tempo vario e ricco di atmosfere. ALEX: Abbiamo attraversato diverse fasi evolutive anche dopo l’uscita di Mick, ma sinceramente in quel periodo stavamo sperimentando, cercando un’ innovazione che per quanto mi riguarda non si adattava agli Electrocution, la nostra vera identità è solo quella di “Inside The Unreal” e così sarà nel nuovo album. Intanto ti abbiamo sentito in giro con i Black Madonna. MICK: Ah, mi avete sentito? Haha! Sì sono entrato in questa band, capitanata da Tiziano De Siati. In questa band posso cantare uno stoner / rock / metal / southern / robevarie / ecc, evitando il growl. Ragazzi, non è affatto facile, ma dopo tre anni e mezzo forse qualcosa riesco a combinare. Per chi fosse interessato a rischiare, trovate la pagina facebook qui. Un paio di anni fa abbiamo fatto uscire un demo, ma ora che abbiamo un bel pò di brani alcune label ci hanno proposto di uscire con un album. Vediamo come va a finire, per ora mi diverto molto e anche i nostri fan. Purtroppo però non abbiamo ancora suonato fuori dalle mura della nostra provincia, non vediamo l’ora di cominciare! Dalla pagina Facebook della band abbiamo appreso aggiornamenti sulla registrazione di nuovo materiale. Puoi darci qualche anticipazione? Come stai lavorando alla voce? MICK: In realtà erano diversi anni che si ventilava l'idea di metterci nuovamente assieme a lavorare su nuovo materiale. Per quanto riguarda me, sicuramente mi mancava moltissimo la nostra musica. Tra di noi c'era un feeling compositivo, ma anche relazionale emotivo che ci ha permesso di produrre musica che ti arriva dentro e ti coinvolge. Sinceramente non sapevo se si sarebbe riusciti a ritrovare questa alchimia dopo tanti anni e soprattutto lavorando a distanza. Occupandoci della ristampa di Inside, mi sono reso conto che entrambi avevamo ancora quella passione nel voler ottenere il meglio, al di là di quanto lavoro potesse costarci. Gli scazzi tra noi si sono dimostrati costruttivi, e questo mi ha riportato alla mente gli albori della band. Alex ed io abbiamo nuovamente allacciato un grande rapporto artistico, quasi come se non l'avessimo mai abbandonato. Subito dopo, un anno fa circa, ci mettemmo seriamente a lavorare su nuovo materiale. Alex mi spedì qualche composizione veramente interessante. Io avevo già qualche testo scritto per un possibile album Death Metal, secondo un filo conduttore che da anni avrei voluto sviluppare seriamente. Finalmente questa è l'occasione che aspettavo. Alex ha una capacità compositiva che ho riscontrato molto raramente: riesce a stimolare quella mente malata che ho, così da permettermi di scrivere un l'intero album di testi basti su di un concept. Ci siamo scambiati idee ed il tutto è cresciuto in maniera molto naturale. Assieme abbiamo deciso, proprio di recente, il titolo dell'album: "Metaphysincarnation". Si tratta di un viaggio attraverso vari aspetti della conoscenza del genere umano, secondo la dualità: Natura – tecnologia. Per molti titoli, ho scelto di usare il greco antico, perché la logica è nata con Aristotele e, a partire da questo, la scienza e la tecnologia si sono evoluti fino ad oggi. Queste canzoni riflettono come la conoscenza e la tecnologia siano qualcosa di potenzialmente buono o cattivo: decidiamo noi come usarli. L'uomo probabilmente non sopravviverà a se stesso, ma la cosa meravigliosa è che, comunque, l'universo e la natura saranno sempre lì, in attesa di qualcuno che vorrà conoscerli e vivere in armonia con essi. ALEX: Come dicevo prima, questo nuovo album sarà il proseguimento di “Inside The Unreal” seppur aggiornato a quello che siamo oggi. E’ puro death metal, tempi veloci, blasts e qualche mid-tempo, riffs super heavy e molti guitar solos. Anche nella produzione (per la maggior parte svolta a Los Angeles), per quanto possibile ho voluto mantenere tutto il più organico possibile proprio per emulare quanto facemmo negli anni 90 con “ITU”. Inoltre i nuovi testi di Mick offrono punti di vista molto interessanti e mai scontati, cosa che forse in Italia non è particolarmente riconosciuta ma qui all'estero è molto importante. Come riuscirete a gestire la pubblicazione, la promozione, i concerti di supporto al nuovo lavoro? Vi aspettate di trovare la stessa atmosfera e la stessa accoglienza di 'Inside The Unreal'? MICK: Per la pubblicazione e la promozione abbiamo Aural Music/Goregorecords: veramente seria e molto impegnata. Devo dire che sono veramente contento di continuare ad uscire per questa etichetta: fin dall'inizio si è dimostrata molto disponibile nei nostri confronti, come ormai è sempre più raro trovare. Per quanto riguarda i live, la cosa non è semplice: Alex vive a Los Angeles e Maxx e Luca, sono tutti veramente impegnati con il lavoro. Ma la voglia di massacrarmi su di un palco cantando i brani degli Electrocution è troppo forte per lasciar perdere. D'accordo con gli altri membri originali, sto mettendo in piedi una line up proprio per i portare in tour il nuovo album. Francesco di Atropofagus mi sta dando un grosso aiuto per trovare i musicisti più adatti. Ho trovato in lui un grande amico! Lui purtroppo non farà parte di questa formazione, ma al momento posso già dire che Elia di Subhuman ha dato la sua disponibilità senza pensarci due volte. Nei prossimi mesi si sapranno il resto dei nomi che mi accompagneranno nei live nel 2014. Al momento il booking management è affidato a Niccolò Baldari (direttore artistico del Caos Rock Club, Bologna) e Davide Laugelli (TBD Management). ALEX: Mi piacerebbe portare questo nuovo album in tour ma allo stato attuale delle cose e dell’industria musicale, per me personalmente non ci sono le condizioni per farlo. Dall'alto della tua esperienza, puoi tracciare un bilancio di questi tre decenni del death metal che hai vissuto in prima persona? MICK: Risposta impegnativa. Per un certo periodo sono stato fuori dalle scene musicali, per cui forse non sarò esauriente nella risposta. Posso però sintetizzare come segue, riferendomi principalmente alla scena italiana. Quello che ho potuto vedere è stato un grande miglioramento tecnico su tutti i livelli: compositivo, esecutivo, di produzione. Per contro però il tutto è diventato più freddo e spigoloso: quasi asettico. Sì, ora ci sono produzioni impeccabili dal punto di vista meramente tecnico, ma si è caduti in un mare di musica fredda. Solo in pochi si salvano da questo. Ad esempio gruppi come Hatred, Antropofagus, Unbirth, Subhuman, Hateful (per citare i primi che mi vengono in mente) non si fermano ad una mera precisa esecuzione, trasmettendo quel quid che non si può spiegare ma che, quando manca, ammoscia tutto. Negli anni Novanta c'era il pay to play? Puoi tracciare un parallelismo tra la situazione di organizzazione dei concerti di allora e quella di oggi? Ti faccio l'esempio di un concerto a cui ho assistito nel Sud Italia giusto la settimana scorsa: Marduk, Overkill e Stratovarius avrebbero fatto un migliaio di persone a stento. MICK: No, assolutamente, la stronzata del pay to play è una novità degli anni 2000. Il problema è che bisognerebbe assolutamente boicottarlo. Nessuna band dovrebbe piegarsi a questo sistema che sta facendo cadere la musica in un baratro senza ritorno. Personalmente non mi piegherò mai a questo. Non porta a nulla di buono ed è solo una rimessa per le band. Purtroppo oggi l'affluenza live si è persa. Non so bene spiegarmi nemmeno io perché. Non penso nemmeno che sia un problema della famosa crisi economica: vedo festival, che costano delle centinaia di euro, pieni di gente, mentre live di qualità a 10 euro mezzi vuoti. Non so... sto rinunciando a capire questi meccanismi. Fatto sta che con 3 persone o 10.000 sotto il palco, voglio dare comunque il meglio, alla stessa maniera. ALEX: Il pay2play nasce in luoghi dove la richiesta delle bands supera il numero di locali e cosa più importante, locali in cui le condizioni tecniche sono ottimali e la frequentazione di pubblico, stampa e discografici fa si che per una band suonare lì sia un buon investimento. Quindi è di per sé un concetto molto discutibile ma che non ha alcun senso in paesi come l’Italia e probabilmente oggi neanche in altri paesi “musicalmente più evoluti”, vista la situazione internazionale del music business. 90% dei locali, labels e agenzie hanno sfruttato le bands per anni fino al punto in cui siamo oggi, in cui pretendono che un gruppo o artista (parlo anche di livello professionale), paghi per tutto, ceda diritti e royalties e incassi praticamente nulla (e il nulla che incassi è comunque recoupable, non si sa mai). Purtroppo per loro però la festa sta finendo e tutte queste ‘entità di mediazione’ stanno fallendo vittime del loro stesso schema. A te la conclusione. MICK: Vi aspetto tutti ai nostri live! Voglio vedervi sotto quel cazzo di palco e lasciarvi trasportare dalla nostra musica.
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