DEMONS DOWN: I Stand
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16/03/2023Frontiers Music, mai restia nel giocarsi una possibilità nel riunire nomi più e meno altisonanti di band più o meno storiche, fornisce un contratto discografico ai Demons Down, qui recensiti col debutto ‘I Stand’. Jimi Bell, Chuck Wright, Ken Mary suoneranno noti ai più di noi per la loro presenza, presente o passata, in almeno un’incarnazione degli House Of Lords/Giuffria. Completano la line-up James Robledo al microfono, Francesco Savino alle sei corde e il tutto fare italico Alessandro Delvecchio. Il nome della band altro non vuole essere che un omaggio al terzo valido disco a nome HOL, uscito nel 1992, in un mercato ormai rivolto al sound di Seattle e stantio nel dare credito alle sonorità pomp/AOR di cui si era saturato negli anni precedenti. Le sensazioni che provo dopo ripetuti ascolti rimangono contrastanti, non lontane da quelle provate durante l’ascolto dei dischi dei King Company. Le coordinate per ovvi motivi non distano di molto da quelle dettate nei decenni dalla band capeggiata da James Christian; melodic rock dalle tinte pomp, tastiere maestose affiancano riff di chitarra dal taglio hard e dal sapore heavy. Un progetto interessante, per padiglioni attenti e giudiziosi, pronti a gustare e valutare anche i minimi dettagli, fills, del disco in questione. Il risultato è un lavoro solido, con un’identità stilistica anche sin troppo definita, altalenante nella qualità dei singoli pezzi. L’imprinting della band madre può essere assaporato nell’opener e title track, nella cadenzata “Down in a Hole” impreziosita da riusciti break strumentali. Stupenda la ballad “On My Way To You”, per mano di un interpretazione convincente e di un arrangiamento in crescendo che sfrutta archi e tastiere. Alteresì, “Disappear” risulta monotona, “Stranded In The Middle of Nowhere” troppo simile a tanti altri pezzi già sentiti per brillare di luce propria; “Follow Me” troppo anonima. ”Where Will Our Tears Fall” per quanto convenzionale coniuga un bel testo a linee vocali sing-a-long apprezzabili. Sul finale sarebbe risultato opportuno un cambio sul tema portante, che non arriva. Ad ogni modo risultano rispettabili le conclusive “Search over The Horizon” ed “Only The Brave”. Un lavoro buono, non ottimo. Il sapore del deja-vu rimane, pur vincolato a canoni medio alti uniti a un talento esecutivo superiore alla media. Consiglio l’ascolto di ‘I Stand’ agli amanti del pomp, pur senza aspettarsi un masterpiece potrebbero trovare pane per i propri denti...
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