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KOZA NOZTRA

Ciao Koza Noztra. Innanzitutto diteci come dobbiamo considerare i due Cronaca Nera: dischi distinti e uniti dalle tematiche o parti speculari dello stesso album? Come mai la scelta di questo formato ridotto rispetto ai precedenti lavori? 'Cronaca Nera' è un unico album, suddiviso in due parti per motivi di comodità, per poterlo pubblicare prima. In realtà è tutto un discorso unico e anche l’ordine dei brani non è casuale. Come ogni nostro disco, è aperto da un’introduzione e chiuso da una post-fazione che delineano il contesto narrativo dell’album. Ci saranno altri Cronaca Nera? No, il prossimo album si intitolerà Sancta Delicta e sarà anche questo diviso in due parti. Viene prima la musica o il testo, nel vostro metodo di composizione? Una premessa: tutti i brani dei Koza Noztra sono già stati scritti. Siamo una “concept band” e incideremo solo cinque album (di cui “Cronaca Nera” è il terzo) che messi insieme formano un’unica, grande narrazione. Sin dal 2008, ovvero da quando abbiamo pubblicato il primo disco, il piano delle registrazioni è chiaro e ben definito. Ovviamente, musica e testi sono venuti insieme, in modo che ogni singolo suono “raccontasse” le storie e gli scenari che abbiamo sviluppato. Ma si tratta comunque di idee maturata nel corso di molti anni, se non addirittura lustri. Quello che pubblichiamo è solo il terminale di un lunghissimo processo compositivo iniziato molto tempo fa. Come si ottiene il suono così crudo della chitarra di Recupero Crediti? Semplice: alza il volume finché gli altri non minacciano di sparargli. (Recupero Crediti) Confermo ogni parola. Sedata la rissa causata dai decibel... Ti descrivo quanto ho usato per la registrazione di questo EP in particolare. Questa volta ho usato solo tre chitarre, strumenti poco costosi spesso da me assemblati con pezzi trovati in giro o regalati. Ho usato una Jackson Randy Rhoads RR3, il modello base, economico, a cui ho solo messo un pick up Di Marzio D-Sonic al ponte; una simil-strato di legno quasi scadente che ho costruito io, con pick up attivi EMG 81 al ponte; una telecaster anch'essa figlia della mia (in)perizia liuteristica con un Di Marzio Tone Zone al ponte e una Godwin Les Paul, italiana del 1969 (!!) su cui monto pick up attivi Iron Gear Volt, dal dolce peso di oltre cinque kg! Utilizzo tasti ultra jumbo o manici scallopped, aiuta molto la precisione in bending e vibrato e permette un maggiore controllo dello strumento. Avendo necessità di passare dall'hard all'heavy a brani quasi psichedelici ('Post Scriptium') prediligo variare la saturazione in ingresso e non la quantità di distorsione sugli amplificatori. Ne uso due, entrambi artigianali o quasi. Una testata Peavey Valveking che ho stravolto portandola ad essere un quasi-clone della vecchia JCM 800Master Volume 2203: ho ridotto il gain togliendo l'integrato che aiutava le valvole del pre a distorcere per un suono più naturale e caldo; ho rifatto il finale completamente per avere più botta migliorando icontrolli di presence/resonance e aggiunto un controllo sweep sulle frequenze medie: posso scegliere che gamma di medie incrementare o tagliare, poi, col normale potenziometro delle medie nell'equalizzatore. La seconda testata è, invece, un vero e proprio "vestito fatto su misura". Un sound disegnato per me da un mio giovane genio/amico cui ho fatto sentire i miei modelli di amp preferiti (su tutti: Bogner Uberschall, Soldano SLO 100, Diezel Herbert, JCM 800 Silver Jubilee... lievemente costosi!) e i dischi che hanno ispirato il mio sound (principalmente: 'Dr. Feelgood' e l'omonimo dei Motley Crue, F.U.C.K. di Van Halen, The Great Southern Trendkill dei Pantera, Spreading The Disease degli Anthrax, Appetite For Destruction dei Guns 'n Roses). Abbiamo lavorato circa tre anni per sviluppare un sound che partisse da queste mie passioni fino a creare un ibrido hard/heavy totalmente mio, un sound con pregi e difetti, ovviamente, ma su misura adatto a me. L'abbiamo chiamata "LA BESTIA". Utilizzo questi due amplificatori contemporaneamente (ora capisci perché gli altri spianano le pistole ad ogni prova). Tengo "la bestia" completamente distorta su una cassa 2x12 con coni Celestion G12T-75, la peavey in lieve crunch su una 2x12 con i coni Celestion V-30. La prima scarica di freq basse (anche perché ruggisce sempre e comunque), che incremento sulla testata meno distorta per far sì che il sound sia più compatto e nitido. Questo è il trucco! Tra chitarre e ampli utilizzo solo un overdrive (un Ibanez TS9 modificato). Un suono semplicissimo, dunque. Per gli assoli aggiungo solo un po' di delay (Ibanez DE7 per i ritardi corti su parti veloci, un Boss DD3 per le parti lente con ritardi lunghi). Quando serve, per un arpeggio o parte in cui necessita, come chorus mi servo di due effetti alternativamente: per un tappeto sonoro soffice un Boss CH1, per parti più intense (come in 'Perizia Psichiatrica') utilizzo lo Small Clone della Electro Harmonix. Ovviamente tutta questa strumentazione sarebbe nulla senza l'aiuto e il supporto di Carlo dei Toxic Studios, nostro produttore, non solo un "premi-bottoni". È, come me, un gran nerd del suono e un ottimo esperto cui affidare il proprio suono. Sa sempre cosa ottenere e come. L'atmosfera di alcuni brani è molto particolare: si sentono influenze del metal più caciarone, così come alcune cose dei primi Litfiba. Come si riescono a coniugare queste varie anime all'interno dei KN? Non è un problema che ci poniamo. I nostri brani sono “colonne sonore” dell’idea che ne è alla base e quindi nascono con l’intento di “visualizzare” attraverso il suono le immagini e la storia. Se poi possono essere ricondotti a questa band o a quell’altra, chi se ne frega. La cronaca nera di cui parlate è un dato di fatto o pensi che si possano dare varie interpretazioni ai vostri brani? La “cronaca nera” è la nostra esistenza quotidiana, legata insieme dalla paura, dal sangue e dalla propaganda. Il delitto, quindi, non è mai un episodio casuale, individuale, un’escrescenza malata di un tessuto sano, ma una logica conseguenza – attesa e inevitabile – della nostra struttura sociale. Il valore di una bestemmia è cambiato dal vostro esordio ad ora? Il valore di una bestemmia sta solo nelle orecchie di chi l’ascolta. Un po’ come la bellezza sta negli occhi di chi la guarda... Il vostro percorso musicale è stato regolare oppure tra un disco e l'altro ci sono state crescite esponenziali? Dal 2007 ad oggi sono cambiati alcuni componenti della band ma il progetto è rimasto immutato. L’unica cosa in cui veramente è cambiata molto è stata la qualità delle registrazioni e della produzione, che ci ha lasciato insoddisfatti per i primi due album e che ora, invece, ha raggiunto un livello ottimale. Questo è anche il motivo per cui, dopo Sancta Delicta ri-registreremo i primi due dischi, magari arricchendo gli arrangiamenti delle tracce base. A loro modo, Piovono Bestemmie e Colazione Col Travestito sono delle vere e proprie hit. Negli ultimi cd ci sono brani che possano paragonarsi a questi? Tutti i brani del primo album – e quindi anche Piovono Bestemmie e Colazione Col Travestito – hanno come tema comune l'esaurimento nervoso individuale. Nel secondo il tema è ”allargato” all’esaurimento nervoso sociale che poi diventa “inevitabilità del delitto” nel terzo (Cronaca Nera) e sarà “religione del delitto di Stato” nel quarto (Sancta Delicta). Ogni disco presenta allargamento di prospettiva rispetto a quello precedente. Non è semplice fare paragoni tra i pezzi perché sono tutti parte di un unico flusso. "Sabato Pomeriggio 17.45 / Nero" del vostro “Tragedia Della Follia In Un Supermercato Dell'Hinterland” è uno dei vostri brani più riusciti e agghiaccianti, si distanzia dal resto della vostra produzione. Torneranno quei Koza Noztra? Ci sono pezzi di 'Cronaca Nera' che possono essere paragonati a questo, anche a livello concettuale? Anche qui è difficile rispondere. Si tratta di due brani che concludono in maniera logica il percorso narrativo del secondo album (Tragedia Della Follia) e in qualche modo annunciano quello del terzo (Cronaca Nera). Il delitto, ovvero la strage nel supermercato di cui si rende responsabile il protagonista di Nero non è una “tragedia della follia” ma, al contrario è la tragedia della lucidità, della presa di coscienza del proprio fallimento, del “nero che divora” e che non può che portare a quell’esito. La musica è integrata alla storia, è una sorta di marcia funebre che racconta con ogni movimento, ogni battuta e ogni strofa i momenti della strage, come una condanna a morte collettiva decretata ed eseguita dal protagonista della canzone, ben conscio che lui sarà l’ultima vittima della sua stessa carneficina. E dopo, i telegiornali ne parleranno dicendo: “…si ignorano i motivi del folle gesto…”. Non ci può essere un altro pezzo come Nero perché la trama del concept va avanti e cambiano i registri, cambia la prospettiva narrativa e quindi anche la musica. Per noi, ogni brano è sempre qualcosa di diverso dal precedente. Deve esserlo. Quali altre band a tuo avviso sono riuscite a utilizzare tematiche simili alle vostre e nel vostro stesso spirito? Non so rispondere... ogni band ha la sua individualità. Come approccio tematico ci hanno paragonato sia ai Dead Kennedys sia ai Rammstein oppure all’hardcore-thrash, alle colonne sonore dei film di fantascienza e talvolta persino ai Manowar o al rap-metal... In Italia, i Tempesta e gli Inchiuvatu hanno realizzato album veramente notevoli da questo punto di vista. Che rapporto avete con le band che fuggono dalla cronaca nera (quelle power ad esempio)? Ogni band racconta una storia, la “propria” storia, quella che sente dentro. E la mette in musica. Non abbiamo tutti le stesse storie da raccontare e non vediamo neanche il mondo nella stessa maniera. Qual è la situazione live dei Koza Nostra? Verrete al Sud un giorno? Attualmente, suoniamo solo al Metallo Nostrum, il festival che abbiamo creato per i gruppi metal che cantano in italiano. Per la serie: se qualcosa non c’è, inventatela. Ovviamente, essendo totalmente auto-prodotto, abbiamo difficoltà a portare il festival in tutta Italia per questione di costi, ma non disperiamo. Prima o poi ci sarà l’occasione giusta. In un'epoca in cui la gente scaricherebbe illegalmente anche la propria nonna, il ruolo del supporto fisico è sempre minore oppure -come reazione- assume una valenza diversa, come ultimo baluardo di una concezione di intendere la musica? Questo è un argomento complesso su cui ognuno ha la propria opinione. Posso dirti come la penso, ma tieni conto che sono un complottista fatto e finito. Io non sento di avere veramente qualcosa se non la possiedo fisicamente, se non la posso toccare e se non “entra” materialmente nella mia vita e nei miei spazi. Ascolto come tutti molta musica via internet, ma quella che “ho” è quella di cui possiedo i dischi. E lo stesso vale per i libri, i film, i videogiochi etc... o per la casa, la macchina e gli strumenti musicali. Da buon cospirazionista, quindi, credo che tutta questa spinta alla “smaterializzazione”, alla deprivazione sensoriale e allo spossessamento delle cose sia favorita o addirittura indotta dall’alto. Per fare in modo che un giorno ci sveglieremo scoprendo di non avere più niente di nostro, neanche le scarpe con cui camminiamo (magari si inventeranno uno “shoes sharing” e lo faranno passare come la cosa più bella del mondo). L’unica cosa che ci sarà rimasta sarà la nostra connessione al Sistema (chiamalo internet, ma magari avrà un altro nome)... che dovremo venerare come un dio, che ci piaccia o no. Alcuni di voi vengono dal giornalismo metal. Oggi come vedete la situazione all'interno della giungla di webzine e blog? Una recensione ha lo stesso valore di quella fatta su un giornale cartaceo, ora che tutti possono aprirsi la propria pagina personale? La recensione ha – e dovrebbe avere – sempre lo stesso valore/scopo: informare gli altri che un certo disco esiste, descrivere a grandi linee il suo contenuto ed il gruppo che l’ha suonato per dare un’idea al potenziale ascoltatore di cosa si tratta. Anche quando suggerisci un disco ad un amico stai facendo una recensione. Il “valore” o l’attendibilità della stessa la dà chi la legge, non c’è una scala di misurazione assoluta. Il metal e il rock in generale in Italia sono ancora vivi? Ci sono gruppi che meritano il supporto? Il metal e il rock in Italia non sono mai stati vivi e vegeti. Al contrario, sono sempre stati un po’ malaticci, in perenne agonia e attorniati da gente che non vedeva l’ora di impartirgli l’estrema unzione. Ma non sono mai morti e credo che il loro segreto sia proprio questo: l’immortalità si conquista non sconfiggendo le malattie ma abituandosi ad esse e incorporandole nel proprio DNA. Come vi sentite a essere tra gli ultimi gruppi ritenuti "pericolosi" dalle autorità e dai bigotti? Assolutamente normali. Se il rock non fa incazzare nessuno, non può essere chiamato nemmeno rock. [Foto di Paolo Bianco]

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