THE GRAVIATORS: Motherload
data
02/04/2014Siamo nel 2014, ma questo disco avrebbe potuto benissimo essere stato pubblicato nel 1970 o giù di lì. Un heavy rock vintage che trae spunto dai Black Sabbath. Chiamati a bissare i buonissimi responsi del precedente 'Evid Deeds' il quartetto svedese sembra aver preservato nella dovuta maniera le caratteristiche del proprio sound grazie soprattutto al lavoro del chitarrista Martin Fairbanks, motore pulsante della band che pur non rivelandosi certo un virtuostista riesce a scolpire riffs grezzi e sporchi quanto basta, spesso e volentieri oscuri (per non definirli sepolcrali come ad esempio nella plumbea "Eagles Rising" caratterizzata dalla presenza di vocals filtrate), ma come al solito saturi di groove. L'espressività evocativa e il carisma del cantato di Niklas Sjöberg sono come al solito manifestati al massimo delle potenzialità; l'unico aspetto che può essere oggetto di dibattito è la lunghezza delle songs in cui si corre il concreto rischio di rendersi prolisse con i riffs portanti che se la menano un po' troppo, brani dalla durata media che oltrepassa gli otto minuti con punte anche di quattordici nella suite conclusiva, la liquida e psichedelica "Druid's Ritual" dove l'ensamble riesce a dare spettacolo e l'aspetto melodico/strumentale brilla finalmente di luce propria. Siamo sicuri che i fan della band e i fautori del genere si getteranno a capofitto su questa nuova release, per gli altri sarebbe opportuno procedere ad un accurato ascolto prima di prendere una decisione in merito.
Commenti