SOILWORK: STABBING THE DRAMA
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01/03/2005Non so a quale dramma si riferiscano i Soilwork (in realtà lo so benissimo; me l’ha detto Speed in persona, ma facciamo finta di no), ma qui ancora una volta ad essere accoltellato è il cuore dei poveri fan che seguono i cinque svedesi dall’inizio, apprezzandone le evoluzioni almeno fino all’appena sufficiente “Figure Number Five”. Mettiamo subito in chiaro le cose: ai primi ascolti questo nuovo “Stabbing The Drama” mi ha inorridito, sembrava se possibile peggiore del disco precedente; poi lentamente mi sono reso conto che in realtà le cose non stavano proprio così e che anzi “Figure Number Five” esce sconfitto dal confronto con questa nuova fatica di Speed e compagni. Starete anche cominciando a chiedervi perché, presto detto, i Soilwork sono in parte (solo in parte, attenzione!) tornati alle sonorità, alle ispirazioni, alle splendide atmosfere di “Natural Born Chaos”, il disco a mio avviso più rappresentativo nella discografia di questi ragazzi svedesi. In linea generale si nota uno sforzo compositivo che va oltre la scialba forma canzone nu swedish metal: basta tendere l’orecchio alla commistione tastiere/chitarre della magnifica title-track o della folgorante “Distance”. C’è spazio anche per qualche puntatina nei territori ormai tristemente abbandonati dell’era “Chainheart Machine” con la tiratissima “Stalemate”, mentre “Blind Eye Halo” risulta, con i suoi blast beat a macinino, un po’ troppo artefatta e non colpisce nel segno. Ok, ecco i pregi insomma. Ma i difetti? Quelli che mi hanno fatto avvertire la sensazione di mille coltelli di fuoco nel cuore (cit.)? Il difetto di “Stabbing The Drama” è che è un album moscio; moscio perché i Soilwork non possono appollaiarsi ad un livello appena appena superiore ai copioni Mnemic, non possono scrivere canzoni insulse come “Fate In Motion”, non possono continuare ad oscillare in un limbo indefinito (ne carne ne pesce, do you know?) dopo, e sottolineo dopo, aver sfornato quattro, e dico quattro, album praticamente capolavori. E’ inaccettabile, e lo dico con la morte nel cuore perché si sta parlando di uno dei miei gruppi preferiti in assoluto, che seguo fin dagli esordi di “Steelbath Suicide”, e che non ha mai smesso di sorprendermi con un’evoluzione strabiliante e imprevedibile; lo ripeto, “Stabbing The Drama” è sostanzialmente un buon album che gira spesso nel mio stereo, ma ora come ora la cosa che mi spaventa è il futuro. Se dovessero continuare su una strada del genere tutto di guadagnato, altrimenti la vedo buia cari miei; nella recensione di “Figure Number Five” scrissi: ‘Pur con cautela, posso comunque dire che a mio avviso questo sarà solo un album di transizione verso un lavoro veramente valido.’. Insomma, ho clamorosamente toppato, e siccome errare è umano ma perseverare diabolico, mi sa che vado ad accendere un cero.
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