SMITH/KOTZEN: Taking My Chances
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15/03/2021Incuriosente debutto per un duo che non ha bisogno di presentazioni: da un lato il gigantesco Adrian Smith, colonna portante degli storici Iron Maiden, axeman dal gusto melodico eccezionale e sempre al servizio della canzone, dall'altro lato Richie Kotzen, grande cantante ed eccellente chitarrista (che ha prestato i suoi servigi a decine di band, tra le quali Poison e Mr. Big) con all'attivo moltissimi dischi solisti. Prendendosi una pausa dai propri progetti principali, i nostri, vicini di casa a Los Angeles e amici da una vita, uniscono le forze per un disco che è sicuramente più vicino alle sonorità perpetrate dal buon Kotzen in molti dei suoi album/progetti: un hard rock nato dal fertile terreno degli anni '70, blueseggiante, apparentemente semplice, sentito e diretto, sebbene suonato (com'era ovvio che fosse) in maniera sicura ed esperta, e con ottime frecce al proprio arco: impossibile infatti non sottolineare la bontà di canzoni come quelle che compongono il tris iniziale, quali "Taking My Chances", "Running" e la bellissima "Scars" (forse la migliore del disco), che mostrano la classe di questi musicisti, l'ottima mescolanza dei loro stili, delle loro voci e la "misura" sempre presente nel loro far musica. Si prosegue con le riuscite "Some People" e "Glory Road", e si sale ulteriormente di livello con le valide "Solar Fire" (ottima come sempre la prova vocale del fenomenale Kotzen) e "You Don't Know Me", energica la prima e carica di pathos la seconda, impreziosita da un assolo torrenziale del duo nella coda finale. In conlusione la toccante "I Wanna Stay" e "Til Tomorrow", due tracce non strabilianti ma di cui è comunque impossibile parlar male, anche se spesso le linee vocali presenti faticano a toccare le corde piu profonde di chi ascolta, pur raggiungendo un risultato che, soprattutto grazie all'apporto strumentale, risulta indubbiamente godibile. Giunti alla fine del viaggio ci si rende conto che il disco rispecchia pienamente l'indole dei due chitarristi, che rifuggono qualsiasi tipo di velleità estetica, completandosi a vicenda e caricando sempre di sostanza la musica che compongono, e questo, ascoltando il platter, si avverte di continuo: un lavoro genuino, quindi, che non ha obiettivi se non quello di comporre in libertà la musica che a questi due signori "piace" e presentarla al proprio pubblico. Non tutte le nove canzoni presenti sono dello stesso livello, ma non è presente, al contempo, nessun filler: se amate i due chitarristi e le sonorità sopra descritte, non resterete sicuramente delusi.
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